Post by Category : arte e cultura

Manualità e pensiero.  0

I due momenti dell’arte, nel suo farsi e nel linguaggio che la esprime, non sempre coincidono. Renato Boccali  da anni svolge attente ricerche sulla estetica delle immagini in Gaston Bachelard. Nel 2012 ha pubblicato “L’éthique et la main”. Libro estremamente interessante che affronta  il rapporto tra etica ed arte. Il tema della manualità è stato affrontato in modo scientifico più ampio da Leroi-Gourhan in “Il gesto e la parola” , due volumi pubblicati da Einaudi nel 1964. Il libro traccia un percorso storico e scientifico sulla manualità, la mano protagonista dello sviluppo della civiltà, guidata dall’intelletto e dal sapere, forma, costruisce, crea, il gesto creativo è la sintesi di manualità e pensiero. Oggi la  tecnica tende a sostituire la mano nel lavoro e nell’arte. La manualità è stata per millenni base della creazione artistica, oggi è apertamente rifiutata dagli artisti che si servono di tecniche  industriali, in particolare gli artisti statunitensi  fanno da tempo largo uso della riproducibilità e produzione industriale. D’altra parte  realizzare per parallelepipedi di ferro di grandi dimensioni non c’è altro modo se non i sistemi dell’industria. Carl Andre, Claes Oldemburg, Walter De Maria, Richard Serra sono alcuni degli artisti che usano tali sistemi di produzione. Altri  artisti si affidano alle nuove tecnologie, creano ambienti con effetti speciali simili a quelli che vediamo nei film. L’artista surrealista svedese Erik Johansson presentò una mostra nella quale realizzò una sorta di sole artificiale, dimostrando abilità tecnica notevole. Bill Viola rielabora la proiezione di capolavori del passato e crea immagini che proietta con effetti suggestivi. Con l’avvento della intelligenza artificiale anche il cervello umano è costretto a cimentarsi con nuove sfide. Lo racconta   Marcus Du Sautoy nel libro: “Codice della creatività”. Tutti questi rivolgimenti hanno una ricaduta nella realtà antropologica perché modificano l’approccio culturale delle masse e incidono sull’ Etica per una pluralità di ragioni. Compito dell’artista non è mostrare il reale, ma dimostrarlo. La produzione manuale, in generale lenta, permette che azione e riflessione vadano di pari passo. La riflessione comporta un più diretto coinvolgimento emotivo nella creazione, gli intervalli del pensiero scanditi dal gesto implicano emozioni che la fredda  tecnologia non favorisce. La  conseguenza dell’uso della tecnologia è il prendere forma di una epistemologia antitetica al tradizionale processo creativo dell’arte. Si attiva un meccanismo mentale che a lungo andare produce  una lenta graduale disumanizzazione e determina una sorta di neutralizzazione emotiva. Questo processo è visibile nell’arte plastica, ma molto di più nel cinema. Nella produzione cinematografica un posto di primo piano è occupato dalla  realtà virtuale, personaggi virtuali creati  in laboratorio sono i protagonisti dei film. C’è da osservare che  tale processo ha avuto inizio con i fumetti che hanno abituato i ragazzi ad appassionarsi a personaggi immaginari creati dalla matita del fumettista e  diventati veri e propri eroi nell’immaginario collettivo, non solo degli adolescenti. Anche Edward O. Wilson  affronta il tema della creazione artistica con il libro: “Le origini della creatività”, pubblicato nel 2017. Egli parte dai primordi quando i nostri antenati con grande abilità costruivano flauti utilizzando le ossa di uccelli. Con Homo habilis, 2,3 milioni di anni fa, ebbe inizio la brusca svolta della nostra specie. Ma questa è tutta un’altra storia.

immagine di mani- 500

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Parole come nuvole.  0

Da bambino, come tutti i bambini, spesso alzavo gli occhi al cielo e osservavo le nuvole alle quali, con la mia fantasia davo forme e significati. Vedevo angeli, giganti, cavalli al galoppo. Quando il cielo era coperto da nubi nere, immaginavo che le nubi bianchi  lottassero  per riemergere e il cielo libero desse spazio al sole. Crescendo ho imparato che,come le nuvole anche delle parole vengono fatti molti usi. Parole volgari, offensive, rozze. La poesia colpisce la realtà come un ariete, con parole carezzevoli o graffianti apre spiragli dai quali fare entrare la fantasia, il sogno, o più prosaicamente una realtà che non vediamo. La composizione poetica è sempre più eloquente di qualunque narrazione. Thomas Stearns Eliot nei “Quattro quartetti”. Scrive:“ Passi echeggiano nella memoria, in quel corridoio che non percorremmo, verso quella porta che non aprimmo mai”. Baudelaire tentò tutta la vita di ampliare i confini della sua umana pochezza. Fu il primo critico dell’arte e riesumò la sua confusa coscienza in “Les fleurs du mal”. “Come il corpo pesca raffinati amori dei quali non è mai sazia”. Friedrich Nietzsche in “Così parlo Zarathustra” scrive: “ I poeti mentono troppo” . Ma poi aggiunge: “  Non è possibile rispondere peggio di quando si dice la verità”. Forse per questo il grande poeta Ezra Pound fu dichiarato pazzo e rinchiuso in manicomio. Egli scriveva: “ Tempus loquendi. Tempus tacendi” . Se la poesia è pura, raramente i poeti hanno l’anima e il cuore tersi. Arthur Rimbaud un uomo dalla vita travagliata e indegna che scrisse in gioventù, prima di far commercio di schiavi, poesie sublimi dalle quali trasparivano le sue voglie. “Oh! Così essere nudi, cercare gioia e riposo, / Con la fronte rivolta alla parte gloriosa, / E insieme liberi mormorare singhiozzi?”. Anche i poeti si trovano a dover affrontare il dolore. Oscar Wilde fu condannato al carcere per omosessualità, altri tempi, oggi la sodomia è un vanto. Chiuso nel carcere di Reading , compose “ La ballata del carcere di Reading”. Egli scrisse: “ Eppure ogni uomo uccide ciò che ama….” . Le parole fanno sanguinare, sono al servizio dell’inganno molto più che della poesia, e nella loro abbondanza non è contenuta la risposta alla domanda di Ponzio Pilato: “Cos’è la verità?”.  Come gli spruzzi di una cascata impetuosa si succedono fulminei e si disperdono, mentre l’arcobaleno che da quegli spruzzi  è generato, resta immobile nel cielo. La poesia e l’arte vanno oltre agli artisti e lasciano una traccia di speranza che altri potranno seguire.       Immagine di parole e nuvole

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Ansia antropologica spesso deleritante.  0

Nell’ansia antropologica che ci spinge continuamente a celebrare noi stessi, nonostante gli immani disastri  che la nostra specie ha provocato nel pianeta, non riusciamo a cogliere  la natura dei cambiamenti ai quali siamo soggetti. La scuola di massa ha, per certi versi, aggravato la situazione,diffondendo una pseudo cultura in base alla quale tutti hanno diritto di esprimere le proprie opinioni anche se non motivate o frutto di  spurie teorie fondate per lo più su un esasperato solipsismo che può contare su giustificazioni teoriche basate sul principio di libertà.  Letteratura, arte, politica, sono il portato di questa approssimazione culturale inquinata dalla globalizzazione e da una velleitaria pretesa di uguaglianza che si traduce in un progressivo livellamento verso il basso di ogni attività umana. La I.A.  ha aggravato la situazione demandando ad automatismi  tecnico matematici molte attività e decisioni. Il sistema finanziario, dal quale dipende il benessere di milioni di persone,  è in larga misura affidato a logaritmi. L’arte ha rinunciato da tempo alla manualità che dovrebbe essere una caratteristica della produzione artistica.  Al progresso della tecnica si associa una certa idea sociale della libertà e dei diritti individuali. La femminilizzazione della società ha una parte non secondaria nello stato della società attuale. Tutto si basa su stereotipi culturali diffusi. Masse etero dirette inconsapevoli delle loro azioni costituiscono la realtà sociale di oggi. Come è stato scritto, se una pietra che cade per il principio di gravità pensasse riterrebbe  di cadere per propria volontà. Nessuno meglio di Shakespeare con la forza della poesia ha affrontato il problema costituito dalla difficoltà di prendere decisioni. Scrive Schopenhauer: “Per una mente debole il pensiero è altrettanto faticoso quanto lo è per un braccio debole sollevare un peso”. Vi è una forza della natura che prescinde dal pensiero e condiziona l’agire umano; Platone e Aristotele hanno affrontato  sotto il profilo filosofico la capacità umana di autodeterminarsi. La questione del libero arbitrio ha occupato le acute menti dei filosofi senza approdare a nulla. Goethe, in “Le affinità elettive”  tratta il tema della attrazione che condiziona la volontà. Egli si serve della metafora degli elementi chimici,  processo naturale,   e mette a confronto con quanto avviene tra esseri umani. Anche per individui intellettualmente dotati  è difficile sottrarsi al dominio delle passioni. Hume sosteneva che la ragione è al servizio delle passioni. In realtà la ragione, essendo un fragile processo del pensiero, soccombe sotto la pressione degli istinti animali primari. Questo avviene per l’aggressività, che nei casi estremi porta alle guerre, avviene nella sessualità, ed anche è stimolo all’egoismo.

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Civiltà alla deriva.  0

Ogni pensiero, ogni azione degli esseri umani subisce l’impossibilità di prescindere da noi stessi. Siamo afflitti da un totalizzante antropocentrismo. Osserviamo i film di fantascienza, ipotizzano realtà soprannaturali fantasiose ma, quando si tratta di dar forma all’immaginazione, ricadono all’interno di forme consuete più o meno variate.

Questa ansia antropocentrica si manifesta in ogni ambito del nostro agire e rappresentare.

Molti filosofi hanno affrontato il tema dell’arte con maggiore o minore enfasi,  hanno parlato non dell’arte, ma di ciò che loro pensavano dell’arte, fino ad arrivare ai truismi della filosofia dell’arte di Arthur C. Danto e George Dickie veri manipolatori dell’ermeneutica dell’arte.

Difficile stabilire quanto la critica e filosofia hanno contribuito a modificare l’orientamento degli Artisti   chiamati a confrontarsi con i giganti del passato e affrontare le sfide dell’era della riproducibilità dell’opera d’arte, oltre alle suggestioni della realtà virtuale.

La difficoltà di protrarre il combattimento per una reale immagine artistica, ha indotto molti artisti a gettare la spugna, hanno usato la tecnica come alibi.

Dalla poetica di Aristotele, al disincanto di Platone, l’espressione artistica è stata sempre un momento di disintossicazione dalla realtà.

Anche le forme più astratte, musica e poesia, non legate ai vincoli della forma, hanno comunque subito le conseguenze dello scivolamento verso una materialità soggettivante, in questo caso è stata la libertà a servire da alibi. È pur vero che vi è una certa inevitabilità nello scivolamento verso un soggettivismo. Come recita un proverbio indiano: “Anche un granello di riso getta la sua ombra”.  Secondo Cassirer l’essere umano è un animale simbolico. Questa affermazione, se pur vera, non è  che una tautologia. Siamo simboli di noi stessi, creiamo simboli rassicuranti o inquietanti ma sempre nel solco dell’antropocentrismo.

Ci sentiamo pienamente soddisfatti dalle impressioni che ricaviamo da un’opera d’arte, spesso deviati dalla mancanza di senso critico che ci induce ad accettare ciò che il pensiero corrente impone. Opere costituite da meri concetti che offrono l’estro alla critica di ricami verbali privi di costrutto.

Sul tema dell’intima essenza dell’arte sono stati scritti innumerevoli testi, senza, non  dico risolvere, ma almeno chiarire il problema. Si sprecano le enunciazioni retoriche la cui silloge occuperebbe molti volumi. “L’arte si manifesta dove la scienza si arresta”. “ L’arte rappresenta l’universo della sensibilità umana” “ Ogni opera d’arte autentica riesce a dare risposta a cos’è la vita”.

A questa verbosa retorica hanno a loro modo risposto le avanguardie, che a colpi di fantasiosi concetti hanno demolito la stessa idea dell’arte come ci era stata tramandata nei millenni. Tuttavia non ci arrendiamo e continuiamo a riesumare forme e concetti che riflettono il vuoto di una civiltà destinata ad implodere nell’immenso vuoto interiore delle coscienze che l’estetica non sa più lenire.

Boldrini

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Genialità e melanconia,  0

Vi sono molti aspetti controversi nella filosofia di Schopenhauer, a partire dall’idea guida che assegna alla volontà la base stessa della realtà in divenire. Non essendo possibile qui affrontare per esteso questo tema, mi limiterò all’esame della definizione che il filosofo dà della intuizione. Schopenhauer sostiene che l’atto creativo si attua nel momento in cui l’intelletto si libera della volontà e agisce intuitivamente. In breve assegna all’intuizione l’unica modalità di creazione artistica. Tale ipotesi collide  con una quantità di fattori. Innanzi tutto limita, ovvero non considera, la fondamentale funzione della epistemologia dell’arte, non considera cioè il know how, indispensabile all’artista, in cui sono comprese le conoscenze tecniche e la cultura che guida nella scelta e realizzazione delle opere. Raffaello Sanzio non avrebbe mai dipinto “La scuola di Atene” senza la guida di colti prelati. Di suo, seppe utilizzare al meglio  una tecnica sapiente. La tecnica è essenziale per realizzare un’opera d’arte. Oggi che nei licei e nelle accademie questo insegnamento viene trascurato, ci ritroviamo con artisti che si affidano a strumenti tecnologici per creare opere che sembrano fare il verso alla realtà virtuale. Ben lungi dalla vera arte. Pensiamo al perfezionamento della prospettiva del grande artista rinascimentale Piero della Francesca, oppure alla scoperta della pittura a olio che il Vasari attribuisce a Jan van Eyck e che ha permesso una nuova prodigiosa maniera del  colorire. Queste conoscenze non possono essere attribuite al pensiero intuitivo, ma vanno ascritte a studio, esperienza e ragione. Vi è nell’atto creativo un momento imponderabile che può definirsi intuitivo. Ma anche l’intuizione nasce da un humus fatto di  sedimentato sapere.

Una persona priva di preparazione tecnica e di quel particolare genere di  sensibilità che nasce dalla conoscenza, molto difficilmente produrrà un’opera che possa essere definita arte.  Purtroppo nell’accanimento contro culturale iniziato all’inizio del secolo scorso  si è voluto azzerare, spesso parodiandoli, 2000 anni di storia dell’arte. Pensiamo all’art brut di Dubuffet, al profluvio dell’arte cosiddetta naif, per non parlare delle opere dei Dada, Fluxus, e tutta una serie di cosiddette correnti artistiche la cui velleità ha purtroppo trovato accoglienza tra gli squilionari, specie statunitensi, con inevitabile approdo nei musei. Il paradosso è che non solo certa pseudo arte è stata celebrata nei musei, ma gli artisti che l’hanno prodotta sono stati, in non pochi casi, considerati geni. Dovremmo addentraci sulla definizione dell’individualità e della melanconia prodotta dalla solitudine del genio che, come già aveva rilevato Aristotele  “ omnes ingenios melancholicos esse” secondo la lettura di Cicerone. Qui entreremmo in altro ambito legato alle forzature di una società che non sapendo elevarsi abbassa tutto al proprio livello. Siamo circondati da Sancio Panza che si credono Carlo V.

Piergiorgio Firinu Leonardo_Da_Vinci 500

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La difficoltà delle scelte, tra ragione ed emozione.  0

Nell’ansia antropologica che ci spinge continuamente a celebrare noi stessi, nonostante gli immani disastri  che la nostra specie ha provocato nel pianeta, non riusciamo a cogliere  la natura dei cambiamenti ai quali siamo soggetti. La scuola di massa ha, per certi versi, aggravato la situazione,diffondendo una pseudo cultura in base alla quale tutti hanno diritto di esprimere le proprie opinioni anche se non motivate o frutto di  spurie teorie fondate per lo più su un esasperato solipsismo che può contare su giustificazioni teoriche basate sul principio di libertà.  Letteratura, arte, politica, sono il portato di questa approssimazione culturale inquinata dalla globalizzazione e da una velleitaria pretesa di uguaglianza che si traduce in un progressivo livellamento verso il basso di ogni attività umana. La I.A.  ha aggravato la situazione demandando ad automatismi  tecnico matematici molte attività e decisioni. Il sistema finanziario, dal quale dipende il benessere di milioni di persone,  è in larga misura affidato a logaritmi. L’arte ha rinunciato da tempo alla manualità che dovrebbe essere una caratteristica della produzione artistica.  Al progresso della tecnica si associa una certa idea sociale della libertà e dei diritti individuali. La femminilizzazione della società ha una parte non secondaria nello stato della società attuale. Tutto si basa su stereotipi culturali diffusi. Masse etero dirette inconsapevoli delle loro azioni costituiscono la realtà sociale di oggi. Come è stato scritto, se una pietra che cade per il principio di gravità pensasse riterrebbe  di cadere per propria volontà. Nessuno meglio di Shakespeare con la forza della poesia ha affrontato il problema costituito dalla difficoltà di prendere decisioni. Scrive Schopenhauer: “Per una mente debole il pensiero è altrettanto faticoso quanto lo è per un braccio debole sollevare un peso”. Vi è una forza della natura che prescinde dal pensiero e condiziona l’agire umano; Platone e Aristotele hanno affrontato  sotto il profilo filosofico la capacità umana di autodeterminarsi. La questione del libero arbitrio ha occupato le acute menti dei filosofi senza approdare a nulla. Goethe, in “Le affinità elettive”  tratta il tema della attrazione che condiziona la volontà. Egli si serve della metafora degli elementi chimici,  processo naturale,   e mette a confronto con quanto avviene tra esseri umani. Anche per individui intellettualmente dotati  è difficile sottrarsi al dominio delle passioni. Hume sosteneva che la ragione è al servizio delle passioni. In realtà la ragione, essendo un fragile processo del pensiero, soccombe sotto la pressione degli istinti animali primari. Questo avviene per l’aggressività, che nei casi estremi porta alle guerre, avviene nella sessualità, ed anche è stimolo all’egoismo.      Mirò per newsletter 20 marzo 500

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Linguaggio confine del mondo.  0

Scriveva Wittgenstein: “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”. Oggi il linguaggio è meticcio, in assenza di cultura ci si affida alla casualità  delle parole. La bontà, la malvagità, la slealtà tutto ciò che si è soliti intendere con il termine “indole”, oggi ha perso significato. Consideriamo la parola “cuore” alla quale ci si richiama in modo retorico e falso, esattamente come la parola amore usata disinvoltamente. In un epoca in cui prevale l’ideologia femministoide. Si cita spesso il cuore inteso come concretezza e verità. Duro di cuore, la cosa mi sta a cuore, mi viene dal cuore, è stato per me un colpo al cuore, il mio cuore sanguina. Chi può leggere nel cuore di una persona? E’ qualcosa che strappa il cuore. Mi spezza il cuore. Potremmo continuare elenco truismi insinceri che si riferiscono al cuore. Le questione relative alla relazione sentimentale tra due persone si chiamano “affari di cuore” , quando in realtà a prevalere è l’attrazione sessuale. Bayron nel “Don Jauan” fa una satira delle donne per le quali le relazioni sono sempre questione di cuore. Spesso il cuore è posto in contrapposizione alla testa. La testa caratterizza la conoscenza. All’Accademia di San Luca a Roma fu conservato il cranio di Raffaello Sanzio fino a quando  si scopi che era un falso. A Stoccolma fu venduto all’asta il cranio di Cartesio. L’umanità e sempre alla ricerca di simboli in grado di gratificare il nostro incontenibile antropocentrismo che c’impedisce di vedere il nostri limiti. Il linguaggio è il principale strumento dell’inganno con quale creiamo finzioni che finiscono per apparire reali. Quante volte si pronunciano le frasi: ti amo con tutto il cuore. Ti amo più di ogni cosa al mondo. Prigionieri del nostro stesso mentire ci ritroviamo in un angosciante vuoto di sentimenti senza poesia. Anche il linguaggio dell’arte riflette questa realtà nella quale galleggiano solitudini alla deriva che si rassegnano agli effimeri piaceri del corpo.     prospettiva 2 500

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Arte e illusione.  0

Perché il mito, il sogno, l’illusione, siano possibili, l’apparente e il reale devono rimanere ambigui nel soggetto come nell’oggetto. Ernst Gombrich in “Arte e illusione” affronta il tema e chiarisce  quanto poco la “definizione” si addica all’arte. Si è detto spesso che, per definizione, la coscienza non ammette la separazione tra apparenza e realtà. Con ciò si intende che nella conoscenza apparenza e realtà non sono quasi mai nettamente distinte. Se penso di vedere e sentire io vedo e sento. L’artista opera su materiali reali è attiene come risultato un’opera che esprime significati prescindibile dal materiale che la compone. Il tema dell’errore nell’arte in qualche misura è  connesso alla posizione gnoseologica dell’arte stessa. Il linguaggio dell’arte trova giustificazione nell’esprimere significati che infrangono la camicia di Nesso del razionale. Possiamo sapere che ci sono degli errori solo perché crediamo di possedere delle verità, in nome delle quali correggiamo gli errori dopo averli riconosciuti come tali in un rapporto di relazione con quanto riteniamo corrispondere al vero. Cosa accade quando il concetto stesso di verità è disconosciuto o reso talmente vacuo fino a perdere ogni significato. Il riconoscimento espresso di una verità è molto più che la semplice esistenza in noi di una idea incontestata. Ogni razionalismo ammette almeno una verità, e cioè che esso debba formularsi in tesi. Ogni filosofia dell’assurdo riconosce un senso per lo meno all’affermazione dell’assurdo. Posso restare nell’assurdo solo se sospendo ogni affermazione, se, come Montaigne o uno schizofrenico, mi confino in una interrogazione che non di dovrò nemmeno formulare: formulandola mi farei una domanda che, come ogni domanda, implicherebbe una risposta., se, infine, oppongo alla verità non la negazione della verità, ma un semplice stato di non verità o equivoco. Per rimanere nel limbo equivoco della non verità devo quindi abolire ogni curiosità, che stimolerebbe domande. Impossibile, a chi ignora la verità, l’atteggiamento di Husserl  “mi stupisco di fronte al mondo”.  La mancanza di curiosità impedisce di fatto anche lo sviluppo della scienza alla base della quale c’è curiosità, o interesse alla conoscenza. La  “provvisorietà di ogni verità, non basta ad abolirla. Sappiamo che nel suo progredire la scienza si è valsa di “verità”  che poi ha superate, non superate nel senso di negarle, ma solo in quanto ulteriormente approfondite. Si dice che Galileo abbia “inventato” parte delle osservazioni scritte nei suoi testi. Tuttavia le sue intuizioni, risultate vere, hanno permesso ulteriore sviluppo. Ben diverso è la situazione dell’arte, così come è andata configurandosi dopo la diffusione delle idee dell’avanguardia. Si è verificato l’assurdo, artisti il cui principale obiettivo sembrava, sembra, essere negare l’arte. La negazione non è avvenuta per rifiuto e/o silenzio, al contrario c’è stata una esplosione di teorie che precedevano e accompagnavano atti di negazione. Tutto questo materiale, sedimentandosi, ha creato storia, è diventato fatto compiuto ai quali i critici si richiamano per “spiegare” determinati lavori e sono  base per artisti che altrimenti non saprebbero come giustificare opere prive di necessità.  La negazione della verità dell’arte ha fatto scaturire apodismi, un groviglio di paradossi che sono serviti e concimare il mercato.

presagi500

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Filosofia della felicità.  0

La “felicità” è uno dei temi affrontati dalla filosofia, uno dei tanti che non ha trovato una definizione, un senso, che possa essere condiviso.  L’arte evidenzia la difficoltà di esprimere un’ idea di felicità perché la raffigurazione è necessariamente legata al corpo umano con i suoi limiti. L’impossibilità di definire ed esprimere la felicità consiste nella frammentarietà temporale. Il “ carpe diem” di Orazio. Per Schopenhauer  la felicità è negativa. E’ l’idea già espressa da Erodoto: “ Non c’è mai stato al mondo uomo che non si sia augurato di non vedere l’indomani”. Vale anche per i grandi intellettuali l’affermazione: “Quot capita, tot sententiae” .  C’è chi, come Locke ,  lega la felicità al rispetto delle regole morali all’interno del circolo delle relazioni.L’amante che tradisce svilisce se stessa e offende l’amato. La più semplice definizione della felicità è “non aver bisogno di nulla se non di se stessi”. Il problema è che per raggiungere questo stadio di autonomia sarebbe necessario possedere una notevole quantità di stoicismo o di cinismo. Diogene arringava la folla gridando “Ehi, uomini!”, e , all’accorrere di molti, li respinge sprezzante “Uomini chiamai, non canaglie” . Epitteto considerava Diogene, insieme a Socrate, il suo modello di riferimento. Epicuro insegnava che il piacere è ridotto a ben piccola cosa, ma di questa piccola cosa finiamo per essere schiavi. Per crearsi  un alibi gli umani hanno inventato la parole “amore” che, quando si riferisce al rapporto tra i sessi,  è un altro modo di definire l’attrazione sessuale. E’ di pochi  l’incapacità di resistere alle pulsioni del corpo. In non poche donne vi è un aumento in misura morbosa dell’istinto sessuale che si configura come  “ninfomania”.  Gassendi  sostiene a chiare lettere che l’amore è connesso strutturalmente al piacere. E’ infatti le teorie di Platone sull’amore, il cosiddetto “amore platonico” , non hanno trovato e non trovano molto seguito. Non diversa sorte ebbero le teorie di Plotino secondo cui : “ Lo stato felice consiste esclusivamente nella capacità contemplativa”. Non è chiaro come e perché i filosofi costruiscono teorie che sembrano dimenticare che l’uomo è un animale generalmente incapace di tenere a bada i propri impulsi, se si escludono rarissime eccezioni di persone che hanno raggiunto il dominio di se stessi. Senza indulgere al pessimismo di Schopenhauer , non c’è dubbio che la felicità è per tutti gli umani molto più rara di quanto lo siano i momenti di sconforto e di dolore. Alla radice c’è sicuramente l’incapacità di auto dominio,  di indirizzare le proprie energie mentali verso obiettivi capaci di dare senso alla propria vita. Se è vero che l’arte non riesce a raffigurare la felicità, è altrettanto vero che le biografie degli artisti sono le narrazioni di incontinenza e squilibrio tali da spiegare perché la felicità non è compagna dell’arte.FELICITA -500

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Solipsismo creativo  0

Raffaello ci ha rappresentato in un dipinto simbolico il processo originario dell’artista. Nell’opera “Trasfigurazione”, la metà inferiore con il ragazzo ossesso, gli uomini in preda alla disperazione lo sostengono, gli smarriti e angosciati discepoli, ci mostranp il rispecchiarsi dell’eterno dolore originario , dell’unico fondamento del mondo: l’illusione.  Egli rappresenta  un riflesso del  contrasto tra mondo “reale” e illusione. L’artista non interpreta il mondo, lo crea. Egli è strumento della trasformazione della realtà. Per realizzare il passaggio tra l’immanente e il trascendente deve sottostare a un etica della forma, esigenza primaria del conosci te stesso. L’estetica moderna è immersa nella soggettività. L’artista soggettivo è un pessimo artista. Senza oggettività, senza pura e disinteressata contemplazione del reale che deve essere trasformato, non sarà mai possibile una vera produzione artistica degna di questo nome. Schopenhauer suddivide le arti tra oggettive e soggettive. Secondo il filosofo il soggettivo non appartiene all’arte. E’ necessario che l’artista  si liberi  dal solipsismo creativo e diventi un medium attraverso il quale la realtà è assorbita e trasformata. Dunque la tecnica non può essere arte, il ready made non può essere arte. La dignità estetica che costituisce l’arte deve essere preceduta da una epistemologia capace di concretizzare l’idealità del  pensiero in forma: l’eidos. La nostra epoca si crede superiore, usa lo sprezzante epiteto  di “preudoidealismo”, rifiuta ogni forma di spiritualità, si crogiola nella propria inutile abbondanza.  L’odierna accettazione dell’estetico industriale costituisce un ossimoro concettuale. Nonostante il profluvio di testi di filosofia e critica d’arte,  nessuno è ancora riuscito a definire con precisione il sostantivo arte sviluppando un ragionamento semplice e chiaro sul piano della realtà sottratta a intuizioni ingannevoli. Questo perché la semplicità è un concetto complesso.            The-end-500

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