Archives for : aprile 2020

Siamo davvero animali intelligenti?  0

La filosofia di Schopenhauer è davvero ricca di contraddizioni per esporre le quali  dovrei scrivere un trattato. Mi limiterò  a brevi considerazioni concentrandomi sul nucleo centrale del pensiero del filosofo. Schopenhauer nel suo libro più importante, “Il mondo come volontà e rappresentazione”, considera la volontà l’essenza stessa della natura umana, animale, vegetale. In pratica assegna alla volontà la funzione che circa un secolo dopo Henri Bergson assegna a èlan vital, l’impulso creativo che muove l’evoluzione. Schopenhauer arriva a sostenere che la volontà è eterna. Siccome la volontà guidata dalla ragione è prerogativa umana, mentre la volontà intesa come della natura alla base dello sviluppo ed evoluzione naturale è legata a fattori climatici, ne deriva che, assumendo che, per ragioni ambientali, come è successo su Marte, la vita si estingua, si estinguerebbe anche la vita umana,quindi  la volontà cesserebbe di esistere, ergo non è eterna. Ma non è la sola argomentazione apodittica di Schopenhauer. La scienza che  affronta il tema dell’evoluzione dell’universo ci dice che i pianeti sono soggetti a radicali cambiamenti dovuti alle graduali evoluzioni del sistema planetario. Ci dice anche che noi conosciamo solo il 5% dell’Universo, tutto il resto è materia oscura. Di fronte a questa evidenza scientifica l’antropocentrismo di Schopenhauer sfiora il ridicolo, a maggior ragione la sua tesi secondo cui la volontà è eterna, a parte la difficoltà di definire il concetto di eternità. Va pur detto che, nella nostra ansia antropocentrica siamo arrivati a creare un dio al quale abbiamo dato le nostre sembianze. Questo sembra indicare che l’intelligente pazzia dell’uomo non ha limiti. Bisogna riconoscere che è molto più umilmente intelligente la poesia. Shakespeare mette in bocca ad Amleto la famosa frase: “ Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio,di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia”.  Schopenhauer avrà letto Amleto? L’arte, specie l’arte plastica, vista in un’ottica planetaria  è ben poca cosa, anche in questo caso si spreca l’enfasi di autoesaltazione. Si costruisce un altare di parole in cima al quale poniamo tutto ciò che è umano. Arriviamo a considerare  arte anche il nostro sterco, nobilitato con artifizi retorici. In realtà il nostro agire è spesso un fischiare nel buio per tenere a bada la paura di vederci per quello che realmente siamo: animali intelligenti ma dissoluti.           Museo lombroso- 500

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Manualità e pensiero.  0

I due momenti dell’arte, nel suo farsi e nel linguaggio che la esprime, non sempre coincidono. Renato Boccali  da anni svolge attente ricerche sulla estetica delle immagini in Gaston Bachelard. Nel 2012 ha pubblicato “L’éthique et la main”. Libro estremamente interessante che affronta  il rapporto tra etica ed arte. Il tema della manualità è stato affrontato in modo scientifico più ampio da Leroi-Gourhan in “Il gesto e la parola” , due volumi pubblicati da Einaudi nel 1964. Il libro traccia un percorso storico e scientifico sulla manualità, la mano protagonista dello sviluppo della civiltà, guidata dall’intelletto e dal sapere, forma, costruisce, crea, il gesto creativo è la sintesi di manualità e pensiero. Oggi la  tecnica tende a sostituire la mano nel lavoro e nell’arte. La manualità è stata per millenni base della creazione artistica, oggi è apertamente rifiutata dagli artisti che si servono di tecniche  industriali, in particolare gli artisti statunitensi  fanno da tempo largo uso della riproducibilità e produzione industriale. D’altra parte  realizzare per parallelepipedi di ferro di grandi dimensioni non c’è altro modo se non i sistemi dell’industria. Carl Andre, Claes Oldemburg, Walter De Maria, Richard Serra sono alcuni degli artisti che usano tali sistemi di produzione. Altri  artisti si affidano alle nuove tecnologie, creano ambienti con effetti speciali simili a quelli che vediamo nei film. L’artista surrealista svedese Erik Johansson presentò una mostra nella quale realizzò una sorta di sole artificiale, dimostrando abilità tecnica notevole. Bill Viola rielabora la proiezione di capolavori del passato e crea immagini che proietta con effetti suggestivi. Con l’avvento della intelligenza artificiale anche il cervello umano è costretto a cimentarsi con nuove sfide. Lo racconta   Marcus Du Sautoy nel libro: “Codice della creatività”. Tutti questi rivolgimenti hanno una ricaduta nella realtà antropologica perché modificano l’approccio culturale delle masse e incidono sull’ Etica per una pluralità di ragioni. Compito dell’artista non è mostrare il reale, ma dimostrarlo. La produzione manuale, in generale lenta, permette che azione e riflessione vadano di pari passo. La riflessione comporta un più diretto coinvolgimento emotivo nella creazione, gli intervalli del pensiero scanditi dal gesto implicano emozioni che la fredda  tecnologia non favorisce. La  conseguenza dell’uso della tecnologia è il prendere forma di una epistemologia antitetica al tradizionale processo creativo dell’arte. Si attiva un meccanismo mentale che a lungo andare produce  una lenta graduale disumanizzazione e determina una sorta di neutralizzazione emotiva. Questo processo è visibile nell’arte plastica, ma molto di più nel cinema. Nella produzione cinematografica un posto di primo piano è occupato dalla  realtà virtuale, personaggi virtuali creati  in laboratorio sono i protagonisti dei film. C’è da osservare che  tale processo ha avuto inizio con i fumetti che hanno abituato i ragazzi ad appassionarsi a personaggi immaginari creati dalla matita del fumettista e  diventati veri e propri eroi nell’immaginario collettivo, non solo degli adolescenti. Anche Edward O. Wilson  affronta il tema della creazione artistica con il libro: “Le origini della creatività”, pubblicato nel 2017. Egli parte dai primordi quando i nostri antenati con grande abilità costruivano flauti utilizzando le ossa di uccelli. Con Homo habilis, 2,3 milioni di anni fa, ebbe inizio la brusca svolta della nostra specie. Ma questa è tutta un’altra storia.

immagine di mani- 500

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Parole come nuvole.  0

Da bambino, come tutti i bambini, spesso alzavo gli occhi al cielo e osservavo le nuvole alle quali, con la mia fantasia davo forme e significati. Vedevo angeli, giganti, cavalli al galoppo. Quando il cielo era coperto da nubi nere, immaginavo che le nubi bianchi  lottassero  per riemergere e il cielo libero desse spazio al sole. Crescendo ho imparato che,come le nuvole anche delle parole vengono fatti molti usi. Parole volgari, offensive, rozze. La poesia colpisce la realtà come un ariete, con parole carezzevoli o graffianti apre spiragli dai quali fare entrare la fantasia, il sogno, o più prosaicamente una realtà che non vediamo. La composizione poetica è sempre più eloquente di qualunque narrazione. Thomas Stearns Eliot nei “Quattro quartetti”. Scrive:“ Passi echeggiano nella memoria, in quel corridoio che non percorremmo, verso quella porta che non aprimmo mai”. Baudelaire tentò tutta la vita di ampliare i confini della sua umana pochezza. Fu il primo critico dell’arte e riesumò la sua confusa coscienza in “Les fleurs du mal”. “Come il corpo pesca raffinati amori dei quali non è mai sazia”. Friedrich Nietzsche in “Così parlo Zarathustra” scrive: “ I poeti mentono troppo” . Ma poi aggiunge: “  Non è possibile rispondere peggio di quando si dice la verità”. Forse per questo il grande poeta Ezra Pound fu dichiarato pazzo e rinchiuso in manicomio. Egli scriveva: “ Tempus loquendi. Tempus tacendi” . Se la poesia è pura, raramente i poeti hanno l’anima e il cuore tersi. Arthur Rimbaud un uomo dalla vita travagliata e indegna che scrisse in gioventù, prima di far commercio di schiavi, poesie sublimi dalle quali trasparivano le sue voglie. “Oh! Così essere nudi, cercare gioia e riposo, / Con la fronte rivolta alla parte gloriosa, / E insieme liberi mormorare singhiozzi?”. Anche i poeti si trovano a dover affrontare il dolore. Oscar Wilde fu condannato al carcere per omosessualità, altri tempi, oggi la sodomia è un vanto. Chiuso nel carcere di Reading , compose “ La ballata del carcere di Reading”. Egli scrisse: “ Eppure ogni uomo uccide ciò che ama….” . Le parole fanno sanguinare, sono al servizio dell’inganno molto più che della poesia, e nella loro abbondanza non è contenuta la risposta alla domanda di Ponzio Pilato: “Cos’è la verità?”.  Come gli spruzzi di una cascata impetuosa si succedono fulminei e si disperdono, mentre l’arcobaleno che da quegli spruzzi  è generato, resta immobile nel cielo. La poesia e l’arte vanno oltre agli artisti e lasciano una traccia di speranza che altri potranno seguire.       Immagine di parole e nuvole

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Ansia antropologica spesso deleritante.  0

Nell’ansia antropologica che ci spinge continuamente a celebrare noi stessi, nonostante gli immani disastri  che la nostra specie ha provocato nel pianeta, non riusciamo a cogliere  la natura dei cambiamenti ai quali siamo soggetti. La scuola di massa ha, per certi versi, aggravato la situazione,diffondendo una pseudo cultura in base alla quale tutti hanno diritto di esprimere le proprie opinioni anche se non motivate o frutto di  spurie teorie fondate per lo più su un esasperato solipsismo che può contare su giustificazioni teoriche basate sul principio di libertà.  Letteratura, arte, politica, sono il portato di questa approssimazione culturale inquinata dalla globalizzazione e da una velleitaria pretesa di uguaglianza che si traduce in un progressivo livellamento verso il basso di ogni attività umana. La I.A.  ha aggravato la situazione demandando ad automatismi  tecnico matematici molte attività e decisioni. Il sistema finanziario, dal quale dipende il benessere di milioni di persone,  è in larga misura affidato a logaritmi. L’arte ha rinunciato da tempo alla manualità che dovrebbe essere una caratteristica della produzione artistica.  Al progresso della tecnica si associa una certa idea sociale della libertà e dei diritti individuali. La femminilizzazione della società ha una parte non secondaria nello stato della società attuale. Tutto si basa su stereotipi culturali diffusi. Masse etero dirette inconsapevoli delle loro azioni costituiscono la realtà sociale di oggi. Come è stato scritto, se una pietra che cade per il principio di gravità pensasse riterrebbe  di cadere per propria volontà. Nessuno meglio di Shakespeare con la forza della poesia ha affrontato il problema costituito dalla difficoltà di prendere decisioni. Scrive Schopenhauer: “Per una mente debole il pensiero è altrettanto faticoso quanto lo è per un braccio debole sollevare un peso”. Vi è una forza della natura che prescinde dal pensiero e condiziona l’agire umano; Platone e Aristotele hanno affrontato  sotto il profilo filosofico la capacità umana di autodeterminarsi. La questione del libero arbitrio ha occupato le acute menti dei filosofi senza approdare a nulla. Goethe, in “Le affinità elettive”  tratta il tema della attrazione che condiziona la volontà. Egli si serve della metafora degli elementi chimici,  processo naturale,   e mette a confronto con quanto avviene tra esseri umani. Anche per individui intellettualmente dotati  è difficile sottrarsi al dominio delle passioni. Hume sosteneva che la ragione è al servizio delle passioni. In realtà la ragione, essendo un fragile processo del pensiero, soccombe sotto la pressione degli istinti animali primari. Questo avviene per l’aggressività, che nei casi estremi porta alle guerre, avviene nella sessualità, ed anche è stimolo all’egoismo.

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Civiltà alla deriva.  0

Ogni pensiero, ogni azione degli esseri umani subisce l’impossibilità di prescindere da noi stessi. Siamo afflitti da un totalizzante antropocentrismo. Osserviamo i film di fantascienza, ipotizzano realtà soprannaturali fantasiose ma, quando si tratta di dar forma all’immaginazione, ricadono all’interno di forme consuete più o meno variate.

Questa ansia antropocentrica si manifesta in ogni ambito del nostro agire e rappresentare.

Molti filosofi hanno affrontato il tema dell’arte con maggiore o minore enfasi,  hanno parlato non dell’arte, ma di ciò che loro pensavano dell’arte, fino ad arrivare ai truismi della filosofia dell’arte di Arthur C. Danto e George Dickie veri manipolatori dell’ermeneutica dell’arte.

Difficile stabilire quanto la critica e filosofia hanno contribuito a modificare l’orientamento degli Artisti   chiamati a confrontarsi con i giganti del passato e affrontare le sfide dell’era della riproducibilità dell’opera d’arte, oltre alle suggestioni della realtà virtuale.

La difficoltà di protrarre il combattimento per una reale immagine artistica, ha indotto molti artisti a gettare la spugna, hanno usato la tecnica come alibi.

Dalla poetica di Aristotele, al disincanto di Platone, l’espressione artistica è stata sempre un momento di disintossicazione dalla realtà.

Anche le forme più astratte, musica e poesia, non legate ai vincoli della forma, hanno comunque subito le conseguenze dello scivolamento verso una materialità soggettivante, in questo caso è stata la libertà a servire da alibi. È pur vero che vi è una certa inevitabilità nello scivolamento verso un soggettivismo. Come recita un proverbio indiano: “Anche un granello di riso getta la sua ombra”.  Secondo Cassirer l’essere umano è un animale simbolico. Questa affermazione, se pur vera, non è  che una tautologia. Siamo simboli di noi stessi, creiamo simboli rassicuranti o inquietanti ma sempre nel solco dell’antropocentrismo.

Ci sentiamo pienamente soddisfatti dalle impressioni che ricaviamo da un’opera d’arte, spesso deviati dalla mancanza di senso critico che ci induce ad accettare ciò che il pensiero corrente impone. Opere costituite da meri concetti che offrono l’estro alla critica di ricami verbali privi di costrutto.

Sul tema dell’intima essenza dell’arte sono stati scritti innumerevoli testi, senza, non  dico risolvere, ma almeno chiarire il problema. Si sprecano le enunciazioni retoriche la cui silloge occuperebbe molti volumi. “L’arte si manifesta dove la scienza si arresta”. “ L’arte rappresenta l’universo della sensibilità umana” “ Ogni opera d’arte autentica riesce a dare risposta a cos’è la vita”.

A questa verbosa retorica hanno a loro modo risposto le avanguardie, che a colpi di fantasiosi concetti hanno demolito la stessa idea dell’arte come ci era stata tramandata nei millenni. Tuttavia non ci arrendiamo e continuiamo a riesumare forme e concetti che riflettono il vuoto di una civiltà destinata ad implodere nell’immenso vuoto interiore delle coscienze che l’estetica non sa più lenire.

Boldrini

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