Archives for : marzo 2025

La forma inutile.  0

Partendo dal presupposto che la classificazione,descrizione dell’oggetto non attribuiscono significato,come  giustamente sostiene Carlo Michelstaedter in “La persuasione e la retorica”., se ne deduce che storia, critica e filosofia dell’arte ruotano semplicemente intorno alle apparenza dell’oggetto  considerato opera d’arte, fermandosi inevitabilmente alla superficie. E’ un altro argomento a sostegno della diffidenza di Platone nei confronti dell’arte.

La distinzione tra forma, o estetica, e significato comporta un inevitabile rimescolamento ontologico per sfuggire al quale le avanguardie, e la critica di supporto, hanno ritenuto necessario abolire l’estetico, il bello, nella apodittica  convinzione che fosse sufficiente immaginare un significato, per così dire concettuale.

In realtà non è sufficiente che una forma, un segno, rappresentino qualcosa, è necessario che ciò che rappresentano abbia un qualche valore attinente a cultura o storia, i nani da giardino rappresentano nani da giardino, cioè turismi formali.

Erwin Panofsky c’insegnò a leggere i vari aspetti rappresentativi di un opera e il richiamo dell’artista alla realtà storica nella quale l’opera è collocarla.

Questo era possibile quando la cultura dell’autore gli  consentiva di creare un opera il cui contenuto comunicativo era di  vasto raggio.

Sicuramente vi era ancora un oncia di ottimismo quando Hegel, dopo aver decretata la morte dell’arte, scriveva: “Si può sperare che l’arte torni a innalzarsi e perfezionarsi , ma oggi la sua forma ha cessato di esprimere il bisogno supremo dello spirito”.

Come scriveva Fontanelle, al tempo di Omero gli alberi non erano diversi di come sono oggi, diverso è lo sguardo con cui li osserviamo.

PHOTO REPERTORY - COMMISSIONER LUIGI CALABRESI

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Creatività e sovraopposizioni mentale.  0

Quando un romanziere,o un artista, prendono contemporaneamente in considerazione vari modi possibili per realizzare una storia, un’opera, si crea per così dire una sorta di sovrapposizione  di stati mentali legati allo sviluppo di concetti. Se il romanzo viene messo per iscritto, l’opera realizzata, non per questo nel cervello dell’autore cessa la considerazione di ipotesi alternative, tanto che spesso uno scrittore, un artista, dichiarano di essere partiti con un’idea per poi approdare a un risultato diverso. Sembrerebbe  fuori luogo chiedere all’autore quale delle ipotesi che aveva formulato fosse la più autentica. Sarebbe impossibile all’artista dare una risposta, per la semplice ragione che non la conosce egli stesso. Vi è quella di Douglas R. Hofstadter  che definisce la funzione d’onda universale che bisognerebbe pensare come mente, una mente, o cervello, universale che stà in cielo, Dio, in cui tutte le diramazioni possibili vengono considerate  contemporaneamente. Noi saremmo, secondo Hofstadter, semplici sottosistemi del cervello di Dio. Hofstadter non è un ecclesiastico, ma  docente all’Indiana University di Computer Scienze, ovvero di intelligenza artificiale, quanto di più lontano dalla mistica religiosa. Tuttavia egli pensa, come Einstein, che il cervello di Dio si evolve deterministicamente e senza scosse .Il fisico Paul Davies, scrivendo su questo argomento nel suo libro “Other Worlds” dice : “ La nostra coscienza ordisce un sentiero, a caso lungo il cammino evolutivo del cosmo, che sempre si ramifica, dunque siamo noi che giochiamo a dadi con Dio”. Ciò non di meno resta inevasa la risposta  all’enigma fondamentale che ciascuno di noi si dovrebbe porre: “ Perché la sensazione unitaria che ho di me stesso si propaga lungo una diramazione non un’altra? “ In altre parole perché il caso ha una parte così rilevante nella vita e nell’evoluzione? Quale legge soggiace alle leggi casuali  che determinano le mie scelte?  Jacques Monod, affrontò la questione sotto l’aspetto della microbiologia che soprassiede lo sviluppo delle forme di vita organiche, anch’egli ovviamente non conseguì alcuna certezza. Il problema è così basilare e importante che si può dire sia alla base di ogni forma di riflessione filosofica e religiosa. Solo l’ottusa superstizione nutrita di “dotta ignoranza” può indurre a formulare conclusioni definitive. Neppure la meccanica quantistica  è riuscita ad aiutarci a capire. Non solo la risposta non sembra poter scaturire dalla meccanica quantistica: anzi questo è esattamente il collasso dell’onda che ricompare dalla finestra dopo che Everett l’aveva cacciato dalla porta. Si può sprofondare ancora di più nell’abisso del paradosso quando ci si rende conto che vi sono diramazioni di un’unica funzione d’onda universale che sfugge, come altre cose, al nostro controllo. Esserne consapevoli è un primo passo che, se non arricchisce la nostra conoscenza ci aiuta ad avere maggiore serenità e umiltà.     TUSMANI 500

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L’arte nega che se stessa-  0

 

Secondo Heidegger: “ il tratto fondamentale del Mondo Moderno è la conquista del mondo risolto in immagine”. In breve, il ricorso all’apparenza. Nella nostra rutilante e rumorosa civiltà, il problema del nulla non è d’attualità, tuttavia resta uno dei tanti problemi  irrisolti diventato argomento per umoristi.

A ben vedere l’arte ha celebrato in vario modo il nichilismo negando innanzi tutto se stessa. Dal quadrato nero di Kazimir Malevich, ai barattoli di Piero Manzoni.

Vi è una certa contiguità tra esistenzialismo e nichilismo  come dimostra  quello che è considerato un caposaldo imprescindibile della filosofia contemporanea, “L’essere e il nulla”,di Jean-Paul Sartre,   storico manifesto dell’esistenzialismo francese, che fin dalla sua prima comparsa nel 1943, si è subito imposto come il testo necessario per chiunque voglia scoprire la forza e l’angoscia suscitate dalla libertà.

In contrasto con la lunga tradizione speculativa della filosofia occidentale, Sartre con coraggio  afferma che l’uomo non è definibile proprio perché al suo principio non è niente, solo col tempo sarà. L’uomo infatti non è altro da ciò che fa, non è nient’altro di quello che progetta di essere: l’esistenza precede sempre l’essenza. Con queste asserzioni il filosofo parigino ci restituisce una nuova idea di umanità. Affermare che l’esistenza precede l’essenza significa affermare che non esiste una natura umana, un’idea a priori di umanità alla quale l’uomo dovrebbe conformarsi per essere un uomo, che nessuna essenza universale può precedere l’esistenza singolare. Per Sartre, il valore dell’esistenza dipende esclusivamente da quello che essa saprà fare di se stessa, dunque dai suoi atti, dalla sua responsabilità. La libertà si rivelerà in ogni sua azione, in ogni suo momento.

La nostra comprensione intellettuale deve saper  sollevarsi fino alla autorità della ragione e non dovrebbe venire scossa dal alcun impulso emotivo o fisico.

Se volessimo vedere la questione sotto l’aspetto di  fiaba diremmo; c’era una volta nell’XI secolo Fredegiso di Tours, allievo del sapiente Alcuino la cui fama nei secoli  cosiddetti bui del Medioevo è legata principalmente a un epistola nella quale lo studioso sosteneva che il nulla non può non essere qualcosa di reale. La sua tesi fu liquidata sprezzantemente da De Wulf come insieme di “infantili sofismi”.

Studiosi più recenti sono stati più clementi. Il filosofo Ludovico Geymonat nel 1952 osservava: pare più facile sorridere della soluzione di Fredegiso che non trovarne un’altra di maggiore consistenza dato che egli ci pone una domanda piuttosto imbarazzante: se il nulla sia qualcosa oppure no.

Quando usiamo la parola “nulla” per noi ha un significato determinato che implica spesso semplicemente assenza di significato. Infatti il nichilismo  dell’arte si riverbera in opere che esprimono aspetti della negatività, ovvero sono una sorta di celebrazione del nichilismo.Svuotare il nulla

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Materializzare i pensieri.  0

In  “ Storia della follia nell’età classica” Foucault cita l’affermazione di una paziente: “ Chi legge i libri non è cosi pazzo come chi li scrive”. Forse questo vale in modo particolare per molte  pubblicazioni che hanno per tema l’arte, essendo, per definizione, attività che non può essere codificata, si presta maggiormente alla elaborazione di teorie prive di fondamento logico, ovvero estranee ad ogni  ermeneutica- ontologica. Le diffuse generalizzazioni sulla natura dell’arte, sembrano esimere dall’affrontare il problema. Il “filosofo” statunitense Artur C. Danto , ha pubblicato  “La destituzione filosofica dell’arte”,e  “ Dopo la fine dell’Arte. Il confine della storia”. Due titoli altisonanti per un contenuto che con un eufemismo si può  definire povero. Da un lato vi è una sopravalutazione di ciò che è l’arte, dall’altro l’eccessiva semplificazione della produzione artistica che, essendo estremamente  diversificata, difficilmente può essere contenuta in una unica definizione.

Da oltre un secolo l’arte è  campo di battaglie per le più disparate controversie, una sorta di guerra le cui vittime sono i significati. Dal cabaret Voltaire, alla folta schiera dei nipotini di Duchamp, è tutto un infittirsi di teorie e dispute al capezzale dell’arte in agonia. Voler forzare l’opera dell’artista conferendole a priori espressione concettuali, significa fare il verso alla filosofia. Si tende a  ignorare la differenza sostanziale, tra il linguaggio filosofico, che  può sopravvivere a truismi e anacoluti per la sua  fluidità, la capacità di analizzare se stesso, di contraddirsi e  correggersi, nella perenne evoluzione propria del pensiero, della mente attiva come un work in progress. L’artista plastico deve invece necessariamente, anche quando voglia esprimere un concetto,  tenere conto che realizza un oggetto reale, da forma a cose che nascono dai suoi pensieri, egli per così dire, materializza i concetti,  solidifica i pensieri. Mentre la filosofia può avvalersi dell’antico adagio “Orazio, dopo ratio”, l’artista non può modificare l’opera compiuta. Tanto è vero che deve affidarsi ai  funamboli della parole per giustificare ciò che in se stesso non sempre ha senso. E’ vero che il filosofo non fa che intellettualizzare, tradurre il pensiero effimero in una teoria più o meno plausibile, ma è sottratto alla forma solidificata dell’opera che resta immutata nel tempo. Anche se c’è chi sostiene che  l’arte deve affidarsi al contingente, questo non significa che possa sottrarsi alla necessità di darsi un significato, destinato spesso  alla obsolescenza dovuta anche alla propria  staticità.

Carlo Michelstaedter scrive : “ Ogni cosa si distrugge avvenendo”. Ciò che nasce rivoluzionario scivola in una deriva reazionaria. Lo dimostra ciò che accade oggi nelle Accademie, costrette a una sorta di coazione all’originalità spesso presente solo nelle intenzioni. Unica possibilità dell’arte di sottrarsi a un rapido dissolvimento, è mantenere la coerenza con se stessa. L’arte significa fare, nulla più. Chi pretende di comprimere in generalizzazioni totalizzanti il semplice fare, ansioso di  chiudere l’arte in una camicia di Nesso composta da definizioni  precostituite, finisce per ridurre la molteplicità della creazione artistica. Trascurare la forma e affidarsi al concetto o alla tecnica, significa avvelenare la radice stessa dell’arte.

giusta immagine

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