Archives for : maggio 2015

Lo stato dell’arte  0

Lo stato dell’arte

Le rappresentazioni  sono inevitabilmente soggettive ; ciascuno di noi associa a una stessa espressione  una rappresentazione diversa, a meno che non sia suggestionato dalla lettura dell’opera del  critico/filosofo. I livelli di lettura di un’opera sono legati alla cultura del soggetto e  rispondono a un fattore psicologico. Husserl  distingueva tra l’io psicologico che appartiene al mondo,e l’io profondo; ovvero l’essere reale e l’essere ideale. Due realtà  dell’essere oggi  cancellate o fuse nel pesante  materialismo contemporaneo, e da una  distratta superficialità. L’io psicologico risulta inquinato  dalla predominanza di un pragmatismo funzionale che ignora tutto ciò che non è ludico, concreto, materiale. Non c’è spazio per nessun tipo di idealità, viviamo nella totale ignoranza dei fini della nostra esistenza. La nostra esperienza del mondo è ridotta ad   accumulo, possesso  materiale, consumo.  Cassirer sosteneva che l’uomo è un animale simbolico, ma la simbologia contemporanea è ridotta anch’essa a  volgarità e materialità. Le élite  sono costituite da soggetti  semianalfabeti, attori, cantanti, attrici porno. L’arte, che fu  tra le più elevate  espressione simboliche,  è ridotta anch’essa ad espressioni  laide alle quali  le teorie femministe hanno dato un contributo decisivo. Pensiamo al lampadario di tampax di Joana Vasconcelos, alle donne defecanti a carponi di Kiki  Smith, e  molti  altri simili “capolavori”.  Per Schopenhauer la demenza è essenzialmente perdita della memoria. Ed è’ ciò che sembra affliggere la nostra era,  con conseguente  rifugio nel solipsismo, nell’illusione di trovare soluzioni “pratiche”. Diceva Ennio Flaiano:” Colui che crede in se stesso vive con i piedi fortemente appoggiati su una nuvola”. Tutta l’arte contemporanea sembra avere fatta propria la boutade di  Oscar Wilde con  “Istruzioni per l’abuso”. E sempre di Oscar Wilde la profetica affermazione:” Tutti coloro che sono incapaci di imparare sono messi ad insegnare” . Sintesi della situazione delle scuole italiane, in primis delle Accademie. Si è smarrita la dimensione ontologica della libertà, l’esperienza del mondo non può essere vissuta senza una presa di distanza, come chi pretenda di vedere appoggiando il viso contro l’oggetto che vorrebbe osservare. L’uomo può acquisire la capacità di rispecchiare conoscitivamente tutta la realtà esterna, nonché se stesso, con una presa di distanza razionale .La vita umana è coscienza e autocoscienza sosteneva  Husserl.

piergiorgio firinuvenezia-2015--144-arte

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La filosofia dell’Unicorno  1

La filosofia dell’unicorno

La filosofia dell’arte procede in larga misura per deformazione  logica e forzature ermeneutiche basate su supposizioni. Anziché descrivere le opere il filosofo dell’arte le interpreta,  riconducendole alle proprie aprioristiche convinzioni. Uno degli espedienti abituali  consiste nel contestualizzare,  quasi che il contesto abbia  il potere di mutare significato e sostanza. Un asino è un asino in qualunque luogo o situazione  collocato. La contestualizzazione ambientale e storica non ha il potere di modificare l’ontologia , come pretendono molti filosofi dell’arte. Se noi collochiamo un’opera di Cesar in un deposito di ricuperi ferrosi, essa si confonde con il resto dei materiali, così come l’orinatoio di Duchamp  riportato in un magazzino di apparati igienici. La  contestualizzazione è dunque un’efficace espediente che, insieme alle forzature ermeneutiche , attua il tentativo di modificare l’ontologia dell’oggetto. Far credere che l’ottone sia oro non è abilità, è inganno. Dunque oggetti la cui ontologia è affidata al contesto, non possono essere considerate opere d’arte nonostante le spurie teorie che sostengono il contrario. Attraverso la parafrasi  proposta da Russel,  l’enunciato , il cui predicato non è formulato secondo le proprietà dell’oggetto, è un anacoluto logico e grammaticale. Un nome , nel senso ristretto di denominazione di un oggetto, non comporta di necessità la conoscenza. Il concetto semantico deve avere una fondazione epistemologica, basata sulla distinzione tra conoscenza diretta e conoscenza per descrizione. Ogni formulazione filosofica, dovrebbe partire da un riconoscimento formale e materico  e quindi  pervenire a una conoscenza diretta dell’oggetto, quale è realmente. S’indugia invece in forme metafisiche attribuendo all’artista il potere di modificazione ontologica con il semplice atto di scelta. La forma logica di un enunciato del linguaggio deve avere riscontro con la realtà sostanziale. Le presunte intuizioni dell’artista, in base alle quali il filosofo dell’arte formula teorie e giudizi, non sono che opinioni che nascono da un percorso epistemologico viziato dal pregiudizio, le distinzioni, e formulazioni arbitrarie che ne conseguono, sono un formidabile  esempio di manipolazione del linguaggio su errati presupposti ontologici. Russell era consapevole di questo quando sosteneva che “un robusto senso della realtà è indispensabile per un uso corretto del linguaggio,perché la logica non può ammettere  l’esistenza di un unicorno più di quanto lo possa la zoologia”.

piergiorgio firinu    aaaaaaaaaaaaaaaaunicorno

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Civiltà in squagliamento  0

La visita alla 56esimaBiennale d’Arte di Venezia del 2015, conferma, se mai fosse stato necessario, il successo delle deleterie teorie degli pseudo filosofi  made in USA. Gli oggetti esposti   nella sequenza di stand , fanno apparire l’esposizione simile ad un bazar, o un mercato di rigattieri. Il cosiddetto multiculturalismo appare una sorta di foglia di fico dietro cui c’è  il vuoto. Osservando le opere, si trova altresì conferma della  modesta  base culturale degli artisti, la loro approssimazione è disarmante,  le opere sono espressione  degli stereotipi correnti. La mostra è in gran parte uno spot sull’immigrazione, tema senz’altro importante ma non tale da poter caratterizzare una Biennale che anche per questo appare assorta dal contingente fenomenologico. Sicuramente  poveri  i  riferimenti culturali degli artisti. Si evince anche dalla lettura dei testi che accompagnano le opere. Certo, visto la tendenza  contemporanea, non c’è da aspettarsi che abbiamo dimestichezza con autori come Nietzsche, Kierkegaard, Dostoevskij, Hegel, Schelling, Dilthey, Rilke, Trakl. Heidegger. L’ elenco non è casuale, sono  autori che hanno tentato di approfondire l’essenza dell’essere, l’ontologia della forma nelle sue multiformi espressioni di cui l’arte è parte significativa. Di certo se la base culturale di questi nuovi, o seminuovi,  artisti, sono filosofi  delle ultime generazioni,  tutto appare molto più chiaro, anche l’uso inappropriato, se non decettivo, delle preposizioni esplicative che dimostrano marcata  ignoranza dell’etimo originario delle parole. L’opera di Helidon  Xhixha, a mio parere, è la perfetta metafora non solo dell’arte, ma dell’intera società contemporanea,la quale si liquefa non nel senso che diventa liquida, aperta , mobile, ma nel senso che si dissolve in fatuità consumistica,  orgogliosa della propria ignoranza. Ci allontaniamo dal pensiero  fondamentale  del l’occidente, la cui sedimentazione costituisce, o dovrebbe costituire, base e stimolo al pensiero creativo. Abbiamo l’ansia di andare oltre, senza tuttavia aver dimostrato di aver compreso le espressioni culturali autoctone e ancor meno quelle di altri popoli. La cultura non è più un percorso di conoscenza della coscienza comune, articolata in una socialità che solo grazie ad una effettiva consistenza culturale può aprirsi agli stimoli di espressioni diverse, anziché  limitarsi ad assemblaggi di improvvisati  e sociologismi d’accatto. Se è vero che non è compito dell’arte proporre soluzioni, è anche vero che rinunciando a priori ad ogni serio e fondato riferimento culturale l’arte rinuncia ad una incisiva  rappresentazione, ovvero all’apertura di senso verso un’ontologia che stimoli la coscienza di sè e una positiva relazione con gli altri.

Helidos-Xhixha

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Democrazia dell’ignoranza.  0

Come ho scritto in altri testi, è mia convinzione che l’arte è politica. Dovremmo dunque preoccuparci  di considerare la situazione socio-culturale  all’interno della quale il cosiddetto “sistema dell’arte” ,nasce e si sviluppa. Episodi come quelli accaduti a Milano il 1° maggio 2015, preceduti da una serie di episodi analoghi a Genova, Roma, Torino e altre città, confermano che viviamo in una società malata. Liquidare questi  episodi con espressioni di sufficienza come ha fatto Renzi , visto il loro ripetersi, forse non è il modo migliore per trovare soluzioni. La storia ha il passo lento ma costante. Con l’istruzione obbligatoria abbiamo cominciato a insegnare l’arte della manipolazione delle idee. Viviamo in un mondo in cui la maggior parte degli individui è semianalfabeta, o per dirlo in modo più gentile, semiletterati, persone cioè che sono in grado di afferrare le idee, ma non hanno gli strumenti culturali per verificarle, e quindi  seguono l’air du temps.  Chi dice che la politica è l’arte del possibile usa un’espressione ad effetto, ma priva di senso. L’involuzione sociale acquista impulso fin dagli anni ’70 certificata da Theodore Roszak  che scrisse”La nascita di una controcultura” , era la naturale conseguenza di quanto profetizzato da Tocqueville due secoli prima in “La Democrazia in America”. Seymour Martin Lipset scrisse che i movimenti estremisti trovano il loro terreno di cultura  in individui psicologicamente disancorati da riferimenti culturali e sociali. Platone e Aristotele, erano  assolutamente contro il principio di democrazia. Aristotele,  indicato come il maestro di coloro di coloro che sanno,  inascoltato quando il suo pensiero contrasta con il mainstream.  Nel 1942 Joseph Schumpeter  pubblicò “Capitalismo, socialismo e democrazia” , affrontando il tema della definizione di democrazia in risposta indiretta al politologo W.H.Morris Jones  il quale scrisse un testo dal significativo titolo: “In difesa dell’apatia” (politica). Si aprì una battaglia contro l’idealismo hegeliano  avanzando  la tesi che gli obiettivi ideali costituiscono di per sè una minaccia. Il libro “La società moderna e suoi nemici”  di Karl Popper è forse l’espressione più nota di opposizione all’idealismo. Isaaiah Berlin  affronta il tema dei concetti “negativi” e “positivi”  di libertà,  in un’ottica di razionale confronto. Con l’avanzare della globalizzazione e i flussi migratori,  è stata messa in forse la radice stessa di democrazia, così come era vissuta interpretata fino alla metà del secolo scorso. L’idea  di welfare si va facendo astratta e impraticabile, sia per la scarsità di risorse da dividere con un sempre maggior numero di persone, sia perché gli stessi bisogni  in una popolazione variegata, sono non di rado in contrasto.  La libertà, intesa come possibilità di scelta razionale e autonoma, è resa problematica dal proliferare di conflitti, internazionali e interni alle nazioni. Anche i conflitti di genere acquistano una sempre maggiore rilevanza sociale. Tutte le teorie sociali  sulle èlite di Pareto e di Mosca, le elaborazioni socio- economiche di Weber hanno perso ogni plausibilità pratica. Non si tratta più di distinguere una forma di Governo da un’altra, è il concetto stesso di governance  che andrebbe riscritto. Il cambiamento semantico del concetto di democrazia impone una rilettura, dal punto di vista della mancanza di consenso sul significato di democrazia, come dimostra il susseguirsi di manifestazioni di piazza, più o meno violente, da parte di persone convinte di difendere il vero significato della pratica democratica. Per fare un esempio l’appoggio a MacCarthy del popolo americano venne considerato come difesa della democrazia,(H.MacClosky, Consensus and Ideology in Amertican Politics, 1964). Così come le guerre scatenate di Bush e da Obama in Iraq e Libia furono giustificate come difesa della democrazia. E’ noto che la “democrazia” è nata in Grecia, in contesti sociali assolutamente diversi, vorrei dire opposti, agli attuali. La parola “ demos” è una parola proteiforme con parecchi significati, tra cui “il popolo nel suo insieme” o per essere più precisi l’insieme dei cittadini. Fu Aristotele  che offrì la formulazione sociologica più penetrante (Politica 1279b34-80°4) Per Aristotele, il pericolo insito nella democrazia  era che il governo dei poveri degenerasse in un governo nell’interesse dei poveri. In realtà gli esiti sono stati assai peggiori, con il proliferare di “diritti” individuali che rendono  praticamente impossibile una qualche armonizzazione sociale. Le “democrazie” contemporanee sono un coacervo di interessi in perenne conflitto tra loro.

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