Archives for : luglio 2021

La filosofia dovrebbe stabilire un legame tra ciò che è dipinto e ciò che è pensato.  0

Scrive Marcuse: “ Un intima necessità distingue l’opera d’arte autentica da quella non autentica, e questa è l’impossibilità di cambiare di una sola riga un singolo suono”. Si tratta certo di una “tirannia della forma”. Tuttavia con ciò non viene meno l’immediatezza dell’espressione, ma solo la falsa immediatezza, falsa nella misura in cui trascina con sé il mondo riflesso di una realtà mistificata.

In difesa della forma estetica,Bertolt Brecht osservava nel 1921: “Mi accorgo di diventare sempre più un classico”. Sono vani tutti gli sforzi esasperati dell’impressionismo per espellere con ogni mezzo certi contenuti banali destinati a diventare  prima o poi classici.

Si rimprovera ai classici la sottomissione alla forma mentre in realtà, in un’opera riuscita,  è la forma ad essere sottomessa.

In ogni caso, se la tesi di Marcuse è corretta, dovremmo concludere che tre quarti delle opere teatrali classiche sono state cancellate dalla lettura e messa in scena in chiave contemporanea. Significa che l’arte web, che ha la pretesa di attuare una interpretazione in chiave tecnologica  di opere classiche,  è totalmente negativa.

L’essenzialità, o se si preferisce l’aridità formale di molte opere contemporanee, deriva dalla incapacità di trasfigurazione estetica di una realtà che si fa materia di pensiero.

Alcuni personaggi letterari sono entrati a far parte del nostro immaginario, dei nostri ricordi, abbiamo l’impressione di avere condiviso con loro una parte della nostra vita, la parte immaginaria nella quale loro sono stati protagonisti.

E’ questa creazione di una realtà separata che si radica nella nostra memoria  la differenza sostanziale tra l’arte vera e  opere che sono solo frutto di velleità  concettuali,  facili ricorsi alla ormai inutile provocazione.

L’arte è parte di un gioco linguistico le cui regole sono costantemente violate in una prassi che contrasta lo spirito di Wittgenstein quando  sostiene che padroneggiare il linguaggio è base di una corretta comunicazione. La filosofia dovrebbe stabilire un legame tra ciò che è dipinto e ciò che è pensato. Non a caso il linguaggio del segno finisce per dover ricorrere a una narrazione verbale, un’ermeneutica che altro non è se non una forzata attribuzione di significato.

Già ai primordi della filosofia, l’ontologia di Eraclito, il lessico dei sofisti, nell’offrire l’abbrivio alla elaborazione del pensiero filosofico hanno creato le basi per la conoscenza.

Aristotele raccoglie e amplifica il pensiero di Eracle l’oscuro, in uno spazio di riflessione dialettica nella quale include gran parte del sapere dell’epoca in cui visse. Il suo impegno gli valse il titolo di: maestro di coloro che sanno.

L’arte moderna è lontana anni luce dalla profondità di pensiero che ha articolato la storia della evoluzione culturale. Con supponenza gli artisti hanno attuata un cesura con il sapere “inutile”, secondo la definizione di Bertrand Russell, ed hanno optato per la tecnologia finendo per diventare una parodia triste, priva di vera capacità creativa, adagiata sulla pretesa apodittica di chi attribuisce a se stesso lo status di artista e si attribuisce capacità che non possiede. Purtroppo nel vuoto culturale del nostro tempo tutto viene accolto e celebrato per ragioni che sarebbe forse  interessante quanto inutile indagare.

Scrive Max Scheler :”L’uomo contemporaneo tende a trascendere se stesso in quanto essere naturale, in questo modo avvia l’estinzione della civiltà come è andata configurandosi nei millenni”.

 

MADRE CORAGGIO-500

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L’eccesso di leggerezza porta all’evaporazione del pensiero.  0

Di cosa si nutre, di cosa potrebbe nutrirsi il pensiero creativo? Se anche un artista sceglie la solitudine, decide di  vivere lontano dalla confusione urbana, resta comunque influenzato dalla realtà che filtra inevitabilmente nel suo quotidiano.

La contemporaneità è caratterizzata dal disincanto che spesso tracima nel cinismo, le spinte ideologiche che muovevano gli artisti ancora 50 anni fa, si sono arenate nelle spire del ludico mondano, l’eccesso di leggerezza ha fatto evaporare il pensiero creativo ormai alieno ai fenomeni culturali perché assolto nella effimera prassi sociale.

Hegel  dichiara: “qualcosa è conosciuto come limite, come carenza, deficienza, solo quando quel limite e quella carenza sono state superate”.

Per Bertolt Brecht: “ Un’opera che non esibisce la propria sovranità nei confronti della realtà, non è un opera d’arte”. E’ necessario il superamento, una fertile dinamica mentale che non si areni nella estemporaneità.

Husserl ha affrontato il tema partendo dall’ontologia formale e la dialettica del superamento creativo. Il rifiuto della logica da parte degli artisti porta a procedere in modo oggettivistico ritenendo di essere possessori di verità. Ma, come affermava Nietzsche: “Una verità importante ha bisogno di critica, non di lode”. La critica d’arte enfatizza, non attua una reale ermeneutica dell’opera, attuando un procedere relativistico che Husserl ritiene insensato.

Quello che  costituisce valore e significato di un opera, non è quello che il singolo crede e pensa della sua creazione, bensì il rapporto tra la sua creazione e la realtà.

Dice Epicuro: “…Come giudichiamo positiva la scienza medica, non a cagione  della sua capacità stessa ma in ragione degli effetti sulla nostra salute. I fenomeni artistici, per loro natura, non sono soggetti alla codificazione e, come i fenomeni sociali, sono basati sulla apparenza, spesso estranei alla realtà storica in atto.

Heidegger intende la storicità un modo  dell’essere la cui filosofia deve riconoscere nell’uomo l’esistenza particolare, solo in questo modo originario anche l’arte può conferire senso alla narrazione storica.

Nietzsche  considera significativa l’arte quando è frutto di energia spirituale. In “ La nascita della tragedia”, a proposito dell’arte senza valore egli cita un proverbio indiano: “Rosicchiare un corno di vacca è inutile e accorcia la vita: ci si logora i denti e non se ne ricava alcun sugo”.

Propedeutica  all’arte statunitense è la filosofia di William James e John Dewey  il cui pragmatismo è l’esatto opposto dell’immaginazione che ha caratterizzato l’arte a partire dai greci.

Come viene  trattata l’arte nella filosofia e nella critica d’arte USA costituisce la rinuncia anche al concetto di creatività, a cominciare da ciò che definisce l’epistemologia artistica.

L’artista non eccederebbe in soggettivismo se solo riflettesse sul fatto che nessuno può vedere  se stesso, addirittura l’umanità, come se fosse un soggetto libero da determinate condizioni psicologiche, storiche, esistenziali.

Ernst Mach vede il problema dell’arte come un’azione che  trasformala la realtà nel momento in cui la rappresenta.il settimo sigillo - 500

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L’esperienza estetica è dinamica.  0

Una ostinata tradizione dipinge l’atteggiamento estetico come contemplazione passiva del dato immediato apprensione diretta di ciò che viene presentato, incontaminato da qualsiasi concettualizzazione, isolata da tutti gli echi del passato,da tutte le minacce e promesse del futuro.

Non c’è dubbio che filosofia e critica d’arte hanno creato e radicalizzato una serie di luoghi comuni che prescindono dall’osservazione e concretezza operativa e realizzatrice di un’opera.  E’ certamente difficile tentare di sgomberare il campo da riti falsamente purificatori che pretendono di spogliarsi di ogni pregiudizio nel momento stesso in cui lo creano.

Non esiste la possibilità d’interpretazione basata su una visione originaria, immacolata del mondo. E’ necessario sottolineare ancora una volta le aporie filosofiche e le assurdità estetiche che una siffatta concezione pretende di difendere. A meno che si ritenga di adottare un  atteggiamento passivo di fronte a un opera d’arte, in questo caso significa rinunciare alla comprensione. Forse il giusto atteggiamento è  osservare l’opera e tentare di leggerla cognitivamente al livello di cultura e conoscenza che ciascuno possiede.

La pittura, tanto quanto la poesia, realizzano un’esperienza estetica dinamica. Dobbiamo quanto meno tentare di operare le necessarie discriminazioni, evidenziare le delicate relazioni, le sottili identificazioni, riesumare sistemi simbolici e caratteri propri che il sistema dell’arte esprime, o dovrebbe esprimere. In breve, dovremmo tentare di porre l’opera all’interno di un sistema di significati, nel contesto del quale è realizzata e, in quell’ottica, tentare una lettura.

In questo processo si denota e si esemplifica l’interpretazione delle opere, si riorganizza nelle opere la lettura del mondo pro quota artistica. Il mondo, e gran parte delle nostre esperienze e delle nostre competenze hanno un ruolo importante, e possono essere trasformate dall’incontro tra l’opera e la nostra interpretazione, questo perché  l’atteggiamento estetico è un atteggiamento mobile di ricerca ed esplorazione.

Cosa distingue l’attività estetica dagli altri comportamenti intelligenti? Qual’è la nostra percezione dei fenomeni della vita quotidiana, la nostra condotta,nel rispetto della rappresentazione estetica? La risposta che viene solitamente data è che l’estetico, contrariamente alle nostre scelte ordinarie, non ha un fine pratico. Non mira alla acquisizione di beni necessari, non si pone come obiettivo il   controllo della natura. L’atteggiamento estetico non riconosce  scopi pratici al proprio operare.

Chi scrive ritiene invece che sia frutto di malafede culturale porre l’arte sull’altare della purezza creativa, assumendo che l’artista è avulso dalle realtà quotidiane. La nostra esperienza c’insegna che non è così. Anche senza ricorrere alla boutade di Andy Warhol che recita: “ogni artista è innanzi tutto un uomo d’affari”, sappiamo che l’artista non vive una realtà separata, lo stereotipo dell’artista con la testa nelle nuvole, non interessato e non coinvolto nella realtà, è una immagine falsa e retorica.  Ma anche supponendo assenza di scopi, questo  non è sufficiente a caratterizzare  l’atteggiamento estetico ed esplorativo e  dare valore e significato all’opera. Come scriveva Oscar Wilde: “ Le peggiori opera d’arte sono realizzate con le migliori intenzioni. La ricerca di conoscenza, l’accumulo di epistemologia, hanno necessariamente scopi e  conseguenze pratiche, l’artista è interessato al conseguimento di un risultato che acquista significato solo nel momento in cui è condiviso socialmente. Nessun artista lavora solo per se stesso, a meno di considerare rari casi di patologia mentale.

 

Victor Vasarely -500

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La bellezza è compatibile con la società contemporanea?  0

La questione del bello in arte non è mai stata chiarita e forse non è possibile alcun chiarimento. La leggibilità del mondo, come recita il titolo di un libro di Hans Blumenberg, è particolarmente complessa perché attiene a scelte squisitamente soggettive. Nella critica del Giudizio Kant si dilunga in teorizzazioni che sicuramente hanno una loro validità, ma di certo non incidono sul complesso di scelte estetiche basate su prerogative personali.

Hermann dà un’esatta introduzione all’analisi sociale del Kitsch: “ Poiché il Kitsch non potrebbe nascere né sussistere se non ci fosse l’uomo Kitsch che ama il Kitsch, che come produttore d’arte lo vuol produrre, e come consumatore è pronto a comprarlo”. Quando parliamo di Kitsch l’idea corre a qualcosa di particolarmente brutto, il Kitsch è espresso soprattutto dalle persone. Certi abbigliamenti, certo esibizionismo sociale, e anche  piercing e tatuaggi,

Secondo Nelson Goodmann: “Il problema del brutto si dissolve; perché il piacere e la gradevolezza non definiscono  né misurano l’esperienza estetica”.

La dinamica del gusto , è spesso imbarazzante ma diventa anch’essa comprensibile alla luce dei comportamenti di massa.

Nel 2007 Umberto Eco pubblicò “Storia della bruttezza” , una silloge d’immagini, di opere d’arte che, a giudizio dell’autore, sono rappresentative della bruttezza. Le opere comprendono arte classica e arte contemporanea. Mentre i soggetti dell’arte classica sono comunque realizzati con sapienza pittorica, l’arte contemporanea è spesso costituita da happening e trovarobato di cattivo gusto che in qualche caso pretende di avere   motivazioni ideologiche, in sostanza emerge il mito della libertà di scelta, pretesto che giustifica le scelte peggiori.

Nel volume “La scuola di Francoforte” pubblicato da Rolf Wiggershaus nel  1992 (Ed.Bollati Boringhieri) L’autore narra la storia delle tesi sociali che Adorno, Horkheimer, Marcuse tentarono di elaborare. Purtroppo tali teorie furono affossate dal ’68, nonostante i sessantottini affermassero di richiamarsi ai  pensatori francofortesi. Marcuse nel libro “La dimensione estetica”, prese le distanze dai movimento del ’68 e da certa arte femminista che proprio allora andava emergendo. A pagina 57 della edizione Oscar Mondadori pubblicato nel 1977, Marcuse scrive: “ Sebbene si sia cercato di sostenere che la pornografia e l’osceno rappresentano isole di comunicazione anticonformista, simili aree privilegiate tuttavia non esistono: da molto tempo l’osceno e la pornografia risultano infatti integrate  e recano anch’esse in quanto merci il messaggio della realtà repressiva”.  Ventidue anni prima, nel 1955, lo stesso autore pubblicò “Eros e Civiltà”.

E’ sempre valido l’ammonimento di Kant: “Nessuno riuscirà mai a raddrizzare il legno storto dell’umanità”.

Il bello dell’arte non è stato soppresso per  o con motivazioni socio-culturali o ideologiche, semplicemente la bellezza non può far parte del bagaglio culturale di una società i cui intellettuali anziché essere orientati dal “bello interiore”, lo considerano un impaccio. La cultura contemporanea attua il tentativo di trascendere l’essere umano come essere naturale. L’esito finale sarà presumibilmente una creatura bionica, senza etica e sentimenti.

 

Immagine Cindy Sherman, 1992, Senza TitoloCindy Sherman - 500

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