Archives for : aprile 2018

La facilità di essere peggiori.  0

Capita sempre più raramente di incontrare persone felici. Quasi tutti vorrebbero essere altro da ciò che sono. Vivere un vita diversa da quella che vivono. Forse non hanno consapevolezza che ciò che desiderano essere è spesso peggio di ciò che sono. Vi è una lunga schiera di filosofi, moralisti, libertini, ciascuno sembra avere la ricetta per una vita felice. Difficile essere all’altezza dei propri sogni, anche perché spesso quelli che consideriamo sogni sono in prevalenza desideri concreti, materiali. Prigionieri di noi stessi , concentrati su noi stessi, assorti su noi stessi.  I greci hanno creato miti che sono altrettanto metafore dal valore perenne. La società contemporanea è posseduta da un conformismo desiderante la cui cifra è ben espressa dal mito di Tantalo. Nessuno è all’altezza dei propri sogni e così sceglie quella che considera concretezza ma  in realtà è rassegnazione. Il mito di Sifilo esprime l’incapacità di sottrarci alla coazione a ripetere. Il masso  rappresenta la materialità a cui non sappiamo sottrarci. La fatica di vivere finisce per essere la frustrazione che deriva dal non possedere. E’ lontanissimo da noi l’insegnamento di Diogene Sinope,  inconcepibile accettare la povertà della sua esistenza. Cerchiamo scuse per la nostra infelicità. La nostra mente non ha altri limiti se non quelli della nostra sensibilità e intelligenza. Non è quindi la vera libertà che ci manca, piuttosto  l’incapacità di realizzare noi stessi tenendo a bada gli impulsi del corpo per liberare i nostri sogni. Non è un caso che il sostantivo “spirito” sia pressoché espulso dal lessico moderno. Il mestiere di vivere del quale scriveva Cesare Pavese, e che lui non ha saputo apprendere ponendo fine alla propria vita, si è ulteriormente ingarbugliato per gli innumerevoli strumenti di distrazione che la contemporaneità ci offre. Non è più attuale l’affermazione di Shakespeare: “siamo fatti della stessa sostanza dei nostri sogni”. Semplicemente non abbiamo più sogni ma solo una continua ansia desiderante che giustifichiamo e coloriamo in vario modo.aaaaaaaacesare-pavese.jpg-500

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La post-ignoranza.  0

Forse non dovremmo stupirci se il mondo dell’arte si affida ormai a una sorta di trovarobato tra ready-made e recupero di oggetti strani di ogni genere. La trasformazione della realtà attraverso l’uso delle parole ha reso tutto possibile. Dopo  il postmoderno e la post verità, siamo arrivati alla post ignoranza. Su riviste, libri, inserti culturali,  si leggono sequele di  truismi e banalità. Non c’è più spazio per lo stupore. Il professor Cipolletta, nel libro “Allegro ma non troppo”, segnalava che la popolazione aumenta, l’intelligenza resta costante. Per supplire, la scienza  inventa l’intelligenza artificiale, forse per la difficoltà di sviluppare l’intelligenza naturale. I media costituiscono una rassegna di assoluta insignificanza  e volgarità. Usiamo parole delle quali non conosciamo il significato. L’espressione cinismo ha assunto un significato esattamente contrario a quello della filosofia cinica da cui scaturisce. Antistene, Diogene Sinope, Epitteto erano i maggiori esponenti di quella corrente filosofica. Nell’uso comune, cinismo è qualcosa che concerne disinteresse delle persone mirare ai propri interessi. In realtà i cinici proponevano una vita semplice, essenziale. I Cinici anticiparono di 2300 anni le regole che saranno state adottate da alcuni ordini monastici. Avevano come unica proprietà un mantello che serviva anche da coperta quando dormivano dove capitava. Mangiavano ciò che trovavano. Perché si usa la denominazione di “cinico” in senso diametralmente opposto al significato? La manipolazione del linguaggio è lo strumento per divulgare tesi decettive, in coerenza con il pensiero unico. Il linguaggio verbale e visivo si presta alla  creazione di mitologie fatue, icone che sono l’opposto di una vita sana. Tra l’altro è paradossale l’adozione del temine “Icona”, una  immagine religiosa di origine bizantina, adottata anche dalla chiesa ortodossa russa. Oggi è una icona una attrice pornografica, un cantante omosessuale, un trans gender noto nell’ambiente mondano. Assistiamo a un decadimento umano e culturale davvero penoso. Nel nome della “libertà” dei così detti “diritti individuali” tutto è non solo accettato, ma celebrato. Gli effetti  collaterali, sono disordine, maleducazione, violenza.espression13

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Libertà, felicità, ragione.  0

Nell’evoluzione, o involuzione, della cultura così com’è andata articolandosi nel corso dei secoli si è finito per perdere di vista ciò che costituisce l’essenzialità della nostra esistenza disperdendo significati e scopi in una quantità di rivoli che non nutriti  dalla fluidità della fonte presto inaridiscono. Allora forse è utile ritornare agli antichi, quando la semplicità della vita rendeva tutto molto più semplice. Ogni tentativo di collegarsi a una linea evolutiva naturale finisce per scontrarsi sulla necessità di stabilire norme necessarie alla vita civile. L’insorgere della ragione nella coscienza attua in modo diverso  il principio animale dell’autoconservazione, l’ equivalente dell’amore di sè non è detto si  evolva in estensione progressiva in amore per gli altri ma può solo essere sostituito da una più consapevole e adesione a sè in quanto esseri razionali capaci di produrre criteri universalistici, dai quali  scaturisce anche la giustizia. Su questa discontinuità, Zanone aveva fondato la preminenza normativa del saggio che si pone a confronto con la collettività. La sua politeia, scritta secondo i malevoli sulla coda del cane, cioè in odore di cinismo, poteva apparire paradossale, rivoltante solo a chi non comprendesse il rigore perfezionistico che la fondava. Incesto e cannibalismo non sono  per natura, come non lo è qualunque norma confezionata dagli uomini. Solo  dopo una valutazione razionale adeguata alle circostanze. In altre parole la fondazione di una civiltà presuppone delle regole che vanno osservate pena il ritorno alla condizione primitiva. In un mondo in cui tutto è precario, gli stessi piaceri sono ansiosi, inquietati da timori di ogni tipo, la saggezza si misura sulla garanzia di stabilità che riesce a dare, sulla capacità di tenere a freno gli innumerevoli modi di  sprecare la vita che gli uomini inventano  cedendo alle loro passioni. La felicità è un corollario, un fine che reca in sè la radice dei turbamenti. Più si ricerca con affanno la vita felice, più ci si perde nella nebbia di desideri confusi che inducono in errore. La ricetta di Seneca per la  vita felice fa perno sulla virtù, secondo i canoni più rigorosi dell’autosufficienza stoica. Il sommo bene e l’esercizio della volontà che permette il controllo di sè, la possibilità di perseguire equilibrio che consente di vivere la vera libertà. Costruire la  propria esistenza con un parziale dominio del tempo della nostra vita. Platone ci convince a pensare tutte le cose soggette ai sensi che si eccitano, ci attirano, non hanno una propria realtà è una conferma dei molti altri motivi per cui occorre cercare in sé il senso della vita. Seneca a un certo punto accetta l’idea platonica di uno spazio contemplativo. La dottrina Stoica vede il corpo come se fosse un involucro. Verrà il giorno che si staccherà. Il legittimo desiderio di felicità  dovrebbe indurci a dare valore alla nostra vita nella sua interezza. Marco Aurelio si esprimeva su com’è importante imprimere bene nella mente la realtà. A proposito dei cibi delicati,di bevande raffinate, nutrirci di un  cadavere di un pesce o di un uccello, di un porcello. A proposito dei rapporti sessuali diceva che non sono altro che lo sfregamento di un organo e l’eiaculazione un po’ di muco accompagnato da convulsione. Di fronte a questa realtà noi non dobbiamo rifiutare la vita, ma semplicemente cercare nella vita i valori che la arricchiscono, che  danno un senso in primo luogo alla libertà vissuta in modo consapevole. Seneca ripete spesso che la libertà inizia dal controllo di noi stessi, non ricorrendo ad una esasperata razionalità, per la quale non tutti hanno sufficiente intelletto, molto più semplicemente auto- educarci all’esercizio della volontà. Sentimento del bene non significa necessario perseguire la virtù assoluta, semplicemente controllare la nostra vita,decidere coscientemente le nostre azioni.

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Il corpo.  0

Nel 1972 René Girard pubblicò “La Violence et le sacrè”, indagando tra l’altro la funzione del sacrificio come mediazione nei conflitti sociali nelle società primitive. Le teorie comportamentali  tendono a sottovalutare le influenze del corpo attraverso il quale viviamo le nostre sensazioni. La donna è da sempre particolarmente sensibile al predominio del corpo. Molte le opere d’arte femminili hanno il corpo come riferimento diretto o indiretto. Il lampadario fatto con assorbenti presentato alla Biennale 2005 a Venezia rientra nel vasto filone dell’evidenziazione di tutto ciò che attiene al corpo femminile. Opere che non sempre sono in coerenza con le giustificazioni teoriche che le accompagnano. Non è un caso che la body art sia declinata prevalentemente al femminile. Mona Hatoum mostra in un video i movimenti peristaltici del proprio intestino. La francese Orlan si è sottoposta a una serie di interventi chirurgici, effettuati in pubblico come performances. Mai come nella nostra epoca storica è imposta la centralità del corpo. Non a caso la nostra è l’epoca della prevalenza femminile. Quando si parla di emancipazione femminile in primo piano balza la libertà sessuale, il corpo. Anche le donne arabe focalizzano la loro richiesta di emancipazione  sul corpo. Un antologia di racconti firmati da autrici arabe ha per titolo “Parole di donna, corpo di donna”.  Una prova ulteriore di come la prevaricante cultura occidentale determini e condizioni anche il percorso verso l’emancipazione delle donne di altre culture. Da noi il linguaggio diseducativo della tv è costituito soprattutto d’immagini più o meno erotiche. Comportamenti sociali, sviluppo di strumenti tecnici modificano gradatamente la funzionalità del corpo, un recente studio di scienziati inglesi  sembra dimostrare che vi sono parti del corpo umano ormai assolutamente inutili, retaggio del passato. Ma se il corpo si modica, la natura umana, intesa nel senso di pensieri, comportamenti, sensibilità, di quanto è gia modificata?  L’antica querelle tra Agostino, il quale sostiene che l’uomo nasce orientato verso il male. La tesi pelagiana secondo cui l’uomo nasce buono ed è guastato dalla società in cui vive. L’idea che abbiamo di noi stessi, ci vieta di considerare la terza ipotesi : l’uomo è un animale la cui intelligenza corregge in parte le sue tendenze naturali, di qui contraddizioni e differenze. Ma in questo come in altri casi l’arte, la letteratura, il cinema, sembrano mettere l’accento soprattutto sul concetto di libertà, sulla possibilità dell’uomo di scegliere il proprio destino. Tesi apodittica. Per secoli si sono confrontati deterministi e coloro che sostenevano il libero arbitrio. L’ambiguità della posizione che tutt’ora permane consente a ognuno di tirare la coperta dalla propria parte. Molte delle suggestioni, stimoli, spunti del dibattito sull’arte, trarrebbero vantaggio se venissero abbandonate posizioni basate sulla convinzione che la libertà consente tutto e il contrario di tutto. se è vero, come sosteneva Pascal che l’uomo è una canna che pensa, per questo superiore a tutte le altre creature, è anche vero che l’uomo pensa soprattutto a se stesso e tenta di sublimare le proprie pulsioni, giustificarle, celebrarle, prima ancora di capirne le ragioni profonde che le determinano.

aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaFrida-kalho

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Secondo Bertrand Russell  0

Secondo Bertrand Russel , “ nessuno può comprendere la parola formaggio, se prima non ha un’esperienza non linguistica del formaggio”. Roman Jakobson contesta l’assunto, a mio avviso con giuste argomentazioni, basate sulle distinzioni, non solo tra le varie lingue, ma anche nella definizione del genere. Qui non è possibile esporre le argomentazioni di Jakobson, basti dire che uno dei limiti della critica e filosofia dell’arte è riscontrabile nelle generalizzazioni linguistiche. Se ogni opera d’arte ha una propria definita ontologia, non è possibile un’ermeneutica  critica  che non si basi sulla singola opera. Spesso il riferimento della critica è ai generi, arte astratta, figurativa, Pop Art ecc. In moltissimi casi, con  una sinèddoche , ci si sofferma sull’artista, ovvero sulla corrente a cui appartiene, anziché  esaminare l’opera  o le opere di cui ci si sta occupando. Questi espedienti narrativi sono  utili per creare il mito del personaggio-artista  ed  esimersi  dall’affrontare l’ontologia dell’opera. La narrazione si avvale spesso di riferimenti impropri, per esempio le neuro scienze, o attuando una sorta di copia incolla di etimologie filosofiche che stridono con l’evidenza che l’osservatore ha di fronte. Pratica e teoria dell’arte devono affrontare problemi complessi  che spesso sono stati creati in un’ansia ermeneutica che nasce dalla necessità  di creare  una ragione di ricerca. Alla fine si sceglie di tagliare il nodo gordiano, elevando a norma l’impossibilità di una reale lettura dell’opera d’arte nelle forme in cui si realizza nella contemporaneità. Nel mettere in evidenza la complementarietà  del linguaggio, oggetto e meta- linguaggio, Niels Bohr  assumendo che: “..esiste una relazione complementare fra l’uso pratico di ogni parola e il tentativo di darne una definizione precisa”.  L’ermeneutica dell’arte si affida esclusivamente alla narrazione, finendo per essere decettiva, senza  chiarire il significato ontologico dell’opera ma accreditandolo come assioma.        aaaaaaaaaaaaaaaa-Garau-3

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