Archives for : gennaio 2023

Il bello è ancora indice di perfezione?  0

I filosofi che si sono occupati di etica hanno fatto distinzione tra etica del sentimento ed etica della ragione. Il sentimento attiene alla sensibilità e privilegia impulsi individuali.

Sofocle affrontò il tema in Antigone dove narrò del confronto tra Antigone, sorella di Edipo, che si battè strenuamente per ottenere che Creonte concedesse la sepoltura a suo fratello Polinice.

L’etica del sentimento, vale a dire della preminenza dell’emotività, concerne anche l’arte, nell’approccio emotivo e nella lettura delle opere. Il tema è stato trattato di recente nel libro “ La tirannia delle emozioni” di Paolo D’Angelo.

Per Shafterbury, teorico dell’etica del sentimento, la morale è un’estetica delle inclinazioni. Il gusto deve essere integrato dalla cultura. Quale cultura?

Vale l’affermazione dello stesso filosofo: “ Il bello è indice di perfezione”.

Cumberland, altro esponente dell’etica del sentimento, afferma che vi è coincidenza tra virtù e felicità. Questo, mi si passi la boutade, spiegherebbe perché c’è tanta infelicità nel mondo contemporaneo.

E’ chiaro che l’etica del sentimento accantona la ragione come guida verso la comprensione delle norme che regolano i rapporti interpersonali e sociali a prescindere dalle ragioni eidetiche.

L’uomo contemporaneo, non solo ha eliminato da lessico e prassi i sentimenti nobili come virtù, dovere, responsabilità, ma ritiene che la civiltà sia basata sui diritti individuali di qualsiasi genere. Va da se che i diritti, per concretizzarsi, comportano in primo luogo che non ledano il rispetto del prossimo e della società. Sappiamo che così non è.

Da cosa è determinato il comportamento pratico delle masse? Di recente un gruppo di studenti ha manifestato in corteo contro il merito, per costoro era un loro diritto non essere giudicati in base al merito. L’uomo dovrebbe essere motivato verso qualcosa che lo renda capace di affrontare le difficoltà che la vita presenta. Invece prevale un sentimento edonistico. L’arte riflette questa tendenza.

David Hume Fu forse il più grande degli spiriti critici della insorgente modernità. Nella sua opera, “Trattato sulla natura umana” , travalica lo psicologismo di Locke e affronta il tema del porsi praticamente della persona nella società, egli è consapevole che l’etica del sentimento si traduce spesso in solipsismo e nella pratica del peggior darwinismo sociale.emotività in pittura- 500

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La dotta ignoranza della contemporaneità.  0

I filosofi da secoli tentano  di affrontare il problema dell’essere umano, tra mille contraddizioni. Heidegger afferma: “Al di là dell’esame letterale di ciò che i filosofi hanno detto, in pochi sono riusciti  a capire ciò che hanno voluto dire. Nel frattempo la civiltà prosegue il declino archiviando tutto ciò che limita o contrasta la piena libertà del corpo.

Nel 1889 Enrico Bergson sostenne alla Sorbona l’esame per il dottorato, presentando come tesi “Il saggio  sui dati immediati della coscienza”. Diventerà il suo libro di maggior successo. Egli scrive: “ Per lo più, viviamo esteriormente a noi stessi, scorgiamo del nostro io  il fantasma …..viviamo per il mondo esterno anziché per noi, parliamo più di quanto pensiamo..”

L’America, tra il pragmatismo dei suoi filosofi, inclusi gli anacoluti dei filosofi dell’arte, ha contribuito non poco ad avviare la deriva dell’Occidente. Nel libro “Dopo la fine dell’arte” pubblicato da Arthur C. Danto nel 1997,l’autore scriveva: “ ..La Metafisica era priva di senso perché era del tutto scollegata dall’esperienza, nonché dall’osservazione”. In questo modo viene liquidato il profondo pensiero dei filosofi che hanno tentato di definire la natura, l’essenza dell’uomo, i grandi pensatori dell’Occidente liquidati da presuntuoso parvenu.

In realtà la Metafisica evidenzia i nostri limiti , tenta di dare risposte ad aspetti fondamentali della natura umana e dell’esistenza dell’uomo. La società occidentale ha archiviato gran parte dello studio della cultura umanistica, quasi a far tacere la coscienza critica che mette in crisi la realtà contemporanea.

Kant ha preferito porre la libertà fuori dal tempo ed elevare una barriera insuperabile tra il mondo dei fenomeni  e quello delle cose in se, perché, egli sostiene, la ragione non è, e non potrà mai diventare popolare

La metafisica si pone il problema d’indagare le facoltà fondamentali dell’essere umano, quindi si traduce in antropologia al massimo livello.

Nicola Cusano nel 1440 scrisse  il libro “La dotta ignoranza” , segno che il problema della semplificazione truistica è antico. Ma la contemporaneità, anziché correre ai ripari, incrementa il qualunquismo socio-culturale  Nel 2005 Pascal Engel e Richard Rorty pubblicarono “A cosa serve la verità”, compendio di cinismo ed approssimazione culturale che fa il verso a Pilato quando si chiese: “Cos’è la verità?”.

Caspar David Friedrich

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Immaginazione e conoscenza.  0

Da tempo è in atto un dibattito sulla fruizione emotiva dell’arte. Alcuni ritengono l’emotività un modo ottimale di affrontare la lettura dell’opera, altri propendono per l’approccio razionale.

Entrambe le opinioni sono apofantiche perché trascurano di considerare le suggestioni a cui siamo soggetti, oltre alla qualità e la natura delle esperienze soggettive.

Kant riduce espressamente lo scaturire della nostra esperienza a due fonti principali. Egli sostiene che innanzi tutto è da considerare la ricettività delle impressioni. Il secondo aspetto è quello che conosce in un oggetto le rappresentazioni, ovvero spontaneità dei concetti.

La conoscenza umana forse è legata a meccanismi mentali ancora in parte  sconosciuti. Si da per certo abbia origine dalla sensibilità e dall’intelletto.  Mediante il primo gli oggetti ci vengono dati. Con il secondo vengono pensati.

Senza dubbio gioca un ruolo la interiezione che però è  poco di aiuto nella interpretazione del  fenomeno arte.

Quando Einstein afferma che l’immaginazione è più importante della conoscenza, dice cosa vera perché l’immaginazione  è una forma di intelligenza creativa potenzialmente infinita, mentre la conoscenza è per definizione limitata oltreché non sempre corretta.

L’immaginazione non è riducibile alla sola sensibilità e alla ragione, se l’immaginazione creativa nasce esclusivamente dall’esperienza, per così dire si materializza, e non è più pura immaginazione, è simile alla emersione dal fiume carsico creato dal nostro vissuto e dal nostro pensato che ad un tratto emerge con prorompente energia e  consente di creare ciò che forse a lungo abbiamo pensato. Ecco perché il vissuto è importante.

L’eristica usata da critici e filosofi dell’arte è un fattore di suggestione, non di conoscenza, con la scrittura sinottica dei cataloghi, si indirizza l’osservatore verso una interpretazione funzionale alla valorizzazione dell’opera il cui contenuto è spesso banausico.

In “Nascita della tragedia” Nietzsche sottolinea l’enorme contrasto, per origine e per fini, tra l’arte dello sculture e del pittore, da lui considerata apollinea, e l’arte non figurativa della musica che considera dionisiaca. Oggi queste distinzioni non hanno forse molto senso, visto la commistione delle arti. La nostra epoca, che si crede superiore, usa l’idea di libertà, anche per l’arte, come un passepartout per ogni forma di devianza.

Il risultato è che l’artista il quale produce forme vuote, è suo malgrado la cifra del tempo che viviamo.  Nel 1958 Jean Paul Sartre pubblicò “La nausea” . Nel libro narra del vuoto incolmabile che si stava creando nella società occidentale, la rinuncia ai valori e frustrazione all’origine dello scivolamento di Antonio Roquentin, protagonista del romanzo. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti della Senna, nel frattempo  l’occidente non è certo migliorato.

Magritte

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