Non è solo nella raffigurazione di simboli l’arte rappresenta il tempo, ogni aspetto di un’opera ha inevitabilmente richiami all’epoca nella quale è stata realizzata che la situano in un preciso periodo temporale,ovvero storico. La storia rappresenta il nesso tra il tempo e l’antropologia, vale a dire il tempo vissuto dall’essere umano.
L’arte ci aiuta a comprendere il tempo come soggetto storico. La temporalità originaria non è costituita da una sovrapposizione di elementi esteriori, essendo prerogativa dell’arte di mantenerli insieme nella loro specificità.
Comprendere un opera, non significa farne la sintesi, il che sarebbe riduttivo, ma predisporsi a una identificazione semantica del campo percettivo arricchito da gnosi ed empiria, anche se i nostri limiti ci pongono spesso nella condizione denunciata da Socrate: cosa cerchi se non sai cosa cercare?
Il tempo cronologico non sempre coincide con la nostra percezione. Come ci ricordano i versi di Montale: “Passarono anni brevi come giorni”. Altre volte per immergersi nella nostra soggettività annulliamo il tempo. Kierkegaard in Aut-Aut esplora la sensazione ludica del seduttore che, per raggiungere il piacere. si annulla nell’attimo durante il quale il tempo non esiste più.
Eraclito l’oscuro, fu il primo filosofo a porsi il problema del fluire del tempo usando la nota metafora: entriamo e non entriamo nello stesso fiume.
Agostino, con modestia, manifesta la sua difficoltà a definire il tempo quando scrive. Quando ci penso so benissimo cos’è, ma se debbo spiegarlo mi trovo in difficoltà. Egli sosteneva che per costituire il tempo serve una presenza del passato, una presenza dell’avvenire, oltre quella del presente.
Merleau-Ponty nel libro “ Fenomenologia della percezione” azzarda una articolata teorizzazione, in decine di pagine tenta di definire quanto meno il modo in cui noi percepiamo il tempo. Tuttavia le sue teorie non hanno basi scientifiche, quindi la sua, resta una visione filosofica che infatti è stata ripetutamente contraddetta.
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