Archives for : maggio 2024

La pittura ricrea il fascino del deserto.  0

Nel 1830 Algeri era diventata francese. Due anni più tardi Delacroix era in Marocco al seguito di una legazione francese. Nei disegni che ritraevano le sconfinate sabbie gialle del deserto e gli arabi nei loro burns bianchi sventolanti  mentre cavalcavano nel bruciante calore, l’artista fissò una vivace libertà ricca di colore, sacrificandola nel quadro: come illustratore della conquista coloniale favoriva inconsapevolmente la riduzione della libertà degli algerini. Infatti la libertà naturale per gli algerini non era se non impulso, passione, erotismo, gelosia, non privo di una certa dose di violenza e crudeltà. Per Delacroix, e per i suoi scialbi epigoni, tigri e stalloni arabi rappresentavano nulla più che soggetti, involucri della libertà, nella stessa misura in cui lo erano i cavalieri marocchini con i loro lunghi moschetti d’argento.Sotto la pienezza dei colori africani il pittore  subì una sorta di richiamo all’antichità, ai mitici tempi omerici, le stesse antichità religiosamente custodite nelle sale  dell’Accademia di Parigi. Un amico del comandante del porto di Algeri, che era riuscito ad esaudire il vivissimo desiderio di Delacroix di visitare un harem, racconta che alla vista delle floride  ospiti ammantate di seta l’impulsivo artista non cessava di esclamare: “ C’est beau! C’est comme au temp d’Homere !  L’antichità che l’artista scorge in quel luogo, non è quella fredda, cristallizzata, classica, ma piuttosto quella concreta della vita orientale nel suo abituale scorrere. La stessa antichità africana che gli svelava i corpi possenti delle tigri e il focoso temperamento selvaggio dei cavalli arabi da combattimento, come racconterà il suo biografo Silvestre. Erotismo della natura primitiva, intensità degli impulsi, “férocité e verve” :  ecco le categorie che affascinavano il pittore il quale scriveva in una lettera a un amico, nelle vie di Algeri puoi vedere sfrecciare l’incarnazione del sublime e la realtà tangibile di questa visione è in grado di ucciderti. Strettamente connessi l’un all’altro, il sentimento romantico per l’Africa e l’occupazione politica. Delacroix rimane comunque uno dei precursori di quella grande migrazione di pittori, scrittori, intellettuali che furono attratti del fascino dell’Africa. L’entusiasmo lastricò le città dell’Africa di cattive intenzioni. Non solo l’arte fu in molti casi una coloritura romantica al bieco colonialismo, ma rappresentava un paradosso:  artisti e scrittori che dovrebbero essere orgoglioso supporto alla civiltà che avevano contribuito a creare, freno per gli eccessi dell’ansia di conquista e sottomissioni di popoli africani, e non solo. Invece fuggirono dall’Europa, spinti dalla confusa ricerca dell’esotico, del “primitivo”, senza rendersi conto che dietro al folklore vi era un modo diverso di concepire l’esistenza, una civiltà nata dall’antica saggezza. I popoli africani tentarono, per quanto fu loro possibile, di sottrarsi al destino di essere fagocitati dall’occidente.  images

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La percezione sensibile.  0

Percezione e intuizione sono attitudini importanti per l’artista perché  gli consentono di avere contatto con la realtà che elabora e forma. E’ però necessario che queste attitudini siano integrate da acquisizione epistemologiche che gli consentano la pratica realizzazione dell’opera.

In questo ambito,la filosofia non offre soluzioni,da però un contributo alla riflessioni e consente, l’attribuzione di un razionale significato.

Nel suo progredire la riflessione rimuove se stessa, nel rinnovarsi  riscopre una soggettività vulnerabile destinata a modificarsi nel tempo con l’esperienza e il pensiero.

L’arte, nella sua illusione ingenua di creare, supera l’evidenza apodittica di qua dell’essere del tempo ma questa ingenuità, o se si preferisce riflessione incompleta, si perde nella coscienza formale dell’oggetto che crea.

La coscienza del proprio cominciamento appare autentica creazione,un mutamento di struttura della coscienza di cui le opere sono il frutto. Ciò significa che non è possibile assimilare le percezione alla sintesi. Il  campo percettivo è riempito di riflessi, scricchiolii,  fugaci in impressioni tattili che non sempre l’artista è in grado di connettere in modo preciso al contesto percepito, quindi si perdono immediatamente in confuse farneticazioni.

L’artista sogna delle cose, immagina oggetti o persone la cui presenza non  è necessariamente incompatibile con il contesto,anche se non si mescolano al mondo perché sono oltre il mondo, si muovono in un teatro dell’immaginario.

La pereidolia rappresenta il sintomo, quasi istintivo,del bisogno di ricercare il senso in ogni forma visibile, anche se la percezione autentica si esplicita nel distinguere a poco a poco dai fantasmi della immaginazione, e, attraverso un travaglio critico, dare ad essi un significato che li giustifichi..

Se fosse fondata solo sulla coerenza intrinseca della rappresentazione la realtà della percezione dovrebbe essere sempre esistente, affidata a congetture improbabili. In ogni momento, si dovrebbe poter disfare di sintesi illusorie e realtà immaginate per integrarle al presente.

I fenomeni della percezione non sempre si traducono nella evidenza formale. L’artista attua una sorta di selezione e annette i fenomeni  più sorprendenti, mentre respinge altri aspetti della  immaginazione, anche se più verosimili, anzi proprio perché più verosimili.

La percezione non è che una possibilità di approccio al reale, non è nemmeno un atto, ma una presa di posizione dalla quale scaturisce l’intuizione, uno sfondo sul quale si attuano gli atti. Da questi presupposti prende forma la soggettività della creazione. Tema sul quale ritorneremo.

Pareidolia_-_Chiesa_Madre_di_Nereto_-_Teramo,_Italy

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