Leggo la lettera pubblicata su Repubblica di oggi – 14 Agosto 2016 – il cui titolo è già di per sè fuorviante : “La sinistra e il tabù del multiculturalismo” . I due insigni intellettuali, uno docente all’Università di New York, James Fontanella Khan e, Carlo Invernizzi Accetti, avrebbero dovuto innanzi tutto chiarire cosa significa tabù e multiculturalismo. Scrivono i due: “Se ora vogliamo, come sinistra italiana ed europea, imparare qualcosa da un paese che vive dell’immigrazione da più di un secolo…”. Francamente da due intellettuali che pretendono di dare lezioni all’Italia e all’Europa, ci saremmo aspettati più modestia e maggiore informazione. Cominciamo col dire che il multiculturalismo Usa non è una scelta. Gli Stati Uniti nascono dall’eccidio dei nativi Pellerossa e si costituiscono grazie all’arrivo di immigranti da ogni parte del mondo, in primis dall’Europa. I discendenti dai Padri Pellegrini sono considerati l’aristocrazia americana, la loro colonia, fondata a Plymouth nel 1620 è stata la seconda, dopo quella fondata dai coloni Jamestown in Virginia nel 1607. Sicuramente i nostri dotti docenti conosceranno queste date, stupisce quindi che scrivano a sproposito di multiculturalismo. Per venire a tempi più recenti, lo sfruttamento dei nuovi arrivati è stato francamente vergognoso. Mio bisnonno raccontava che sui giornali apparivano annunci di questo tenore:” si assumono negri o italiani”. Invito i due esegeti del multiculturalismo a consultare le mediateche. Questo è poca cosa rispetto alla sfruttamento dei cinesi per costruire le ferrovie di proprietà di magnati come i Vanderbilt, i Trump del tempo. Questi fatti stridono con la presunzione con cui i due soloni italo-americani pretendono di impartire lezioni di democrazia. Abbiamo ancora presente “l’esportazione della democrazia” attuata da Bush costata oltre 250.000 morti. Certo è meno agevole il multiculturalismo in paesi di antica cultura come l’Italia. Un effettivo multiculturalismo dovrebbe essere preceduto dalla conoscenza della propria cultura. La cultura del territorio innanzi tutto. Problema che in USA non si pone, dal momento che un qualunque villaggio italiano ha più storia dei luoghi storici americani. La cultura statunitense è di derivazione europea, oppure trattasi di cultura country. Unico primato è la cultura tecnica, la stessa che ha permesso la costruzioni di armi di distruzione di massa. In certe condizioni multiculturalismo non solo è facile, ma inevitabile. Durante gli anni di permanenza negli Stati Uniti ho percorso in lungo e in largo il sub-continente americano. Ho avuto modo di conoscere anche la pittura genuinamente americana, quella di cui non si parla a New York e Los Angeles. Si tratta di ritratti di capi indiani e di cowboys. Il mio amico, Maurizio Vitale, mi chiese di acquistare un’opera di questi artisti del midwest da usare come pubblicità dei jeans Jesus da lui prodotti. Dovette rinunciare per la somma proibitiva che gli venne chiesta, ripiegò su una mia fotografia a Jimmy Carter. Chiudo ricordando che gli USA sono tutt’ora pervasi dal razzismo, come certificano le cronache. Dunque, invece di impartire lezioni di multiculturalismo, i due professori, dopo avere approfondito i temi di cui scrivono, dovrebbero impegnarsi per un maggior rispetto degli esseri umani in casa loro, evitando di confondere il darwinismo sociale dilagante nelle società statunitense, con il multiculturalismo che è tutt’altra cosa.
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