Archives for : marzo 2021

“La filosofia è puro stare a vedere” Hegel  0

Inconoscibilità di ciò che è noto Quanto conosciamo delle motivazioni in base alle quali conduciamo la nostra vita? Viviamo in una società conformista e reazionaria; cultura e informazione inventano una realtà declinata al femminile che non esiste. Non abbiamo il senso di ciò che effettivamente accade, condizionati da una comunicazione tanto assordante quando decettiva.

Jὔrgen Habermas ha affrontato il tema in “Agire comunicativo e logica delle scienze sociali”. Le discordanze fra positivisti e filosofi del linguaggio ordinario oscillano tra differenze ed enfasi su vari aspetti della comunicazione socio-culturale. I filosofi del linguaggio ordinario si sono dedicati soprattutto all’uso delle parole trascurando i sottointesi semantici che si evolvono spesso in modo distorto. Questo processo di riproduzione di senso non è mai neutro, esso subisce i condizionamenti della ripetitività di una comunicazione finalizzata al consenso.

Noam Chomsky in “La fabbrica del consenso” affronta il tema in modo più specifico. Entrambi gli studiosi analizzano le cause, ma non propongono soluzioni, semplicemente perché le soluzioni implicano aspetti culturali e politici la cui modificazione, ove possibile, presuppongone la modifica di equilibri politici e culturali profondi, in breve concernono il modo in cui la società di evolve.

Max Horkheim e Theodor W. Adorno in “Dialettica dell’illuminismo”, tentarono di risalire all’origine del sistema mondo com’è andato configurandosi in occidente. I due studiosi rilevano come: “ la vita pubblica ha raggiunto uno stadio dove il pensiero si trasforma inevitabilmente in merce”. La più evidente dimostrazione di questo assunto sono critica e filosofia dell’arte. Il sapere, che spesso è costituito da spurie teorie di fatto al servizio del mercato o, nella migliore delle ipotesi, della ideologia. La creatività finisce per essere consolidata in patrimonio, distribuito a fini di consumo. Uno dei bersagli di Horkheimer e Adorno è l’illuminismo giustiziato, sostengono, da Kant, Sade e Nietzsche.

Il libro,  “Dialettica dell’Illuminismo” è l’archetipo di tutte le critiche della razionalità scientifica totalitaria. Max Horkheimer e Theodor Adorno non sembrano provare alcun imbarazzo a citare quello che viene considerato il campione del pensiero reazionario e tradizionalista Joseph de Maistre . “Anche secondo Bacone – scrivono- deve sussistere tra i sommi principi e le preposizioni empiriche , una connessione logica  evidentemente attraverso i vari gradi di universalità”.

I due filosofi tedeschi  e il conte savoiardo muovono da posizioni diverse, ma convergono nell’indicare la triade Bacone- Illuminismo- Scienza  come le cause  dello sfacelo della civiltà di fronte alla quale la filosofia è impotente. Hegel prende atto di questa impotenza quando, nella Fenomenologia dello spirito definisce la filosofia:  “Puro stare a vedere”.

La parziale resa della ragione ha creato le condizioni perché nella contemporaneità occidentale sopravvivano due religioni, il cristianesimo, per altro annacquato, e  il capitalismo. Partecipando al suo ultimo consiglio dei ministri, De Maistre, che  era cancelliere come Bacone, bocciò i progetti che gli erano stati presentati esclamando: “ Signori, la terra trema e voi volete costruire!”. Era quindi inevitabile che De Maistre venisse classificato come reazionario e posto ai margini. Poco importava che avesse visto giusto un secolo prima che avvenissero i disastri ai quali oggi assistiamo.

 

Immagine :Boy standing on the opened giant book with fantasy light, digita

Lungo l’infinita strada della conoscenza.

 

 

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All’inizio furono profezie e sogni.  0

 

L’arte da tempo ha abbandonata la rappresentazione di soggetti religiosi, e tuttavia da sempre gli esseri umani si sono affidati alle profezie e ai sogni. La paura creò la superstizione e da essa ebbe origine la religione, anzi le religioni. Neppure sull’idea di dio la specie umana riuscì a trovare un accordo. Platone nel decimo libro delle leggi  afferma che “l’universo è pieno di dei”. Ci siamo liberati degli dei, ora l’adorazione si riversa su personaggi di squallore infinito che i media trasformano in icone e le masse seguono con fanatico entusiasmo.

Per dare corpo alla sua teoria di superuomo Nietzsche riesumò la figura di  Zarathustra profeta iranico che a un certo punto della sua esistenza ricevette delle rivelazioni da dio Ahura Mazdä.

Artemidoro di Efeso scrisse  Oneirocritica sull’arte divinatoria, punto di riferimento fino a Freud per l’interpretazione dei sogni. Mai come oggi, con la dominante ansia progressista, si parla tanto di futuro, si ha fede nella scienza e nella tecnologia che condiziona e domina le nostre vite. Il nostro immaginario ancestrale è andato attenuandosi, le figure di Cassandra e Tiresia sono state sostituite dai chiromanti che vendono illusioni a povere donne confuse.

Michelangelo ritrasse alcuni profeti nella cappella Sistina. Le profezie, anche quelle enigmatiche e ambigue, hanno sempre trovato spazio nella mente umana. Eraclito sosteneva “il Signore di cui l’oracolo di Delfi, non dice e non nasconde: significa”. Eschilo descrive Cassandra che vede gli  assassini di Agamennone, e scopre per prima il cadavere di Ettore che giunge a Troia. Apollo desiderava Cassandra che si rifiuta,per questo il dio la condanna a non essere mai creduta.

Dante annuncia la sua visione del futuro dal Purgatorio e il celebre miniatore Oderisi da Gubbio mette in scena Cimabue e Giotto, entrambi innovatori e attenti alla narrazione religiosa dell’arte. Sulla scena mitologica si confrontano la dea del parto Lucina  e quella della morte Nenia che trascina innanzi il tempo.

L’armonia delle due nature, l’essere umano e l’universo, si è frantumata  nel ‘600 con l’esplosione del conflitto tra scienziati e umanisti. Frattura mai più composta. Anche Karl Jasper in “Origine e senso della storia” , propose la sua visione del futuro. Eric Arthur Blair,  meglio  noto come George Orwell, con il Grande Fratello  credette  di anticipare il futuro, non poteva immaginare che la modernità avrebbe ridotta la sua visione  ad  un squallido spettacolo televisivo nel quale, ancora una volta, l’uomo esibisce il peggio di se.

Profeti e indovini non hanno mai anticipato nulla, hanno solo alimento le illusioni di un’umanità sempre più corrotta e confusa. Quasi un secolo prima che Sartre facesse dire al personaggio di un dramma: “L’inferno sono gli altri”, Melville era andato più a fondo: “L’inferno è l’esterno”. A giudicare dalla drammatizzazione per il forzato impedimento agli assembramenti nelle città, sembra che nell’infermo i contemporanei si trovino a loro agio.   Bajan Olgil .

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Sopravvivere al proprio divenire.  0

Nel dipanarsi del pensiero si attua il confronto con la realtà.  La mente raziocinante attraverso l’esperienza accumula e articola la conoscenza. All’inizio della logica Hegel esamina le varie eccezioni del concetto di pensiero. La prima, la più comune, e anche la più pericolosa, è il pensiero  come declinazione spirituale . Non esiste rappresentazione alcuna in cui non sia implicata la ragione che trasforma il pensiero in linguaggio o in arte. L’artista quando realizza un’opera non fa che socializzare il proprio sapere. La rappresentazione è sempre singola. Il passaggio dalla rappresentazione al concetto è quindi passaggio dalla singolarità all’unità espressiva.  La pretesa di attribuire a un soggetto che si definisce “artista” la facoltà di affermare “questa è arte” , non stabilisce qualcosa, ma prende apoditticamente posizione su qualcosa, prescindendo dalla ragione.  Kant esprime questa riflessione: “ La ragione è la facoltà dell’unità delle regole dell’intelletto sottoposte a principi”. I principi non sono altro che compendio della conoscenza. L’arte che si arena nella soggettività si sottrae alla condivisone critica, di conseguenza si banalizza in pleonasmi formali. Nella schiera dei sedicenti filosofi dell’arte, spicca per incongruenza logica George W. Bertram il quale, nel libro “L’arte come prassi umana” (Ed. cortina 2014), inanella una serie di anacoluti concettuali e truismi che per essere contestati richiederebbero ben altro spazio di questo breve scritto. Gli artisti moderni hanno eletto Ulisse come loro idolo, l’unico avventuriero a sopravvivere al proprio divenire. Per coerenza, quando hanno successo, dovrebbero voler uscire dai cataloghi e dalla storia dell’arte. Si usa spesso a sproposito la parola amore. L’espressione “amore dell’arte”  si traduce amore di ciò che  l’arte può dare.  L’amore vero sconfina con la pazzia, e non si limita certa alla “fedeltà”, cioè rinuncia al sesso con altro soggetto per pura libidine. L’amore vero dell’arte è una sorta di coinvolgimento totale, una sorta di libidine mentale totalizzante. La storia registra alcuni eccessi, soprattutto femminili, nei trasporti amorosi declinanti anche in chiave religiosa. Sono noti gli eccessi di Santa Teresa d’Avila durante le sue crisi mistiche. Mistica deriva dal greco myein, ossia “chiudere gli occhi”, quindi sottrarsi alla realtà  e alla ragione. La body art, è esattamente il contrario del misticismo, abbandonarsi al dominio del corpo, usarlo come strumento di espressione artistica. Gli esempi di amore vero sono rari nella storia. Abelardo e Eloisa, un amore che impose una rinuncia al sesso. Ma  più significativo l’amore di Artemisia moglie di Mausolo re di Caria: la quale così perdutamente amò il marito , che il corpo di lui morto  ridusse in polvere , e diluito nell’acqua lo bevve. rte linguaggio universale-500

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Linguaggio e pensiero.  0

Lenin sosteneva: la vita ci induce a rinunciare al raziocinio  insegnandoci la dialettica. In cosa consiste il concetto di dialettica non è così chiaro. Spesso la dialettica è un modo per oscurare il significato del sostantivo verità, in questo modo la verità diventa opinione, argomento filosofico apodittico.

Spinoza struttura la narrazione dell’Etica in questo modo; proposizione, dimostrazione, scolio, conclude con C.d.d. (come dovevasi dimostrare). Egli  sviluppa tesi, antitesi, sintesi senza contradditorio. Non vi è una reale concreta dimostrazione, solo una costruzione teorica senza riscontro oggettivo. Si presta quindi ad essere contraddetta. Cosa che puntualmente avviene.

La filosofia può anche essere vista come confronto tra sistemi, o divisa, come sosteneva Willard Van Orman Quine tra concettuale  e  dottrinale.

Il linguaggio filosofico è inevitabilmente complesso, al limite della gergalità. Heidegger creò un proprio linguaggio. La lettura delle sue opere rende necessaria una sorta di traduzione simultanea.

La filosofia, come l’arte, è spesso appannaggio di dilettanti, ovvero di individui sprovveduti. Contro di loro si scaglia Hegel sostenendo che, mentre un calzolaio per realizzare una scarpa deve imparare il mestiere, in molti presumono che la filosofia non richieda apprendimento e fatica. Hegel non chiarisce la ragione per la quale ciò è possibile. La scarpa è oggetto la cui verificabilità è agevole, la filosofia, è soprattutto un esercizio mentale, sicuramente utile per sviluppare le sinapsi, ma di difficile verifica a posteriori.

Alcuni filosofi  hanno l’ambizione di insegnare a pensare. Heidegger ha scritto “Cosa significa pensare”, mentre Diego Marconi assume che il pensare sia un mestiere e espone questa sua convinzione nel libro, “Il mestiere di pensare”.

La filosofia dell’arte non solo pretende, per così dire, di sovrapporsi alle opere con un linguaggio additivo, ma, attraverso una più o meno dotta elaborazione linguistica, si propone di modificare la stessa ontologia dell’arte. Tra gli esponenti di questa corrente spiccano alcuni filosofi statunitensi, tra i quali Arthur C. Danto e George Dickie. Quest’ultimo autore è noto soprattutto per avere espresso la liberatoria e contraddittoria affermazione: tutto è arte. Così, i sopravvenuti filosofi del nuovo mondo, mandano al macero intere biblioteche  e secoli di studi e approfondimenti, da Giorgio  Vasari a Ernst H. Gombrich e moltissimi altri. Danto liquida la metafisica come “vacua e insensata” (pag. 134 “Dopo la fine dell’arte” Edizioni Bruno Mondadori).

Wittgenstein sosteneva che i problemi filosofici sorgono quando il linguaggio fa vacanza. Ma l’analisi del linguaggio  è di per sè una materia complessa tanto che, come detto sopra, in qualche caso i filosofi ritengono necessario creare linguaggi ad hoc con risultati che  John L. Austin definiva aberranti.     Donato_Bramante_-_Heraclitus_and_Democritus_-_500

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Beat Generation e Pantere Nere. Fino dell’innocenza, default morale degli USA.  0

E’ morto l’ultimo personaggio della Beat Generation Lawrence Ferlinghetti, aveva 100 anni. Scrittore, poeta, pittore, editore. In omaggio a Charlie Chaplin, alla sua libreria dette il nome : “City lights”. Nel 1951 pubblico il libro di Jack Kerouc, “Sulla strada”, praticamente l’unico libro di Kerouc. Cosa resta della folta schiera di provocatori  che negli anni ’50 dettero uno scossone al mondo della cultura statunitense? Per Hegel il tempo è divenire intuito. Ma di costoro restano i titoli di libri che pochi hanno letto allora, nessuno legge oggi. Basta provocare per fare cultura? Il libro di Allen Ginsberg “ Jukebox all’idrogeno”  suscitò all’epoca un certo scalpore. Molti della Beat Generation erano omosessuali, non a caso Ferlinghetti apri la sua libreria a San Francisco. Pubblicò “Pictures of the gone World”. Ogni libro era una serrata critica alla società dell’epoca accusata di perbenismo. Oggi non avrebbero argomenti.

Del gruppo facevano parte William S. Borroughs, Gregori Corso, Lucien Carr. La loro “cultura” preparò il terreno a quella che doveva essere la più colossale orgia di droga, alcol e sesso. Il festival è noto con il nome della località in cui avvenne:  Woodstock. Tre giorni dal 15 al 17 agosto del 1969. All’epoca la Beat Generation era ormai parte della establishment culturale ed aveva influenza nella  formazioni di   nuove tendenze, nel sorgere della cosiddetta controcultura che Theodore Roszak illustrò nel suo libro  che aveva per titolo appunto “La Nascita di una controcultura” pubblicato a New York nel 1969.

L’impulso alla ribellione incoraggiò anche la rivolta dei neri. Il Movimento delle “Pantere nere” ebbe Malcolm Little, meglio noto come Malcolm X, tra i suoi capi. Vi fu un impulso alla cultura degli afro-americani. Malcolm X nel 1969 pubblicò la sua autobiografia. Ne venne fuori uno spaccato dell’America tutt’altro che perbenista. Le donne era già allora in prima fila. Malcolm annota che le moglie degli afro cacciarono le donne bianche dalle sedi delle pantere nere perchè, dissero, con la scusa di sostenere la loro protesta facevano sesso con i  loro uomini.

Molti afro pagarono con il carcere la rivolta che non si affidava solo alle manifestazioni di piazza, anche alla pubblicazione di libri, alcuni dei quali sicuramente significativi del clima dell’epoca. Nel 1969, dalla prigione in cui era rinchiuso, Eldridge Cleaver pubblicò “Anima in ghiaccio”. Nel 1971, uscito di prigione,colui che era considerato il più prestigioso leader  del “movimento di liberazione dei neri” pubblicò “Dopo la prigione”.

Altro esponente della cultura dei neri fu George Jackson che pubblicò un toccante libro sulla condizione carceraria  di allora, specie per i neri. Di quella situazione “I fratelli di Soledad”, pubblicato nel 1971, è una testimonianza storica di tutto rilievo.

Il gruppo  della Beat Generation  erano  soprattutto provocatori, ebbero però il merito di comunicare energia alla generazione di neri che gettò  le basi di una società nella quale il colore della pelle non doveva essere una discriminante.  Purtroppo viviamo in una società in cui tutto si tiene ma poco scuote davvero le coscienze.   I fratelli soledad

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