Inconoscibilità di ciò che è noto Quanto conosciamo delle motivazioni in base alle quali conduciamo la nostra vita? Viviamo in una società conformista e reazionaria; cultura e informazione inventano una realtà declinata al femminile che non esiste. Non abbiamo il senso di ciò che effettivamente accade, condizionati da una comunicazione tanto assordante quando decettiva.
Jὔrgen Habermas ha affrontato il tema in “Agire comunicativo e logica delle scienze sociali”. Le discordanze fra positivisti e filosofi del linguaggio ordinario oscillano tra differenze ed enfasi su vari aspetti della comunicazione socio-culturale. I filosofi del linguaggio ordinario si sono dedicati soprattutto all’uso delle parole trascurando i sottointesi semantici che si evolvono spesso in modo distorto. Questo processo di riproduzione di senso non è mai neutro, esso subisce i condizionamenti della ripetitività di una comunicazione finalizzata al consenso.
Noam Chomsky in “La fabbrica del consenso” affronta il tema in modo più specifico. Entrambi gli studiosi analizzano le cause, ma non propongono soluzioni, semplicemente perché le soluzioni implicano aspetti culturali e politici la cui modificazione, ove possibile, presuppongone la modifica di equilibri politici e culturali profondi, in breve concernono il modo in cui la società di evolve.
Max Horkheim e Theodor W. Adorno in “Dialettica dell’illuminismo”, tentarono di risalire all’origine del sistema mondo com’è andato configurandosi in occidente. I due studiosi rilevano come: “ la vita pubblica ha raggiunto uno stadio dove il pensiero si trasforma inevitabilmente in merce”. La più evidente dimostrazione di questo assunto sono critica e filosofia dell’arte. Il sapere, che spesso è costituito da spurie teorie di fatto al servizio del mercato o, nella migliore delle ipotesi, della ideologia. La creatività finisce per essere consolidata in patrimonio, distribuito a fini di consumo. Uno dei bersagli di Horkheimer e Adorno è l’illuminismo giustiziato, sostengono, da Kant, Sade e Nietzsche.
Il libro, “Dialettica dell’Illuminismo” è l’archetipo di tutte le critiche della razionalità scientifica totalitaria. Max Horkheimer e Theodor Adorno non sembrano provare alcun imbarazzo a citare quello che viene considerato il campione del pensiero reazionario e tradizionalista Joseph de Maistre . “Anche secondo Bacone – scrivono- deve sussistere tra i sommi principi e le preposizioni empiriche , una connessione logica evidentemente attraverso i vari gradi di universalità”.
I due filosofi tedeschi e il conte savoiardo muovono da posizioni diverse, ma convergono nell’indicare la triade Bacone- Illuminismo- Scienza come le cause dello sfacelo della civiltà di fronte alla quale la filosofia è impotente. Hegel prende atto di questa impotenza quando, nella Fenomenologia dello spirito definisce la filosofia: “Puro stare a vedere”.
La parziale resa della ragione ha creato le condizioni perché nella contemporaneità occidentale sopravvivano due religioni, il cristianesimo, per altro annacquato, e il capitalismo. Partecipando al suo ultimo consiglio dei ministri, De Maistre, che era cancelliere come Bacone, bocciò i progetti che gli erano stati presentati esclamando: “ Signori, la terra trema e voi volete costruire!”. Era quindi inevitabile che De Maistre venisse classificato come reazionario e posto ai margini. Poco importava che avesse visto giusto un secolo prima che avvenissero i disastri ai quali oggi assistiamo.
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Lungo l’infinita strada della conoscenza.