Archives for : giugno 2015

Il fantasma della libertà.  0

L’arte, a ben vedere, nella sua esplicazione migliore, non è che la reinvenzione della realtà con pretese metonimiche. Fantasia e intelletto danno forma al pensiero. Il mito dell’artista “genio e sregolatezza”  è un pretesto per distrarre. La creatività non scaturisce dal disordine. Gran parte degli artisti appartengono alla borghesia: Kandinsky, Mondrian, Picasso, Man Ray, De Chirico, Piero Manzoni, Duchamp, l’elenco è lungo. Tutti borghesi mediamente colti e mediamente ricchi, secondo parametri  sociali, insignificanti se non per la possibilità di sbizzarrirsi  e creare la loro arte, o le loro provocazioni, per distinguersi dallo stuolo di aspiranti artisti  andato crescendo con l’avvento della modernità. Oggi gli artisti sono milioni nel mondo. Rimossi i paletti dell’estetica e della ragion sufficiente, che fungeva da filtro per  le pretese di molti, la frana “libertaria” ha data la stura al cattivo gusto, le teorie ancipiti elaborate dai cosiddetti filosofi dell’arte sono valse da giustificazione. Si è smarrito il filo d’Arianna che legava la storia dell’arte. Gli antichi usarono l’arte come riflesso della realtà, come racconto e simbolo di un divenire dialettico nello sviluppo è fruizione sociale. Nulla di tutto questo è rimasto. L’uso sofistico della filosofia  per dare alla propria ignoranza, anzi alle proprie illusioni e confusioni, la tinta di una qualche verità. Kant definiva la verità “accordo di una conoscenza con il suo oggetto”. Non pare che la cosiddetta filosofia dell’arte vada in questo senso, anzi non va da nessuna parte, si affida a tautologici truismi, in un mondo in cui la conoscenza si specifica nelle sue stereotipie. E’ molto difficile  se non  impossibile,  tentare una resistenza teorica  o tecnica, il  problema sempre più si appalesa. Anche perché, nelle Università e nelle Accademie, i giovani sono vittime di abbagli, a partire dal riferimento al linguaggio, frutto di impudenza e ignoranza. L’esperienza del soggetto matura in questo stato di cose. E’ questa la realtà  di oggi, come si presenta. Mancano gli strumenti  per infrangere l’illusione che riduce l’identità dei pensieri al pensiero dell’identità in un solipsismo culturale disarmante. La negazione che il reale è diventato il punto d’appoggio di ogni processo creativo, per questo tracima  in fatua illusione Non sarà cedere a un inganno prospettico  vedere la delineazione dell’immaginario , le cui forme non più associate al simbolico né al reale,  finiranno nella morta gora del nonsenso. E’ proprio questo il miraggio di quest’epoca in cui la sbandierata libertà non è che un fantasma che non spaventa più perché creduto reale. L’arte può riassumere il suo valore solo purgandosi da neologismi mondani  e prendendo coscienza che la cosiddetta filosofia dell’arte ha rivoltato come un guanto senso ed estetica. Ciò finisce per  situare l’esperienza a un punto in cui la negatività si autoalimenta.

Piergiorgio Firinu     aaaaaaaaaaaaaaaaanewsletter

Share This:

Decidere senza pensare  0

E’ imbarazzante rendersi conto del fatto che il procedimento di risoluzione dei problemi definito intelligente oggi per i computer , è essenzialmente lo stesso  che lo psicologo Edward L. Thorndike attribuiva agli animali nell’ultimo decennio dell’Ottocento per dimostrare che essi  non sono in grado di ragionare. Tutto ciò che fanno gli animali, argomentava Thorndike, è passare ciecamente  attraverso un certo numero di reazioni possibili, finchè non capitano su quella valida. E quanto più spesso si verifica la reazione valida, tanto più facilmente essa verrà connessa, nel cervello dell’animale, alla situazione problematica. Tale associazione non è più intelligente del comportamento dell’acqua piovana che si rovescia sempre là dove maggiore è la pendenza. Non si ha quindi il minimo intendimento. Ora, la cosa preoccupante, non è tanto il funzionamento del computer, il cui meccanismo tecnico risponde ad esigenze scientifiche e di necessità, quanto piuttosto che lo stesso comportamento si riscontra tra gli esseri umani oggi. Dalle decisioni politiche, agli abituali comportamenti sociali appare evidente che prescindono spesso da ogni forma di razionalità, si affidano ad  automatismi comportamentali. George Berkeley ha suggerito che si possa impiegare un qualunque triangolo per rappresentare tutti i possibili triangoli. Il rischio, con l’impulso massificante dei media e di tutte le forme di intrattenimento, si finisca per poter usare lo stesso metodo per gli esseri umani, ognuno dei quali risulterà identico ad ogni altro essere umano. Siamo ben oltre a 1984 di George Orwell che quando fu scritto venne indicato come appartenente alla tradizione narrativa utopistica, mentre oggi le “fantasiose” ipotesi contenute nel libro, si sono ampiamente avverate. Vale per il libro di Orwell l’affermazione di Samuel Johnson che definiva il risultato di un’astrazione come “ una quantità minore che contiene la potenza di una maggiore”. Gli strumenti di comunicazione di massa, salutati al loro sorgere come strumenti di democrazia, si sono rivelati come una forma coatta di indottrinamento  delle masse, per cui si procede come gli gnu, tutti in un’unica direzione, si tratti di teorie di genere, di orientamento politico, di comportamenti e scelte quotidiane. Ciò che appare terrificante è che non c’è consapevolezza di questo scivolamento di forme sociali degradate. Finiamo per imitare non solo comportamenti tribali primitivi, anelli al naso, tatuaggi, abbigliamento trasandato, ma rischiamo di imitare gli animali nel loro comportamento primario con la differenza che noi siamo privi dell’istinto che in qualche modo guida. Mi si permetta di citare il mio libro, pubblicato nel 1977: “La logica del quotidiano” quello che allora nel mio scritto appariva surreale oggi è il vissuto dalle masse.   aaaaaaaaaaaaaaaaaadecidere-senza-pensare

Share This:

Emozione e ragione.  0

Nella prefazione alla prima edizione della “Critica della ragion pura”, Kant scrive: “…questo lavoro di certo non è punto  all’uso del popolo…” . Ovviamente Kant non poteva immaginare che l’insorgere della retorica dei diritti,  delle pretese di genere  portassero ad abbassare il livello culturale di discenti e docenti . La cultura così detta di massa divulgata dai media crea situazioni psicosociali piuttosto spiacevoli . La libertà di pensiero con pretese di genialità  è una sorta di virus. Sull’inserto  culturale del Corriere della Sera,“Lettura”, una giornalista scrive un lungo articolo il cui titolo è “La conoscenza passa attraverso le emozioni”.  Dovremmo dunque archiviare  generazioni di filosofi,  l’elenco  dei reietti sarebbe davvero lungo,  che hanno sostenuto esattamente il contrario. L’articolo ha lo scopo di  promuove un  libro di certa Giuliana Bruno. Nella tradizione filosofica la parola esprime un concetto, o una determinazione dell’essere la cui definizione può avvenire esclusivamente tramite processo logico, come sostiene Wittgenstein,  esattamente il contrario di un atteggiamento emotivo. La ragione filtra l’emozione, per così dire la interpreta, l’emozione è un impulso  estetico, visivo, superficiale. Come ben ha scritto Kierkegaard  in “Aut-Aut, Diario di un seduttore” , nel confronto tra  personalità etica ed estetica. Scrive Kierkegaard : “…. godimento significa annullarsi nell’istante….” . L’emozione è un sentimento soggettivo, può indifferentemente includere o escludere per impulso superficiale, epidermico, qualcosa  su cui non abbiamo controllo.  E’ noto che l’atteggiamento emotivo è  soprattutto appannaggio femminile, ed infatti sono le studiose a  difendere il valore gnoseologico delle emozioni, arrivando a sostenere che la conoscenza passa attraverso le emozioni,  teoria spuria. La scienza, tesa al conseguimento di risultati precisi, non sa che farsene delle emozioni.  L’arte è l’unica “disciplina” in cui effettivamente l’emozione può avere una parte preponderante. Lo vediamo ancora una volta soprattutto sul cotè femminile, oggi predominante. Opere di body art e  una quantità di “creazioni” che ho citato in altri scritti e  non intendo qui trattare. Infine il cinema,  vera fabbrica di emozioni create attraverso la tecnica, effetti speciali, pornografia, la recitazione è residuale. Film e filmetti che la tv diffonde a getto continuo sono in larga parte prodotti a Hollywood (Babilonia) una città ad altissimo tasso di corruzione che si schiera sempre dalla parte del potere. Le uniche guerre vinte dagli USA sono quelle costruite negli studi di Hollywood. Dopo la seconda guerra mondiale conclusasi nel 1945 gli USA non hanno fatto altro che collezionare sconfitte, anche quando sembravano vittorie. In Iraq, l’intervento degli Stati Uniti ha lasciato una situazione di caos e guerra continua. Non sono fuori tema, proprio le guerre cinematografiche sono produttrici di emozioni. Gli USA  hanno perso da tempo ogni credibilità morale, ma Hollywood continua a creare eroi americani, onesti, buoni, coraggiosi, che sconfiggono i malvagi. Ogni rigagnolo di Los Angeles contiene dosi residuali di cocaina ed eroina tali che, confluendo nell’oceano, potrebbero  rendere euforiche anche le balene. Perché dunque ci commuoviamo di fronte alle menzogne con effetti speciali? Non ci affidiamo certo alla ragione, ma ci lasciamo andare all’emozione che ci rende ebeti spettatori di panzane colossali. Questo fa l’emozione. L’idea che le nuove generazioni crescano con la fantasia nutrita da finti eroi e puttane vere, non è pensiero che possa rallegrare chi non abbia rinunciato completamente alla ragione rifugiandosi nel  cinismo.   poster110

Share This:

Lessico e civiltà.  0

La grammatica generativo-trasformazionale  di Noam Chomsky ha un precedente riferimento in Aristotele, ripreso da Heidegger  in “Introduzione alla metafisica” , quando asserisce che “il logos non è autonomo ma fondato su qualcosa di originario”, cioè radicato nella dimensione che lo precede ontologicamente. Se dunque il lessico accompagna l’evoluzione umana ed ha quindi significativa incidenza antropologica, non si può escludere che possa avvenire anche l’inverso. I media, in particolare cinema e tv, trasmettono un lessico decisamente rozzo e volgare, intriso di richiami genitali. Tutto questo in quale misura incide nella complessiva involuzione di civiltà? Quali saranno la conseguenze sulle future generazioni ? E’ nota la boutade di Richelieu il quale  sosteneva:  “Ci vogliono due generazioni di vita tra persone civili prima di saper stare correttamente a tavola”.  Oggi simile boutade farà inorridire, con qualche ragione, gli antirazzisti di professione, tuttavia guardandoci attorno viene da chiederci quanto tempo dovrà trascorrere prima che si torni tutti a mangiare con le mani. Ritorneremo alle indicazioni contenute  nel libro “De civitate morum  puerilium” di Erasmo da Rotterdam,  nel quale consigliava di usare una sola mano per prendere il cibo dalla pentola, non sputare nel piatto, non toccarsi i genitali durante il pasto ed altri suggerimenti del genere, cose che a noi sembrano assurde ma evidentemente non lo erano al tempo in cui Erasmo scrisse il libro. Tra i frammenti di Archiloco c’è un verso che dice: “La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande” . Gli studiosi non si sono trovati d’accordo sull’esatta interpretazione di queste oscure parole.  Oggi con la scolarità di massa l’istruzione è diffusa mentre la cultura      è in calo, considerata non più necessaria. L’acquisizione di un più elevato livello di coscienza di sé, che si compì nel corso del Rinascimento, è andato degradando con la modernità. Vi è notevole contraddizione  tra la tecnologia, che implica precisione funzionale, e la casualità improvvida dei comportamenti quotidiani. Prevale l’aspetto irrazionale che concede ampio spazio all’emotività con la motivazione che il mondo tecnologico contrasta con la prassi dei rapporti umani. Così finisce per prevalere il motto che Rabelais immagina posto sul frontone d’ingresso dell’Abazia di Teleme: “ Fa ciò che vuoi”. Siamo vicini al nocciolo delle peculiarità strutturali individuali che presiedono all’esperienza, la quale non è più vista come un percorso in qualche modo obbligato, legato alla crescita umana, ma come  stimolo ludico, ricerca di evasione. Tutto ciò si riflette ampiamente nel linguaggio dell’arte che ha abbandonato la traccia di conoscenza tecnica e culturale per affidarsi all’estemporaneo impulso provocatorio. La modernità ha confermato che gli esseri umani non sanno rinunciare ai miti, ne creano continuamente, in particolare di personaggi “trasgressivi” . Da quando Roland Barthes nel 1957 scrisse “Miti d’oggi” la realtà ha superato le più pessimistiche previsioni. La popolarità di un personaggio oggi si giudica dal numero di follower  sui  network. Lady Gaga pare abbia 43 milioni di follower, supera il Papa ed ogni altro personaggio. La cultura vera  non ha molto seguito. Incide su mentalità e comportamenti correnti  la squallida filmografia Made in Hollywood. La fine della nostra specie non sarebbe  una tragedia,  forse permetterà di  salvare  flora e fauna ormai residuali sul pianeta Terra..     aaaaaaaaaaaaaaaRocker-punk-1968

Share This: