L’arte, a ben vedere, nella sua esplicazione migliore, non è che la reinvenzione della realtà con pretese metonimiche. Fantasia e intelletto danno forma al pensiero. Il mito dell’artista “genio e sregolatezza” è un pretesto per distrarre. La creatività non scaturisce dal disordine. Gran parte degli artisti appartengono alla borghesia: Kandinsky, Mondrian, Picasso, Man Ray, De Chirico, Piero Manzoni, Duchamp, l’elenco è lungo. Tutti borghesi mediamente colti e mediamente ricchi, secondo parametri sociali, insignificanti se non per la possibilità di sbizzarrirsi e creare la loro arte, o le loro provocazioni, per distinguersi dallo stuolo di aspiranti artisti andato crescendo con l’avvento della modernità. Oggi gli artisti sono milioni nel mondo. Rimossi i paletti dell’estetica e della ragion sufficiente, che fungeva da filtro per le pretese di molti, la frana “libertaria” ha data la stura al cattivo gusto, le teorie ancipiti elaborate dai cosiddetti filosofi dell’arte sono valse da giustificazione. Si è smarrito il filo d’Arianna che legava la storia dell’arte. Gli antichi usarono l’arte come riflesso della realtà, come racconto e simbolo di un divenire dialettico nello sviluppo è fruizione sociale. Nulla di tutto questo è rimasto. L’uso sofistico della filosofia per dare alla propria ignoranza, anzi alle proprie illusioni e confusioni, la tinta di una qualche verità. Kant definiva la verità “accordo di una conoscenza con il suo oggetto”. Non pare che la cosiddetta filosofia dell’arte vada in questo senso, anzi non va da nessuna parte, si affida a tautologici truismi, in un mondo in cui la conoscenza si specifica nelle sue stereotipie. E’ molto difficile se non impossibile, tentare una resistenza teorica o tecnica, il problema sempre più si appalesa. Anche perché, nelle Università e nelle Accademie, i giovani sono vittime di abbagli, a partire dal riferimento al linguaggio, frutto di impudenza e ignoranza. L’esperienza del soggetto matura in questo stato di cose. E’ questa la realtà di oggi, come si presenta. Mancano gli strumenti per infrangere l’illusione che riduce l’identità dei pensieri al pensiero dell’identità in un solipsismo culturale disarmante. La negazione che il reale è diventato il punto d’appoggio di ogni processo creativo, per questo tracima in fatua illusione Non sarà cedere a un inganno prospettico vedere la delineazione dell’immaginario , le cui forme non più associate al simbolico né al reale, finiranno nella morta gora del nonsenso. E’ proprio questo il miraggio di quest’epoca in cui la sbandierata libertà non è che un fantasma che non spaventa più perché creduto reale. L’arte può riassumere il suo valore solo purgandosi da neologismi mondani e prendendo coscienza che la cosiddetta filosofia dell’arte ha rivoltato come un guanto senso ed estetica. Ciò finisce per situare l’esperienza a un punto in cui la negatività si autoalimenta.
Piergiorgio Firinu
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