Nella prefazione alla prima edizione della “Critica della ragion pura”, Kant scrive: “…questo lavoro di certo non è punto all’uso del popolo…” . Ovviamente Kant non poteva immaginare che l’insorgere della retorica dei diritti, delle pretese di genere portassero ad abbassare il livello culturale di discenti e docenti . La cultura così detta di massa divulgata dai media crea situazioni psicosociali piuttosto spiacevoli . La libertà di pensiero con pretese di genialità è una sorta di virus. Sull’inserto culturale del Corriere della Sera,“Lettura”, una giornalista scrive un lungo articolo il cui titolo è “La conoscenza passa attraverso le emozioni”. Dovremmo dunque archiviare generazioni di filosofi, l’elenco dei reietti sarebbe davvero lungo, che hanno sostenuto esattamente il contrario. L’articolo ha lo scopo di promuove un libro di certa Giuliana Bruno. Nella tradizione filosofica la parola esprime un concetto, o una determinazione dell’essere la cui definizione può avvenire esclusivamente tramite processo logico, come sostiene Wittgenstein, esattamente il contrario di un atteggiamento emotivo. La ragione filtra l’emozione, per così dire la interpreta, l’emozione è un impulso estetico, visivo, superficiale. Come ben ha scritto Kierkegaard in “Aut-Aut, Diario di un seduttore” , nel confronto tra personalità etica ed estetica. Scrive Kierkegaard : “…. godimento significa annullarsi nell’istante….” . L’emozione è un sentimento soggettivo, può indifferentemente includere o escludere per impulso superficiale, epidermico, qualcosa su cui non abbiamo controllo. E’ noto che l’atteggiamento emotivo è soprattutto appannaggio femminile, ed infatti sono le studiose a difendere il valore gnoseologico delle emozioni, arrivando a sostenere che la conoscenza passa attraverso le emozioni, teoria spuria. La scienza, tesa al conseguimento di risultati precisi, non sa che farsene delle emozioni. L’arte è l’unica “disciplina” in cui effettivamente l’emozione può avere una parte preponderante. Lo vediamo ancora una volta soprattutto sul cotè femminile, oggi predominante. Opere di body art e una quantità di “creazioni” che ho citato in altri scritti e non intendo qui trattare. Infine il cinema, vera fabbrica di emozioni create attraverso la tecnica, effetti speciali, pornografia, la recitazione è residuale. Film e filmetti che la tv diffonde a getto continuo sono in larga parte prodotti a Hollywood (Babilonia) una città ad altissimo tasso di corruzione che si schiera sempre dalla parte del potere. Le uniche guerre vinte dagli USA sono quelle costruite negli studi di Hollywood. Dopo la seconda guerra mondiale conclusasi nel 1945 gli USA non hanno fatto altro che collezionare sconfitte, anche quando sembravano vittorie. In Iraq, l’intervento degli Stati Uniti ha lasciato una situazione di caos e guerra continua. Non sono fuori tema, proprio le guerre cinematografiche sono produttrici di emozioni. Gli USA hanno perso da tempo ogni credibilità morale, ma Hollywood continua a creare eroi americani, onesti, buoni, coraggiosi, che sconfiggono i malvagi. Ogni rigagnolo di Los Angeles contiene dosi residuali di cocaina ed eroina tali che, confluendo nell’oceano, potrebbero rendere euforiche anche le balene. Perché dunque ci commuoviamo di fronte alle menzogne con effetti speciali? Non ci affidiamo certo alla ragione, ma ci lasciamo andare all’emozione che ci rende ebeti spettatori di panzane colossali. Questo fa l’emozione. L’idea che le nuove generazioni crescano con la fantasia nutrita da finti eroi e puttane vere, non è pensiero che possa rallegrare chi non abbia rinunciato completamente alla ragione rifugiandosi nel cinismo.
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