Archives for : novembre 2024

Il gatto di Eliot.  0

T.S.Eliot afferma che ogni gatto ha tre nomi: il primo quello con cui viene abitualmente chiamato, il secondo , più particolare , quello con cui viene distinto dagli altri, il terzo quello che solo il gatto conosce. Tale è la distinzione articolata di significato e realtà. Nominare una cosa, non significa  averne descritta l’essenza reale.

Quando Searle sostiene che dobbiamo guardare le cose per come sono, fa una affermazione priva di senso, perché presume che l’aspetto delle cose basti a rendere possibile la loro comprensione. Un opera d’arte è soggetta a vari livelli di comprensione e diversi percorsi di lettura, per questo è reso necessario il processo ermeneutico. Il simbolo serve a contrassegnare  l’indicibilità e intraducibilità dell’esperienza estetica.

Ciò che vediamo e conosciamo tentiamo di descriverlo con la parola, è questo che conferisce  dignità alla parola stessa, essa sola non rivela nulla ,ma conferma la rilevazione, a fissa in un significato che diventa fruibile, condivisibile. Dare un nome significa in qualche modo prendere possesso della cosa nominata. Gli schiavi romani non avevano un nome perché non gli era riconosciuta personalità giuridica.

Solo quando si è separato il suono dal significato, si è costituita la sfera del senso linguistico in quanto tale. La scrittura come l’arte appartiene in origine alla sfera magica. Essa serve ad acquisire il potere che deriva dal nominare e definire una cosa, mentre l’illusionismo dell’arte si affida alla rappresentazione.

Giambattista Vico considerato il fondatore della moderna filosofia del linguaggio, e quindi anche il fondatore di una filosofia della mitologia completamente nuova. La mitologia è il simbolo che diventa storia.

Il mito affonda le sue radici nella oscurità dei tempi, quando la paura dominava l’umanità di cui è rimasta traccia in certi popoli primitivi dei quali si racconta che quando vedevano un arcobaleno tremavano e si nascondevano perché la ritenevano una rete tesa da un potente stregone per catturare le loro ombre.

L’arte esprime anche una simbologia politica. Pare sia stato Panofsky il primo a rilevare la relazione tra lo stile Gotico e la riforma prendendo spunto dalla gerarchia del metodo scolastico, e quindi ambedue con l’ordine sociopolitico incarnato nell’Ile-de-France intorno alla monarchia capetingia.

Nell’arte contemporanea l’oggettivazione formale,spesso scade nel triviale, è stato reso improponibile ogni riferimento simbolico come ogni richiamo al mito, in breve tutto ciò che conferiva significato all’arte.

pessimismo -500

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L’azzardo del futuro.  0

Presunzione e ignoranza dei vertici delle istituzioni hanno ricadute negative sui discorsi del futuro, fatti da chi non capisce il presente. Natura e storia hanno tempi diversi, molto più lunghi dell’agire della politica, al di là delle avventate profezie.

Di certo non è facile prevedere le conseguenze sulla società alla luce dei radicali rivolgimenti avvenuti negli ultimi 30 anni. Quando nell’antichità i primi filosofi hanno posto temi, che poi sono stati elaborati dalla filosofia sviluppata nei successivi 2500 anni, la situazione dell’umanità a quell’epoca era molto più semplice, vi era maggiore povertà, guerre e scarse cure della salute.

Il dibattito filosofica verteva sugli assoluti. Parmenide sviluppo la sua filosofia con acuta e astratta razionalità. Nella sua straordinaria sua opera, scritta in versi, una scelta forse meno eccentrica di quanto sarebbe oggi ma non per questo meno originale.

Alcuni dei problemi filosofici affrontati da Parmenide sono stati ripresi da altri filosofi.  Lo stesso Platone affrontò temi trattati da Parmenide nella sua filosofia. Ad esempio il discorso falso. Pensare e indubbiamente pensare qualcosa pensare nulla significa non pensare affatto. Se però quel qualcosa che viene pensato è un falso il pensiero,il discorso falso non possono essere privi di senso. Che relazione ha allora con la realtà il discorso che ha un significato ma non è vero?

Per molti aspetti è lo stesso insieme di questioni si è ripresentato in forme sempre più raffinate fino ai giorni nostri. Nel Tractatus Ludwig Wittgenstein, un lavoro metafisico paragonabile per ardimento e astrattezza a quello di Parmenide,prende le mosse da una domanda che implica la preposizione inversa del principio a parmenideo: come possiamo dire ciò che non è?

Le cose del mondo naturale che gli amanti dell’esperienza sensibile considerano l’unica realtà Contrariamente ai filosofi che sono alla ricerca della verità.

Anche  Martin Heidegger affrontò il problema del tempo nel libro “Essere e tempo”, riprendendo la traccia di Parmenide e sviluppando un proprio discorso con concetti molto elaborati

Uno degli allievi di Parnenide,forse il più noto, fu  Zenone, il quale elaborò una serie di paradossi relativi al movimento. Celebri  quello della tartaruga e della freccia, che qui non è il caso di affrontare.

Fino agli anni ’90 del secolo scorso, la creazione di realtà virtuali era affidata a pittura, teatro,cinema, erano elaborazioni semplici facilmente distinguibili dal mondo reale. Oggi con la realtà virtuale creata dall’intelligenza artificiale, ascoltiamo e vediamo immagine create virtualmente che appaiono del tutto reali. Tutto ciò finisce  di ridurre arte e teatro obsoleti strumenti di rozze rappresentazioni, residui del passato. Anche le cosiddette provocazioni, di carattere blasfemo o sessuali, hanno perso ogni significato di fronte alla totale libertà sessuale e generalizzato ateismo.

Parmenide nutriva  una pessima opinione degli umani Come Nietzsche 2400 anni dopo. Li considerava ignoranti, parlava di balorde schiere di insensati ai cui occhi’essere di non essere appare insignificante quesito, mentre sono totalmente assorbiti qui e ora, immersi in una realtà che non capiscono. In questo senso in 2500 anni non è cambiato nulla.

 

 

 

Ignoranza

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L’intuizione di Platone.  0

Arte e filosofia, due visioni della realtà tra fantasia e ragione. L’Eredità lasciata dalla Grecia alla filosofia occidentale è la filosofia occidentale. E’ quanto scrive Bernard Williams nel Libro “Il senso del passato” . Nella scienza i greci hanno imboccato certe vie lungo le quali i Moderni hanno proseguito in progressi.

Nelle arti  i greci hanno lasciato opere meravigliose ma poca filosofia  e ancor meno critica per la ragione che gli artisti greci erano considerati alla stregua di demiurghi, vale a dire artigiani. Il paradosso che ci sono opere meravigliose delle quali non conosciamo l’autore. Esattamente l’opposto di oggi in cui opere, diciamo poco significative vedono celebrarti i loro autori.

La realizzazione di costruzioni architettoniche, opere all’interno delle quali in epoca successiva avrebbero guardato quanto più quanto meno come a modelli di perfezione.

Nella filosofia i greci hanno aperto quasi tutti i grandi campi ,metafisica, logica, filosofia del linguaggio, teoria della conoscenza, etica, filosofia politica, in misura assai minore, abbiamo già detto, filosofia dell’arte.

Non solo hanno inaugurato questi campi di ricerca, ma li hanno man mano definiti, molti di quelli che ancora oggi riconosciamo come problemi fondamentali di quei campi li dobbiamo a filosofi greci.

Tra gli artefici di questi progressi due filosofi Platone e Aristotele. Da chiunque nel mondo occidentale  conosca o studi filosofia, sono sempre stati considerati i più grandi per il genio filosofico e per ampiezza di concezione il loro influsso. Dante definì Aristotele: maestro di coloro che sanno.

Platone esprime le sue perplessità sull’arte perché intuisce che, l’immaginifica creatività che,  base dell’arte, si presta a depravazioni estetiche. Così è puntualmente è accaduto. Inoltre  l’esaltazione antropologica che l’arte suggerisce finisce per tradursi in un ulteriore aspetto negativo.

L’arte, avendo privilegiata la scelta di libertà, si è sottratta al determinismo che regola l’ambito fenomenologico. La distruzione delle regole a cui si richiama Kant. Agli occhi di Schopenhauer,e del primo Nietzsche,si attua la riduzione della morale a estetica.

La pittura, come dice la parola stessa, è pur sempre un fare. Dunque, al di là delle teorie più o meno credibili, vale per il singolo artista l’affermazione di Goethe: “ Quello che so lo può sapere chiunque,ma il mio cuore è soltanto mio”.

E’ questo che conferisce all’artista la capacità d’incidere sulla realtà, di creare o distruggere. Nietzsche accusava Euripide di aver distrutto la tragedia con la ragione. Euripide controbatte che per essere liberi andiamo contro natura e logica. Hegel, a questo proposito, ha accordata la benedizione dell’Alto del concetto quello storico, della religione,e artistico.

Nella religione estetica, gli artisti che  conoscono l’onore degli altari sfuggono il destino generale, sparire più o meno senza essere celebrati. Se non esistesse ancora in molti di essi la facoltà di partecipare positivamente alla trasfigurazione degli altri grandi, l’ottuso bom mot di Andy Warhol sui 15 minuti di gloria per tutti, descriverebbe effettivamente l’orizzonte ultimo di un’attività di civilizzazione nella quale più di qualsiasi moneta la fama viene svalutata dall’inflazione.

 

Giorgione_I_tre_Filosofi-500

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Identità è linguaggio.  0

L’ampliamento della nostra conoscenza può avvenire solo grazie al sapere pregresso, ovvero in base al pregiudizio che ci siamo creato. Gadamer sostiene che il processo di formazione mediante il quale una tradizione viene trasformata in processi individuali di apprendimento e assimilata tramite il linguaggio, egli attraverso un complesso procedimento di analisi storico –sociale, ha derivata la riabilitazione del pregiudizio.

La conoscenza può elevarsi a riflessione e rendere trasparente la cornice normativa in cui si sviluppa. L’ impegno ermeneutico fa emergere allo stato di coscienza ciò che nella pratica del comprendere è già sempre storicamente pre- strutturato dalla tradizione, che non è un processo che noi dominiamo, ma il linguaggio tramandato in cui viviamo.

Negli ultimi 80 anni, complice  l’enorme sviluppo dei mezzi di comunicazione, si è provocata la deformazione del linguaggio. I social media  hanno reso obsoleto il testo fondamentale di Marshall MacLuhan : “gli strumenti del comunicare” (1964).

Anche nei processi di creazione artistica, si compie un’autentica integrazione, del potenziale di significato, vincolato  simbolicamente è recuperato nell’atto creativo è reso forma. Questa trasposizione di contenuti semantici estende l’ambito della comunicazione e contribuisce al momento di emancipazione creativa. Le avanguardie hanno preteso di azzerare l’epistemologia dell’arte, cancellare un linguaggio strutturato  e affidarsi  all’agire estemporaneo, istintivo. Questa non può configurarsi come creazione, al più, è un’attività ludica.

In questo processo disgregativo l’arte ha dissolto il proprio linguaggio. Secondo Wittgenstein : la perdita di un linguaggio significa  la perdita di un mondo. Così, l’estraniazione semantica, finisce per ridurre il linguaggio dell’arte,in gergo, processo che, sul piano socio psicologico, si traduce in perdita d’identità.

La critica procede in una narrazione eristica dell’arte nella presunzione di immaginare il senso delle opere che esamina, in realtà, spesso, è essa stessa a creare significati e motivazioni estranee

alle intenzioni dell’artista che soggiace alla pluralità di suggestioni che il critico sembra suggerire.

Gli artisti  hanno fatto un balzo nel vuoto azzerando l’epistemologia dell’arte, a prescindere dalla esaltazione critica di cui hanno fruito, essi hanno gettato le basi del triste presente artistico che viviamo

 

 

 

Immagine :

Gramhan Sutherland. Senza titolo.Granhan Sutherland. Senza titolo.

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