Non è sostenibile la tesi secondo cui esistono diverse realtà nell’esistenza di ciascuno di noi, privato, pubblico, professionale. Sembra più che altro un espediente retorico che porta alla frammentazione sociale. Diciamo piuttosto che gli umani fanno pace con le proprie colpevoli abitudini. “Le vite” del Vasari descrivono i dettagli della vita dei singoli artisti. Le loro vite incidono sulla loro arte.
Oggi è diventato tutto molto più difficile, attraverso la tecnologia siamo soggetti al furto dell’essere. Gradatamente rinunciamo al pensiero pensante per adagiarci sull’adeguamento alla funzionalità dello strumento che usiamo, inconsapevoli di essere prigionieri in una formalità operativa che condiziona il nostro agire. Il cedimento alla tecnologia ci porta all’aridità creativa.
Cosa ne è stato della filosofia che da Talete in poi ha formato il pensiero della civiltà occidentale? Iniziamo a capire cosa significa il fatto che le evidenze europee, insieme alle loro regole linguistiche, antropologiche, filosofiche, giudiziarie, valgono solo per l’’Occidente e non riflettono affatto il common sense dell’intera umanità.
Amiel ha collegato questo ritrarsi del pensiero occidentale al vuoto che si è venuto a crearsi per la rapidità con la quale è mutato il nostro mondo e la società. Siamo afflitti da cronofagia. L’attuazione di un opera d’arte che un tempo richiedeva mesi, anni, oggi, adottando le modalità della tecnologia, è pressoché istantanea. Ma il corpo umano è soggetto a propri tempi, il ciclo circadiano detta le proprie regole, la rapida modifica dei ritmi di vita non è senza conseguenze sull’intelletto e sul corpo. La nostra vita scorre suscitando nostalgia del mondo che non sappiamo più vedere, capita che la memoria ci metta di fronte al panorama di ciò che andato perduto. A poco serve una cultura velleitaria che tenta di fermare i rivoli di un esistenza che si disperde in suggestioni estemporanee. L’intelligenza solipsistica può esistere solo frammentando gli spazzi privati in una dilatazione di senso che includa esclusivamente forme di evasione dal pensiero consapevole. Il percorso della dissoluzione della ragione accompagna la decrescita e declino della civiltà.
Martin Lutero nel testo “Contro i profeti celesti”,scrive: “La ragione è la più grande delle puttane del diavolo, bisognerebbe metterla sotto i piedi e distruggerla”. Ci sarebbe quindi da supporre che la filosofia, principale frutto del pensiero raziocinante e immaginifico, sia esercizio vano. La volontà di Schopenhauer, ansia di potenza di Nietzsche, lo slancio vitale di Bergson, i flussi di Deleuze, sono tutti esercizi mentali che non approdano a nulla se non, qualche volta, alla pazzia.
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