Archives for : aprile 2025

Consumi compulsivi e arte-ecologica.  0

Il percorso creativo degli Artisti Eco-Green si è arenato in California. Incendi e alluvioni che hanno devastata la regione hanno indotto a riflessioni sulla effettiva possibilità di salvare il pianeta.

Al di là di azioni artistiche provocatorie, un’attenta valutazione della situazione attuale fa emergere la realtà di un sistema economico globale prigioniero di una serie di  contraddizioni.

Mentre da un lato vi è l’assillo dell’inquinamento delle automobile, specie in Europa, dove sembra essersi scatenata una sorta di isteria green che arriva a chiedere l’abbattimento dei  bovini  e suggerire di nutrirci di grilli e carne sintetica, d’altro lato non solo si trascurano ben più gravi forme d’inquinamento, ma sollecitando il consumo si aumentano le occasioni di danni all’eco sistema.

Consideriamo che solo negli Stati Uniti esistono ben 1.200 società televisive le quali  devono la loro  sopravvivenza  alla pubblicità il cui scopo è stimolare il consumo, soprattutto consumi superflui,  che causano inquinamento ambientale.

Il consumo di cosmetici ad esempio, negli  USA ammonta a 34 miliardi all’anno. In Italia, tenuto conto del numero di abitanti, la spesa è maggiore, ammonta infatti a 15 miliardi.

Nel 2022 in Italia ci sono stati 56.624  decolli aerei di trasporto passeggeri privati, 262.000 in un solo giorno in tutto il mondo, inutile sottolineare l’imponente inquinamento che lo scarico degli aerei provoca.

Di fronte a questa realtà, l’arte eco-green appare una puntura di spillo con scarsa  possibilità di indurre al contenimento dei consumi, soprattutto sul còtè femminile, anche perché l’ eco – arte comprende una ridotta frangia di artisti, poca cosa  rispetto alla grandissima maggioranza che realizza arte il cui unico riferimento è il mercato, cioè semplice oggetto di consumo. La scelta  è ampia, dai nani da giardino al porno.

Forse sarebbe necessaria, una propedeutica ecologia della mente, come suggeriva il libro di Gregory Bateson  “ Verso un ecologia della mente” pubblicato nel lontano 1972 epoca nella quale sembrava ancora possibile mantenere  la civiltà nell’alveo dell’umano sentire.

Si è scelto di lasciare spazio all’egoismo individuale, in questo modo si è caduti nella trappola della libertà di consumo, che è l’opposto del concetto di vera libertà. Siamo finiti succubi di consumi superflui, se non nocivi, che hanno inciso anche sui rapporti personali. “Si aggrediscono e si amano come si ama il cibo: per consumarsi”.(Agostino, Confessioni).

Sono stati accantonati i sogni e la fantasia, l’arte, rinunciando all’esperienza creativa in cui la mente cosciente ha solo una piccola parte.

Piccoli pale3stinesi

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Esibizione di ciò che non esiste.  0

La società contemporanea è stata definita in molti modi, ma forse nessuna definizione è calzante come la civiltà dello sguardo, dell’apparenza. La comunicazione, cinema, tv, internet, un rutilante circo di rumori, informazioni, immagini. Giovani e meno giovani, hanno nelle orecchie apparecchi che trasmettono musica, quando non parlano al telefono camminando in luoghi affollati. La domanda che ci si dovrebbe porre è : resta il tempo per pensare? Resiste la propensione a pensare?

Rumori e immagini. La fotografia, medium bizzarro, nuova forma di allucinazione: falsa il livello della percezione vera, a livello del tempo. Evoluta in forme nelle quali il passaggio alla realtà alla virtualità avviene senza soluzione di continuità. L’ingenuo trompe- l’oeil della pittura,  con l’avvento della tecnica è diventato evidenza inconfutabile. Quando Bush volle invadere l’Iraq, mandò il segretario di Stato all’UN ad esibire filmati, fotografie, per provare ciò che nella realtà non esisteva. I miti di oggi sono alimentati dalle visioni, che  tv e cinema riversano nelle nostre case. Tutti noi ci abituiamo all’inganno, la società dell’apparenza. L’esibizione di ciò che non esiste assume a tratti forme di crudeltà. La maggior parte delle persone vivono in case anguste, in zone non esattamente paradisiache, mentre i personaggi della tv, i protagonisti di spot, vivono in luoghi di sogno, in giardini e paesaggi incantevoli. L’inganno è prassi, abituale forma di comunicazione,  strumento di convinzione, viene usato non solo dalla pubblicità allo scopo di vedere oggetti e sogni impossibili, anche la politica ricorre all’inganno, alla persuasione ingannevole. Lo sport è più visto che praticato, così come il sesso. Si piange e si ride per interposta persona, i personaggi della tv e del cinema vivono per noi emozioni che a noi, comuni mortali, sono interdette. E’ smentito Leibniz che affermava: non si possono applicare allo stesso tempo due predicati contradditori. Ciò che avviene sulla scena ha connotati di realtà, assistiamo a scene di  sesso, ad omicidi, folli corse in  automobili, tutto appare reale, nulla è reale. La vittima si rialza pronta per un’altra scena di morte o di sesso, per nulla coinvolta. L’assassino, nella prossima recita, sarà un prete buono, la prostituta una mamma dedita ai figli. Pur sapendo tutto questo noi spettatori ci lasciamo coinvolgere. Mentre guardiamo, spesso con indifferenza, le penose scene che invadono la realtà quotidiana, ci commuoviamo fino alla lacrime nella finzione. E’ nota la barzelletta del bifolco che sale inferocito sulla scena per strappare Desdemona dalle mani del nero che vuole ucciderla. Rumori e finzioni, anche se non ne siamo consapevoli, incidono sulla  nostra percezione della realtà con conseguenze non prevedibili, ma  certo non positive.Minica-Zawadzki-500

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Provocare per produrre  0

Sulla questione della tecnica, Heidegger nel 1933 era giunto a conclusioni chiarissime. La scienza “ deifica le cose in oggetti e falsifica l’Essere”. La filosofia greca collega i termini che designano “il potersi ritrovare in qualcosa, e il potersi riconoscere in essa”. La tecnica, nel mondo antico, non fabbrica, ma disvela, conducendo le cose verso il compimento della loro pienezza. La tecnica del mondo moderno ha caratteristiche opposte: è violenza esercitata sull’Essere  dell’esistente, una violenza  che “provoca per produrre”, che oscura il mondo invece che risvegliarlo. L’uomo moderno è un essere “insurrezionale”: nell’uccisione di dio trovano il loro compimento la metafisica e la presa del potere da parte della tecnica. Oppressione, sfruttamento, disumanizzazione, non dipendono dall’organizzazione della società, dall’uso della scienza e delle tecnica, dalla proprietà dei mezzi di produzione, dalla gerarchia dei valori che nasce sulla base dei rapporti fra gli uomini, ma sono irrimediabilmente connessi all’impresa, diabolica e prometeica, di una conquista e di un assoggettamento del mondo naturale. Nel libro “Eclissi della ragione”  pubblicato da  Horheimer, nel 1947, a proposito del dominio della natura,le conclusioni sono le stesse. “Nel dominio della natura  – scrive il sociologo di Francoforte – è incluso il dominio dell’uomo”. D’altro lato, la scienza moderna si identifica  con una forma di imperialismo, nasce  e si sviluppa da un empio desiderio di dominio, i suoi metodi e le sue categorie scaturiscono dalla insaziabilità della specie umana, sono i prodotti della lotta dell’uomo contro l’uomo, della volontà sopraffattrice: “ La natura è oggetto di uno sfruttamento totale, la sete di potere dell’uomo è insaziabile. Il dominio della razza umana sulla terra non trova paralleli in nessun’altra epoca storica. Non a caso la distruzione dell’ecosistema ha raggiunto livelli impensabili. Non serve a porre un argine alla sterile felicità di conoscere giudicata lasciva da Bacone come da Lutero.Il motto della scienza moderna, il baconiano “sapere è potere” si è rivelato inadeguato. L’agire razionale significa disincanto del mondo, ma non offre soluzioni, come sosteneva Lowith alla incontenibile bramosia umana. Da cosa dipende l’assenza di valori, la mancata interrogazione sul significato dei valori. Per Kosik non ci sono dubbi: le cause non sono solo.  nella società e nei rapporti sociali, ma nella “efficacia” e nella “utilità”, nel processo puramente intellettuale della scienza che trasforma l’uomo in una unità astratta, nella pretesa dell’uomo di comprender se stesso astraendo dalla propria soggettività, nella materializzazione, nella quantificazione, nella ragione quale fu concepita da Bacone, da Cartesio, da Galilei e dagli autori dell’Encyclopédie, in questo processo alienante l’arte è partecipe. Quello che oggi viene definito “relativismo morale, ha radici lontane nel tempo.

 

Simulation de l'affiche du spectacle "Bosch, Brueghel, Arcimbold

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Quando la storia prende forma  0

Quando la storia prende forma, le arti e l’interpretazione dei classici giocano un ruolo decisivo  nella costruzione del pensiero sociale. Non solo gli storici della scienza, ma anche gli storici dell’arte, Berenson per esempio, ha riconosciuto che i pittori fiorentini hanno una parte nella storia sociale e nella scienza occidentale. Questo è stato vero fintanto che l’ideologia non è diventata l’ispiratrice di molta arte a partire dalla fine dell’800. Paul Hazard aveva già anticipata la tendenza in atto con il saggio “ “La crisi della coscienza europea”. Le distinzioni fra nazioni, fra momenti diversi dell’evoluzione storica formano lo spirito del tempo e danno significati a riferimenti a tradizioni, a quelli che chiamiamo valori. Per cultura del tempo s’intende il pensiero collettivo dominante. Tuttavia il progresso non avviene per il contributo uniforme, ma per la genialità di alcuni individui dotati di capacità di mettere al posto giusto, come in un  puzzle le varie conoscenze. Scriveva Houston Steward Chamberlain “ …..negli abissi marini dove non filtra la luce, esistono pesci che rischiarano elettricamente quel mondo oscuro; alla stessa stregua, la buia notte della nostra conoscenza è illuminata dalla luce del genio…”. Diceva Wainewright “Nel campo dell’arte ciò che è degno di essere fatto, deve essere fatto bene”. Tra le opere di William Blake, una delle più belle è “Canti dell’innocenza e dell’esperienza”. In cui esprime in forma sublime la tensione verso ciò che dovrebbe essere l’aspirazione di ogni artista: rappresentare ciò che il linguaggio ordinario non riesce ad esprimere. Un ideale è tale perché non alla portata delle nostre normali possibilità. Lo sapevano  Alain Charter, Ronsard, Keats, Shelly, gli elisabettiani, Chaucer, Chapman, come il grande poeta italiano Petrarca. Sembra che oggi la bellezza, essendo realizzabile con strumenti tecnici nella sua forma esteriore, sia  aborrita dagli artisti. Prevale la tesi che ciò che è brutto è significante, ciò che è bello è banale.    Leonardo

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