Sulla questione della tecnica, Heidegger nel 1933 era giunto a conclusioni chiarissime. La scienza “ deifica le cose in oggetti e falsifica l’Essere”. La filosofia greca collega i termini che designano “il potersi ritrovare in qualcosa, e il potersi riconoscere in essa”. La tecnica, nel mondo antico, non fabbrica, ma disvela, conducendo le cose verso il compimento della loro pienezza. La tecnica del mondo moderno ha caratteristiche opposte: è violenza esercitata sull’Essere dell’esistente, una violenza che “provoca per produrre”, che oscura il mondo invece che risvegliarlo. L’uomo moderno è un essere “insurrezionale”: nell’uccisione di dio trovano il loro compimento la metafisica e la presa del potere da parte della tecnica. Oppressione, sfruttamento, disumanizzazione, non dipendono dall’organizzazione della società, dall’uso della scienza e delle tecnica, dalla proprietà dei mezzi di produzione, dalla gerarchia dei valori che nasce sulla base dei rapporti fra gli uomini, ma sono irrimediabilmente connessi all’impresa, diabolica e prometeica, di una conquista e di un assoggettamento del mondo naturale. Nel libro “Eclissi della ragione” pubblicato da Horheimer, nel 1947, a proposito del dominio della natura,le conclusioni sono le stesse. “Nel dominio della natura – scrive il sociologo di Francoforte – è incluso il dominio dell’uomo”. D’altro lato, la scienza moderna si identifica con una forma di imperialismo, nasce e si sviluppa da un empio desiderio di dominio, i suoi metodi e le sue categorie scaturiscono dalla insaziabilità della specie umana, sono i prodotti della lotta dell’uomo contro l’uomo, della volontà sopraffattrice: “ La natura è oggetto di uno sfruttamento totale, la sete di potere dell’uomo è insaziabile. Il dominio della razza umana sulla terra non trova paralleli in nessun’altra epoca storica. Non a caso la distruzione dell’ecosistema ha raggiunto livelli impensabili. Non serve a porre un argine alla sterile felicità di conoscere giudicata lasciva da Bacone come da Lutero.Il motto della scienza moderna, il baconiano “sapere è potere” si è rivelato inadeguato. L’agire razionale significa disincanto del mondo, ma non offre soluzioni, come sosteneva Lowith alla incontenibile bramosia umana. Da cosa dipende l’assenza di valori, la mancata interrogazione sul significato dei valori. Per Kosik non ci sono dubbi: le cause non sono solo. nella società e nei rapporti sociali, ma nella “efficacia” e nella “utilità”, nel processo puramente intellettuale della scienza che trasforma l’uomo in una unità astratta, nella pretesa dell’uomo di comprender se stesso astraendo dalla propria soggettività, nella materializzazione, nella quantificazione, nella ragione quale fu concepita da Bacone, da Cartesio, da Galilei e dagli autori dell’Encyclopédie, in questo processo alienante l’arte è partecipe. Quello che oggi viene definito “relativismo morale, ha radici lontane nel tempo.