Archives for : settembre 2020

L’arte della natura, la natura dell’arte.  0

L’artista deve produrre uno strumento di autoformazione che possa utilizzare per realizzare la propria opera. I generi e la specie dell’arte non si comportano diversamente dalle cose della natura anche se hanno come questa la  loro imputabilità,  costanza e forma specifica, la loro specifica determinazione alla quale non si può aggiungere né togliere nulla.  Non è dunque l’esteta il legislatore dell’arte, allo stesso modo che il matematico e il fisico non sono i legislatori della natura, non comandano nè stabiliscono leggi, ma prendono atto  soltanto di ciò che è, mentre cercano di scoprire nuove leggi che la natura non rivela facilmente. Nell’arte non esistono barriere, l’artista non si lega ne lo si obbliga ad attenersi soltanto a taluni aspetti della realtà. La libertà artistica come tutte le libertà nasce dal controllo e dall’uso della ragione intuitiva. I generi dell’arte non sono determinati da limiti, ogni oggetto può essere infatti rappresentato. Come diceva Aristotele l’arte rende bello anche il brutto estetico. Questo non riguarda i contenuti  in quanto tali, ma il modo in cui sono  rappresentati. E’ l’espressione che distingue la buona arte da imitatori e provocatori. L’artista può dar prova della sua facoltà individuale tra le diverse espressioni di un medesimo oggetto l’artista dovrebbe sempre dare la preferenza a esattezza e fedeltà, chiarezza e concisione, non potrà   limitarsi a cercare le novità, la provocazione  ad ogni costo per attirare l’attenzione della critica. Dovrà cercare soltanto quelle novità che misurano la giusta innovazione, la necessaria semplicità dell’espressione di un pensiero. Un pensiero nuovo non è affatto un pensiero che non sia mai stato pensato prima, altrettanto non è detto sia espressione  intelligente. Vi è poi il rischio di eccesso di soggettivazione, ciò che appare valido soltanto al singolo individuo del suo particolare punto di vista. L’individuo, in quanto soggetto estetico, dovrebbe accantonare  le sue peculiarità e le sue idiosincrasie per lasciare parlare soltanto la sua sensibilità come strumento di ermeneutica del reale. Il singolare spostamento dei motivi del pensiero che è frutto di sapere ed esperienza, proteggono l’artista dal pericolo di cadere  nel vuoto formalismo e lo aiutano a trovare la semplicità, la schietta, la naturalezza dell’espressione.  La consuetudine e la tradizione non sono di ostacolo alla creatività, se mai agiscono da filtro, da verifica a priori. I filosofi dell’arte hanno la pretesa di dettare l’agenda all’artista, la realtà contemporanea incomincia a venir meno alla riflessione critica  e la sostituisce ad una finta credulità.  Tutto ciò che la cultura intellettuale ed artistica contiene nella sua concretezza puramente empirica deve lasciare spazio alla libertà della quale l’artista ha bisogno, fermo restando che, se di questa libertà fa cattivo uso, ciò si rifletterà nella mediocrità delle sue opere. Purtroppo oggi l’arte rischia di essere considerata semplicemente come una forma di decorazione, una gadget tecnologico, o un argomento mondano. Monet_Giardino-dellartista-a-giverny 500

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Roberto Grossatesta, metafisica della luce.  0

Dal 1235 alla morte, l’inglese Roberto Grossatesta (1168 –  1253) è stato, oltre che uomo di chiesa, teologo, filosofo e scienziato, colui che affrontò la teoria della luce  e indagò un tema che sembra avere radici molto lontane, nelle religioni indoiraniche e nel mito del dio sole. Per il pensiero occidentale sono importanti, soprattutto i riferimenti alla tradizione biblica. La luce è stata il primo prodotto della creazione. Il pensiero platonico e neoplatonico greco nella luce simboleggia il movimento del soprasensibile nella sua diffusione ed espansione di grado in grado fino a disperdersi nel sensibile della materia fisica e metafisica, la sostanza  della luce così eterea semplice, è qualcosa di intermedio tra l’intelligibilità del pensiero e la materialità del mondo corporeo terrestre. Grossatesta raccoglie da Sant’Agostino questo tema e lo elabora in connessione anche con la ripresa, già in atto nel secolo XII, delle dottrine più esplicitamente  neoplatoniche dello pseudo-dionigi nell’ambito di una conoscenza sempre diffusa della filosofie e della scienze arabe, ebraiche e medievali. La metafisica neoplatonica della luce si apparenta a una cosmologia che già in Sant’Agostino aveva affrontato nei suoi studi sulla Genesi e delle scienze fisico-matematiche nell’ottica della geometria aritmetica. A tutto questo si riallaccia Grossatesta nella sua cosmologia che è originale per l’accostamento tra la genesi e la filosofia di Aristotele, anche se, a differenza dello stagirita, c’è l’impiego della matematica alla maniera platonica. Il pensiero di Grossatesta si esprime con vivacità e con ampiezza tematica che  abbraccia  tutto il pensiero che il vescovo scienziato ha della cosmologia, della geometria e  dell’ottica. Egli indugia anche nella spiegazione fisica di fenomeni come l’iride, approfondisce gli studi della metafisica, si interessa di antropologia. E’ assorto nel tentativo di approfondire anche i  grandi problemi inerenti alla forma, la potenza, l’atto visto nella sua casualità, tema di recente affronto da Bachelard. La ricerca della verità che può essere contenuta nella conoscenza l’epistemologia. Neppure il difficile e mai risolto tema del libero arbitrio è trascurato dal  Grossatesta negli anni in cui ebbe la cattedra ad  Oxford. Molto vicino all’ordine dei francescani ,  iniziava con lui nel Medioevo europeo una tradizione che pur possiamo chiamare inglese nell’accostamento che egli  operava tra le tematiche scientifiche e quelle mistiche e spirituali. Temi che dopo di lui vennero affrontati da  Duns Scoto e Ockham. Il tema della luce è argomento che, sia pure in un ottica diversa, coinvolge, o dovremmo dire coinvolgeva l’arte, prima che l’epistemologia dell’arte venisse abbandonata  a favore della tecnica, produzione seriale e industriale. Ma questa è un’altra storia.

astratto-24

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