Archives for : dicembre 2024

La supponenza critica.  0

Per Kant fanatico è colui che ha una fiducia sconsiderata per la ragione, tale propensione può tradursi nel rifiuto dei limiti della finitezza umana. Atteggiamento che si registra anche a proposito dell’intolleranza e della violenza che emergono dal dibattito critico contemporaneo sull’arte, in cui  l’esame delle cause è oggetto di saggi supponenti e aggressivi.

Il tema è stato  affrontato con dovizia di dettagli da Michael Fried in “ Art Criticism, in the Sixties” pubblicato nel 1967.  In oltre mezzo secolo nulla è cambiato, semplicemente  si è capovolto quello che veniva considerato conformismo, prima che deflagrassero le così dette avanguardie, le quali hanno prodotto il risultato di capovolgere semplicemente i riferimenti socio-culturali creando una nuova forma di conformismo.

Oggi conformismo significa accettare, in modo acritico, tutto ciò che, a torto o ragione, viene considerato provocatorio, e in controtendenza, in breve,“avanguardia”.  Si dovrebbe tener conto del fatto che, come scrive Stanley Cavell, “qualsiasi prospettiva critica si basa sempre sul richiami ad affermazioni ovvie; qualsiasi “scoperta” critica si presenta sempre come scoperta dell’intera verità di un’opera, tutto questo spesso finisce per intrecciarsi con il problema dell’idiozia e dell’arroganza, sicuramente diffusa tra le masse….”.

Questa è la ragione per cui risulta francamente deprimente leggere certe  affermazioni di filosofi, purtroppo in cattedra. Il noto detto “ non c’è cosa tanto sciocca che non sia stata detta da un filosofo”, continua a trovare conferme. Sulla pagina culturale di un quotidiano, un filosofo, per “giustificare” l’azione di  Andy Warhol”, consistita nell’esporre in  gallerie d’arte logo di prodotti in vendita nei supermercati, fiocchi d’avena  Kellog’s, pesche sciroppate Del Monte, zuppa di pomodoro Campbell’s, Ketchup Heinz,  non trova di meglio che tirare in ballo  “l’elemento ontologicamente costruttivo”, anche se non è chiaro cosa questo significhi e  soprattutto quale attinenza abbia con  il gesto di Warhol. La tesi  dimostrerebbe che l’opera d’arte è essenzialmente “una cosa”, appare una tautologia abbastanza risibile. E’una “cosa” anche il contenuto dei barattoli di Piero Manzoni. Senza scomodare le categorie di Aristotele è chiaro che  tutto ciò che è materiale è cosa. Ma il filosofo da rotocalco, non pago di simile profonda considerazione, ci spiega che i ready made  trovano conferma e  giustificazione nei musei archeologici dove sono esposti scheletri, lapidi, sarcofaghi, anfore. Sembra sfuggire, al dotto studioso, che una cosa sono le testimonianze storiche, altra cosa manufatti e prodotti escatologici e/o alimentare destinati ad altre sedi e altri usi. Non c’è dubbio che il tentativo di Duchamp di epater les bourgeois , ripetuto fino alla noia dai numerosi nipotini, si è dimostrato un colossale fallimento. Non solo perché è stato prontamente museificato, osannato dalla critica, quasi fosse in se un atto geniale, ma soprattutto perché ha contribuito a frenare lo stimolo alla ricerca di forme di espressività capaci di dare senso all’evoluzione della ricerca di rappresentazione della contemporaneità, ha fornito pretesto agli artisti “trovarobe” ai quali non è  parso vero supplire alle loro carenze tecniche e concettuali facendo ricorso all’utilizzazione  di tutto ciò che poteva avere una parvenza di trasformazione in opera d’arte, bastando la natura ontologica di “cosa”, tutto è utilizzabile, riciclabile, vendibile. Con il risultato che anche una mucca in formaldeide  diventa vitello d’oro per l’artista, scorno per chi ancora si illude che l’arte sia altro.

 

 

Damien Hirst. The Physical”, 1991Mucca

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Tecnica e disumanizzazione.  0

La disumanizzazione è in larga misura conseguenza della sviluppo tecnico. Nella conferenza del 1933 sulla “Questione della tecnica”  Heidegger era giunto a conclusioni chiarissime. La scienza “deifica le cose in oggettualità e falsifica l’Essere”. Di conseguenza la tecnica,  nel mondo antico, non fabbrica, ma disvela, conducendo le cose “ verso il compimento della pienezza”. Come l’arte e tutto ciò che, senza remore e astruse giustificazioni, celebrava il bello. La tecnica nel mondo moderno ha caratteristiche opposte: è violenza esercitata sull’Essere dall’esistente, una violenza che “provoca per produrre”, che oscura il mondo invece di risvegliarlo alla verità. L’uomo moderno è un essere “insurrezionale” : nell’uccisione di Dio trovano il loro compimento la metafisica e la presa del potere da parte della tecnica. Schiavitù, oppressione, sfruttamento, disumanizzazione non dipendono dall’organizzazione della società, dall’uso della scienza e della tecnica, dalla proprietà  dei mezzi di produzione, dalla gerarchia dei valori che nasce sulla base dei rapporti tra esseri umani, ma sono irrimediabilmente connessi all’impresa , diabolica e prometeica, di una conquista e di un assoggettamento del mondo naturale. L’Eclisse della ragione  di Horkheimer è del 1947, ma le conclusioni non sono differenti. “Nel dominio della natura  – scrive il sociologo di Francoforte – è incluso il dominio sull’uomo”. D’altro lato la scienza moderna si identifica con una forma d’imperialismo , nasce e si sviluppa da un empio desiderio di dominio, i suoi metodi e le sue categorie  sono frutto della insaziabilità umana, sono prodotti della lotta dell’uomo contro l’uomo, della volontà sopraffattrice: “La natura è oggetto di uno sfruttamento totale…la sete di potere dell’uomo è insaziabile”. Nelle guerre in atto, Palestina, Ucraina, Siria, vediamo all’opera sofisticati strumenti di morte che l’uomo ha messo a punto avvalendosi della scienza. La stessa scienza che non è riuscita a eliminare la fame nel mondo e portare l’acqua dove è necessaria per la sopravvivenza di milioni di persone.  Il dominio nefasto della razza umana sulla Terra  non trova paralleli in quelle epoche della storia naturale in cui altre specie animali rappresentavano le più alte forme di vita poiché gli appetiti di quelle razze animali erano limitati dalla necessità della loro esistenza fisica. I risultati raggiunti, non hanno ridotto lo slancio della scienza e della tecnica.  L’organizzazione capitalistica della scienza in generale, non è necessariamente legata alla natura politica. Per orientamento capitalistico s’intende la volontà di trarre il massimo profitto da ogni azione umana guerre incluse, si possono denunciare i fatti, ma purtroppo non succederà mai che l’essere umano sia altro da se. E’ per questo che hanno poco senso le accuse rivolte a Galileo e agli altri precursori della rivoluzione scientifica, come Bacone che subì pensanti accuse da parte di Da Maistre e da Leibig. Come ricorda Lowith il motto della scienza moderna è il baconiano “sapere è potere”. Il discorso riaffiora distorto anche dalle tesi di alcuni filosofi marxisti. Karel Kosik, per citarne uno, ha sicuramente ragione nel polemizzare contro quelle forme di scientismo che sono solo prodotti complementari alle varie tendenze irrazionalistiche. L’assenza di valori, che è stata ed è, teorizzata a priori come espressione di libertà svincolata dall’etica. Essa  ha cause che non sono tanto da ricercare nei rapporti sociali, ma nella “efficacia” e nella “utilità”, nel processo puramente intellettuale  della scienza che trasforma gli esseri umani in unità astratte, nella pretesa dell’uomo di comprendere se stesso astraendo dalla proprio soggettività, nella matematizzazione, e  quantificazione, nella ragione quale è concepita da Bacone, Cartesio, Galilei e gli autori dell’Encyclopédie.

 

 

Fotografia :IMGTristi giochi

 

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