Archives for : luglio 2017

Brevi cenni sull’origine dei fumetti.  0

 

Fu l’umorista e disegnatore ginevrino Rodolphe Topffer  con il suo pamphlet  sulle espressioni fisionomiche pubblicato nel 1845, a dare inizio ai disegni satirici, progenitori dei cartoni animati e fumetti ai quali Disney avrebbe dato lo sviluppo che conosciamo. In realtà il termine e l’uso della caricatura risale al Cinquecento. Gli inventori del genere furono artisti raffinati come i fratelli  Carracci.   Spetta Comunque a Topffer il merito, se vogliamo chiamarlo così, ad avere per primo utilizzatoil racconto a figure, o fumetto. Le storie comiche di Topffer, la prima delle quali ebbe l’ammirazione di Goethe, che  incoraggiò l’artista a pubblicarle. Sono gli antenati degli odierni cartoon fabbricati in serie. Un altro precursore tra i disegnatori comici fu Wilhelm Busch in Germania. Come spesso accade nella storia dell’arte, anche in questo caso un fattore personale e uno tecnico sono all’origine dell’invenzione. Topffer era figlio di un pittore paesaggista, divenne egli stesso pittore seguendo la scuola del padre. Ma una malattia agl’occhi gli impedì di proseguire l’attività e lo indusse a dedicarsi alla scrittura. Divenne noto pubblicando brevi racconti che vennero annoverati tra le gemme della letteratura svizzera. Tuttavia, benché i suoi occhi non gli consentissero di applicare una tecnica meticolosa, egli era attratto dal disegno  e sentì l’impulso di dedicarsi all’arte figurativa. L’invenzione di nuove tecniche grafiche gli fornirono l’occasione propizia. La litografia gli permise di disegnare senza impaccio e poter far riprodurre a poco prezzo i suoi disegni. Egli scrisse anche un breve trattato sull’espressione fisionomica che, alla luce dei successivi sviluppi, appare profetico. Hogarth utlizzo le indicazione di Topffer in una sequenza di immagini intitolata “Marriage à la Mode”. L’invenzione del ritratto caricaturale fu reso possibile dalla scoperta teorica della differenza tra verosimiglianza ed equivalenza. Vi  è ampia documentazione che anche il Bernini conosceva alla perfezione l’arte di trasformare le fisionomie. Divenne celebre la caricatura di Luigi Filippo che Philipon, l’editore di Daumier,  trasformò in una pera. Per questo denunciato e condannato, primo di una lunga serie di disegnatore satirici che subirono la stessa sorte.     aaaaaaaaaaaaaa-Superman

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La forma della luce  0

La tematica della luce  è stata affronta da filosofi e studiosi. Intorno al 1200 d.C  il francescano Roberto Grossatesta scrisse un libro, pubblicato in Italia nel 1986, con il titolo “Metafisica della luce”. La luce è  stata la base stessa della pittura. I pittori dei Paesi Bassi, van Dyck, Rubens, van Eych, Rembrandt, fecero di necessità virtù dipingendo la luce delle candele, interni tenebrosi e suggestivi. Gli  Impressionisti dipinsero la luce che dà forma a paesaggi e figure. Ma dall’inizio della storia della pittura la luce è una componente fondamentale dell’arte. La luce che cade dall’alto e illumina la scena di Paolo di Tarso caduto da cavallo nell’opera di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Episodio sul quale anche Pieter Bruegel aveva  realizzato un’opera dal titolo “La conversione di San Paolo”. La luce è ciò che dava significato alla pittura. Certo, la pittura cartellonistica di Warhol come di buona parte dell’arte contemporanea, non utilizza la luce, che forse non saprebbe neppure dipingere. Sono molti gli artisti che usano la luce fredda dei neon, più adatto ad insegne di locali commerciali che all’arte. Nel 1998 a Torino viene dato il via a una manifestazione denominata “luci d’artista” che consiste nel dare il nome di un artista a una luminaria costruita da un comune elettricista. La cosa non stupisce visto che il sindaco dell’epoca era Piero Fassino,  riuscito ad ottenere la laurea in scienze politiche alla tenera età di 49 anni, nonostante la ben nota tolleranza verso l’ignoranza delle Università italiane, ex comunista poi PDS, ora PD costui, per quanto insignificante, costituisce un sintomo del livello culturale della classe politica, la stessa che nomina direttori, per lo più direttrici, di musei, biennali, fiere e tutta la schiera di istituzione che non sono create per favorire davvero la conoscenza dell’arte, ma piuttosto, come dimostra il caso di Torino, per autopromozione dei politici. Non a caso, il compagno di partito di Fassino, il ministro della “cultura” Dario Franceschini, che in fatto d’ignoranza fa il paio con Veleria Fedeli ministro PD della Università, ha abolito l’accesso gratuito ai musei  per le persone oltre i 65 anni. In compenso, come abbiamo già segnalato,  finanzia cene e bagordi alla Biennale di Venezia del 2017, direttrice la francese  Macel, nomen omen. Ecco che in questo brevissimo escursus abbiamo tracciato la parabola discendente dell’arte grazie al  connubio  tra la modesta cultura degli artisti, ormai soggetti all’influenza USA, e la politica “culturale”. Per la cronaca  fin dagli anni ’60 del secolo scorso Sol LeWitt e Dan Flavin, due artisti USA,  realizzarono opere con i neon. Dunque dalla magia della luce, indagata da Roberto Grossatesta, usata dagli artisti fiamminghi  e dagli impressionisti, siamo approdati alla banalizzazione anche della luce, in un percorso di discesa dell’arte agli inferi  che non sembra avere fine. astratto-24

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Accanimento terapeutico.  0

La storia della letteratura, filosofia, arte, sembrano orientate ad imprimere  una sequenzialità logica, quasi che ogni singolo autore  prosegua come la staffetta di chi l’ha preceduto. I testi sono infarciti di citazioni e richiami  a supporto della tesi che si vuole sostenere. Non c’è dubbio che la cultura si riferisce necessariamente al passato, dal momento che non si può far riferimento a ciò che non è stato. Accade che l’ermeneutica  contemporanea  di opere del passato, compia errori di prospettiva, arrivando a presumere di decifrare pensieri e intenzioni degli  autori. Se osservassimo con disincanto le opere realizzate nei secoli passati, ci renderemmo conto che il percorso verso il degrado, tecnico, iconologico, culturale, è stato costante. Non pochi artisti furono consapevoli di ciò. Intorno al 1830 nasce in Europa il romanticismo, un tentativo  di contrastare  l’ideologia  che  accompagna la rivoluzione industriale.  Nel 1905 si delineano  in Francia le prime avvisaglie di quella che sarà definita “avanguardia”, termine di matrice militare ridicolizzato da Roland Barthes. L’Impressionismo. Caillebotte, Corot, Coubet, Degas, Manet, Monet, per citare alcuni artisti dell’epoca, non facevano che rappresentare la borghesia, un piccolo mondo con i suoi  aedi come Baudelaire, Chamfleury, Zola. Tutto molto romantico e affascinante, ma non era altro che la rappresentazione di un piccolo mondo, l’arte come prassi, ipotizzata da  Georg W. Bertram, nel libro che ha appunto il titolo “L’arte come prassi umana”, pubblicato all’inizio del 2017, non tiene conto dei fattori reali.  Manet, Morisot, Caillebotte, ritraggono personaggi in redingote e cilindro e  il loro mondo.  Fare dell’arte prassi di vita, implica un processo di maturazione socio- culturale di cui non si vede traccia. Quando Cézanne descrive l’artista  come “ organo ricettivo, un apparecchio di registrazione per l’impressione sensibile”, per ciò stesso condanna l’arte all’estinzione. Oggi prevale  quello che Broch  chiama uomo/donna Kitsch, il rapporto con la prassi, o realtà sociale, si basa su forzature alle quali l’estetica è estranea. Alla Biennale di Venezia del 2017 la Macel, per dare senso allo slogan che dà titolo alla manifestazione “Viva l’arte viva”, non trova di meglio  che organizzare pranzi con e per artisti. Ospiti sono tra le altre  Kiki Smith,di cui si ricordano le sculture di donne defecanti.  Costei fa parte di una folta schiera di artiste femministe, Sherman, Abramavic, Renee, Cox,  Joana Vasconcelos  che alla Biennale del 2005 presentò come opera d’arte  un lampadario realizzato con tampax. A quale prassi si riferisce Bertram? Si è reso conto che gallerie come quella di Elizabeth A. Sackler  del Center for  Femminist  Art, stanno proliferando in tutto il mondo coadiuvate dal fatto che la maggior parte delle istituzione pubbliche dell’arte è affidata a donne?  La verità è che la borghesia ha escogitato un sistema trasversale, anche attraverso il femminismo, ha  creato un sistema dell’arte la cui base è il mercato, i cui alfieri sono critici e filosofi che si affannano per dare un senso a qualcosa di depravato, blasfemo, tenere in vita ciò che un tempo era indicato con il sostantivo arte e non appartiene più alla contemporaneità.  aaaaaaaaaaaaaa-RENEE-COX-2

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Antropologia dell’arte.  0

Se, come sostiene Jullien, l’essere umano è sopravvissuto  solo grazie alla bellezza, non c’è dubbio che  l’arte contemporanea è un sintomo di decadimento non solo culturale, ma di una vera e propria incapacità di percezione estetica. L’antico gioco dell’arte impegnato nella ricerca di proporzioni e dal confronto natura cultura, si è arenato nella tecnologia. Anche il riferimento cinese dello Yin e dello Yang, si è dissolto nella confusione dei sessi , dispersi in un’anonima ricerca di piacere. L’Occidente ha reso  vacuo ogni riferimento che possa avere un vago richiamo alla natura. L’esperienza estetica  ha abbandonato la prassi dell’Homo Sapiens  per rifugiarsi in un disorientante e superficiale edonismo fine a se stesso. E’ uno degli aspetti dell’ebbrezza della libertà. Non è più possibile il confronto con l’indeterminatezza del vivere. Il dettato di una antropologia filosofica che ha sempre tenuto conto dei limiti e fisici dell’essere umano, è, per così dire, tacitata dalla tecnica che sembra offrire soluzioni per tutto.  Il carattere autoriflessivo della rappresentazione  dell’eidos è superato dalla riconosciuta insignificanza del segno come tentativo di rappresentazione . Il riduzionismo contemporaneo si associa alla banalizzazione come approccio semplicistico alla pratica sociale. Il valore dell’oggetto estetico è determinato dall’arbitrio mercantile e supportato dalle tecniche della comunicazione propagandistica che include quella che nacque come critica d’arte. Il paradigma  ermeneutico di Danto traccia il percorso nel quale si decanta il senso dell’opera per lasciare spazio alla narrazione filosofica e critica. L’esperienza estetica è ridotta a consiglio per gli acquisti. Neppure Nietzsche, che pure aveva affrontato il tema dell’indeterminatezza umana, avrebbe potuto immaginare che la cosiddetta “autonomia dell’arte” si sarebbe arenata in suk nel quale i critici sono i commessi che consegnano l’opera con certificato di garanzia sulla valenza  estetica.    aaaaaaaaaaaaaaa-Punk

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Il problema è il linguaggio.  0

Forse il problema nasce dal linguaggio. Usiamo sostantivi che non sono più adeguati ad esprimere le realtà sottostante. Arte, filosofia, sociologia, politica, democrazia, cosa significano oggi? A prescindere dall’ analisi di dettaglio, esiste una sovrapposizione semantica  che finisce per incidere anche sulla epistemologia. La frammentazione del sapere produce disorientamento cognitivo  e lascia spazio a pregiudizi , leggende metropolitane, posizione settarie  e configurazioni neologiche che nascondono altrettanti pregiudizi  devianti. Il pluralismo confuso, non dà contributo alla ragione, ma rappresenta piuttosto una sorta di abdicazione dell’intelligenza. Sopravvive solo chi si mette in scena meglio. La menzogna come strumento di successo sociale e politico. Vittima di questa  falsificante rappresentazione è anche l’arte, nella sua  forma più vera. Peter Sloterdijk .segnala la corrispondenza tra cimitero e museo. La folla che affluisce ai musei, perché indotta dalla pubblicità è la stessa che si accalca nei concerti rock e nelle partite di calcio. Il difficile smaltimento culturale delle pulsioni indotte e rese difficile dal fatto che la montagna dei rifiuti cresce più rapidamente della montagna del sapere. Il museo contribuisce a smaltire le presunzioni di sensibilità. Scriveva Nietzsche: “ L’uomo è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, un cavo sopra l’abisso”. La cifra dell’arte contemporanea  è l’arbitrio estetico che ha lo scopo di approssimarsi al valore più alto.  Per questo nelle Fiere, Biennali  e manifestazioni varie, la mondanità prevale sulla cultura. La cultura va capita, la mondanità è solo vissuta. “Le opere vengono esposte come azioni alla borsa estetica” (Sloterdijk) In questo bailamme mondano commerciale quale posto occupa la filosofia dell’arte? Quale potere ha di riesumare valori ormai cancellati dall’irruenza del mercato? Per quale ostinata ignoranza continuare ad utilizzare il sostantivo arte per manufatti dall’oscura semantica? Non sarà un caso se, alla Biennale d’Arte di Venezia del 2017 ai seminari sull’arte sono state sostituite le cene con artisti, per lo più artiste? perestroyka10

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