La storia della letteratura, filosofia, arte, sembrano orientate ad imprimere una sequenzialità logica, quasi che ogni singolo autore prosegua come la staffetta di chi l’ha preceduto. I testi sono infarciti di citazioni e richiami a supporto della tesi che si vuole sostenere. Non c’è dubbio che la cultura si riferisce necessariamente al passato, dal momento che non si può far riferimento a ciò che non è stato. Accade che l’ermeneutica contemporanea di opere del passato, compia errori di prospettiva, arrivando a presumere di decifrare pensieri e intenzioni degli autori. Se osservassimo con disincanto le opere realizzate nei secoli passati, ci renderemmo conto che il percorso verso il degrado, tecnico, iconologico, culturale, è stato costante. Non pochi artisti furono consapevoli di ciò. Intorno al 1830 nasce in Europa il romanticismo, un tentativo di contrastare l’ideologia che accompagna la rivoluzione industriale. Nel 1905 si delineano in Francia le prime avvisaglie di quella che sarà definita “avanguardia”, termine di matrice militare ridicolizzato da Roland Barthes. L’Impressionismo. Caillebotte, Corot, Coubet, Degas, Manet, Monet, per citare alcuni artisti dell’epoca, non facevano che rappresentare la borghesia, un piccolo mondo con i suoi aedi come Baudelaire, Chamfleury, Zola. Tutto molto romantico e affascinante, ma non era altro che la rappresentazione di un piccolo mondo, l’arte come prassi, ipotizzata da Georg W. Bertram, nel libro che ha appunto il titolo “L’arte come prassi umana”, pubblicato all’inizio del 2017, non tiene conto dei fattori reali. Manet, Morisot, Caillebotte, ritraggono personaggi in redingote e cilindro e il loro mondo. Fare dell’arte prassi di vita, implica un processo di maturazione socio- culturale di cui non si vede traccia. Quando Cézanne descrive l’artista come “ organo ricettivo, un apparecchio di registrazione per l’impressione sensibile”, per ciò stesso condanna l’arte all’estinzione. Oggi prevale quello che Broch chiama uomo/donna Kitsch, il rapporto con la prassi, o realtà sociale, si basa su forzature alle quali l’estetica è estranea. Alla Biennale di Venezia del 2017 la Macel, per dare senso allo slogan che dà titolo alla manifestazione “Viva l’arte viva”, non trova di meglio che organizzare pranzi con e per artisti. Ospiti sono tra le altre Kiki Smith,di cui si ricordano le sculture di donne defecanti. Costei fa parte di una folta schiera di artiste femministe, Sherman, Abramavic, Renee, Cox, Joana Vasconcelos che alla Biennale del 2005 presentò come opera d’arte un lampadario realizzato con tampax. A quale prassi si riferisce Bertram? Si è reso conto che gallerie come quella di Elizabeth A. Sackler del Center for Femminist Art, stanno proliferando in tutto il mondo coadiuvate dal fatto che la maggior parte delle istituzione pubbliche dell’arte è affidata a donne? La verità è che la borghesia ha escogitato un sistema trasversale, anche attraverso il femminismo, ha creato un sistema dell’arte la cui base è il mercato, i cui alfieri sono critici e filosofi che si affannano per dare un senso a qualcosa di depravato, blasfemo, tenere in vita ciò che un tempo era indicato con il sostantivo arte e non appartiene più alla contemporaneità.
Considerazioni sull'arte