Archives for : novembre 2015

L’arte degli affari  0

In un brano tratto dal libro “La bellezza e il peccato. Piccola scuola di filosofia” di Maria Bettetini, si legge:” ….esistono uomini senza barba che usano parole difficili per divertirsi tra loro a fare i filosofi..”. Tutto vero la colta e fumosa articolazione della narrazione, sembra avere lo scopo di distrarre dal senso reale del discorso. Il sistema è talmente efficace che è stato fatto proprio dai pubblicitari. In Tv, vediamo immagini e filmati che non hanno nessun nesso con il prodotto che pubblicizzano, vendono un’illusione, attuano un inganno che, in una società davvero razionale e giusta, dovrebbe essere perseguito come sfruttamento della credulità popolare. Il messaggio è che possedere quel prodotto, significa cambiare il proprio status sociale. Da quando è nata, la critica d’arte, ha seguito, con rare eccezioni, lo stesso copione, ottenendo grande successo visto che ha creato, non artisti, questo sarebbe impossibile, ma personaggi. Gli artisti e i politici, sono gli unici “professionisti” che si autoproclamano tali, non sono necessari titoli nè una minima conoscenza specifica. Gli scrittori devono quanto meno possedere una certa capacità di scrittura, oggi per la verità sempre meno. Agli artisti plastici basta il supporto della critica per essere considerati maestri, a prescindere da capacità e percorso di conoscenza. Grazie alla potenza congiunta di critica e mercato si assiste a un fenomeno che è l’esatto contrario di quanto accadeva nei Paesi Bassi tra il ’600 -‘700. Allora artisti di grande valore Rembrandt, Hals,vivevano in ristrettezze, van Goye, commerciava in tulipani, Hobbema faceva l’esattore, van de Velde aveva un negozio di telerie, Jan Steen e Aert van de Velde erano bettolieri. Oggi succede il contrario. Dubuffet era commercianti di vini prima di dedicarsi all’arte, Franco Assetto era farmacista, Mario Merz vendeva giornali. Nessuno di loro ha praticato in atelier d’artista, frequentato Accademie, sono stati creati dai critici. Dubuffet non ha del tutto persa la propensione al commercio. Negli anni ’60 pose l’automobile al centro delle proprie opere e si guadagnò l’attenzione di Gianni Agnelli che promosse una sua mostra a Torino, allora capitale dell’automobile. Con queste premesse non può sorprendere il proliferare di Biennali e Fiere. Come non stupisce che i sarti, diventati “stilisti”, capaci come nessun altro di utilizzare al meglio pubblicità & marketing, siano oggi tra i maggiori sostenitori dell’arte contemporanea. Come diceva Warhol ogni artista deve essere anche un uomo d’affari. Il problema è che oggi uomini d’affari se ne vedono molti, artisti pochi. Dubuffet-500

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Arte liofilizzata.  0

Dopo una situazione di dilagante informalità degli anni 50/60 era inevitabile il sopraggiungere della tecnologia, indotta soprattutto dall’adozione di films e fotografia che hanno anticipato l’avvento di Internet. A differenza del passato, in cui scuole e stili si succedevano con una sorta di appropriazioni successive, oggi le varie forme espressive tendono a convivere, una forma di ripescaggio reciproco. Come quando Bill Viola rivisita i classici della pittura mettendo di suo solo la tecnica riproduttiva. In questo caso, dall’arte plastica si passa al teatro, interpretazione di testi in modo letterale con una diversa scenografia per adattarla ai tempi. Ciò costituisce pretesto per introdurre un soffio di attualità mondana in cui gioca la modesta formazione culturale, tanto da far apparire nuovo ciò che è un classico di secoli precedenti. La smaterializzazione dell’opera esime dall’esperienza fisica, l’impasto del colore, la pennellata. Ci troviamo di fronte ad una sorta di liofilizzazione dell’arte servita a “commensali” che nella maggior parte dei casi, non hanno sufficiente sensibilità per percepire la differenza di gusto della “materia” originaria. Anche se datato, ci aiuta nella comprensione il saggio di Deleuze:” Différence et repetition”. Il filosofo francese traccia la mappa mentale di un ricambio avvenuto a livello di modelli generali. Dal citazionismo alla copia elettronica. Il pensiero della presenza , sul modello mondano sintetico, si è scontrato addirittura dai tempi di Kant. Sembra che anche gli artisti siano presi dall’ansia di sfuggire quell’entità oscura e fuggente che è la realtà, trovando sponda in una serie di filosofi, Deleuze appunto, Foucault, Derida, Kristeva. Nel rapporto frontale uomo- mondo l’esperienza diventa un bagaglio inutile. Preso atto della difficoltà di descrivere il mondo, vista la rapidità dei cambiamenti, constatata l’impossibilità di cambiarlo, come suggeriva il vecchio Marz, tanto vale affidarsi ai surrogati da prima immaginati e poi forniti in abbondanza dalla tecnica. Siamo sommersi da rivisitazioni, riciclaggi, remake. La fantasia che mirava al potere ha perso anche la strada dell’immaginazione. La vexata quaestio del patrimonio culturale è stata risolta omologando tutto. arte-liofilizzata-3

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