Archives for : agosto 2017

Identità e differenza.  0

Che cosa è una differenza? Differenza è un concetto molto peculiare e oscuro. Non è una cosa, un evento. E’ una sensazione soggettiva. Se cominciamo a porci le domande sulla natura delle differenze abbiamo difficoltà a definirle. Una differenza che si produce nel corso del tempo viene definita “cambiamento”. Nelle scienze fisiche gli effetti delle differenze costituiscono condizioni concrete. Un nero è diverso da un bianco, un pezzo di legno è diverso da un pezzo di carta. Ma quando si entra nel campo della comunicazione, dell’organizzazione, gli effetti non sono più così evidenti. Quando io guardo carta  e legno, percepisco la differenza in quanto conosco a priori le caratteristiche della carta e  quelle del legno. In caso contrario non potrei rilevare la differenza, potrei constatare soltanto che le due materie hanno caratteristiche diverse. La differenza tra legno e carta viene rilevata dalla retina ed elaborata dal cervello. L’elaborazione è possibile in base alle mie conoscenze. Nelle mia mente il nulla, ciò che non esiste, non può essere elaborato. Il cervello funziona solo in base alla captazione di dati sensibili o in base a esperienze pregresse. Nelle scienze fisiche noi ricerchiamo le cause, partendo dal presupposto siano reali. Ma, esistono effetti che la nostra conoscenza-esperienza da per scontati. Chi mai ha visto l” energia” eppure sappiamo che esiste una forza che convenzionalmente viene definita “energia”. Si dice anche “energia dello spirito”. Buona parte di ciò che crediamo di sapere in realtà consiste in un atto di fede su fenomeni e materia che non siamo in grado di verificare e spesso neppure di capire interamente. Le analogie dalle scienze fisiche sono prese a prestito come base concettuale per costruire teorie psicologiche e del comportamento. Questa struttura alla Procuste è spesso insensata, sbagliata. La parola “idea” , nella sua eccezione più elementare , è sinonimo di differenza. Nella critica del Giudizio, Kant afferma che l’atto estetico più elementare è la scelta di un fatto; egli sostiene che in un pezzo di gesso c’è un numero infinito di fatti potenziali. La Ding an sich, il pezzo di gesso, non può mai entrare nella comunicazione  o nel processo mentale proprio a causa di queste infinite potenzialità. I ricettori sensoriali non possono intercettarle; le eliminano. Tra l’infinito numero di differenze ne scegliamo un numero limitatissimo, che diviene informazione. In effetti ciò che intendiamo per informazione , per unità elementare d’informazione, è una differenza che produce differenza.

Se noi valutiamo sotto il profilo informativo un’opera d’arte, scopriamo che quello che ci viene comunicato non è informazione, se non in rari casi, ma piuttosto conferma di una visione stereotipata di una porzione di realtà-conoscenza. Un’opera che riproduce frutti o sottobosco in materiale plastico quale tipo d’informazione veicola? Una riproduzione seriale di una icona della modernità quanta informazione contiene? Siamo in presenza di espedienti elementari che fanno perno sul fenomeno di semplificazione psicologica basata sul riconoscimento, sul déjà vu. L’arte contemporanea, contrariamente a quanto presume, è essenzialmente coazione visiva, immersa com’è nel contingente mondano. La stessa serialità, se non è dovuta a una tendenza alla diplopia, è dimostrazione evidente della difficoltà degli artisti contemporanei di sottrarsi ai limiti della loro modesta cultura, ricorrendo modesti artifizi. Ogni opera degli antichi maestri, e dei migliori artisti moderni, fa storia a se, illustra stimola, propone, allude. Caratteristica dei pasdaran dell’avanguardia, è la cifra ripetuta all’infinito. E’ ciò che il mercato richiede, l’immediata univoca identificazione, stereotipi ripetuti, logo immediatamente identificabile.    AAAAAAAAAAAAAAAAREBEE-COX-500

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Le abitudini del pensiero  0

Cosa significa “agire razionalmente”? Le costruzioni linguistiche della filosofia e letteratura si limitano a descrivere e rendere intelligibili a se stessi gli esseri umani, o si propongono lo scopo di migliorarli? Ovvero ci migliorano per il solo fatto di farci riflettere? L’uomo contemporaneo è migliore del suo antenato di 5000 anni fa? Domande che la filosofia si pone alle quali solo trova raramente risposte. E’ un fatto che osservando la realtà, non sembra che gli stimoli al  pensiero, abbiano contribuito in modo determinate a modificare i comportamenti umani. Sembra prevalere l’atteggiamento di Mrs Grundy, celebre personaggio della commedia di Thomas Morton “Speed the Plough”, diventata proverbiale per indicare come la società si affidi alle abitudini di pensiero.  C’è chi sostiene che qualsiasi teoria filosofica vada contro il senso comune deve essere rifiutata. Un tesi spuria che rende di fatto superflua la filosofia dal momento che proprio per superare il senso comune la filosofia è necessaria, non convince il punto di vista espresso da Reid sulla questione, e nemmeno le teorie che, riecheggiando  le tesi di Reid esprimono G.E. Moore e J.L. Austin. La storia dimostra come sia abbastanza vera l’affermazione di Hume secondo cui l’uomo si affida più all’abitudine che all’intelletto. Heigegger sosteneva che la scienza è stupida. Di fatto è l’uomo ad essere molto più limitato di quanto crede. Tutta la storia della filosofia è il tentativo del pensiero di capire se stesso. Una sorta di psicogorrea i cui esiti sulla natura umana appaiono modesti. Ogni tentativo di  “anticonformismo”,  spesso costituito solo da  aspetti esteriori, o

effimere teorie, si traduce nel creare un conformismo di segno opposto. Marx  aveva proposto che i filosofi, che fino ad allora si erano limitati a descrivere il mondo, si adoperassero per cambiarlo. Non pare che ciò sia avvenuto. Tutti i tentativi di uscire dalle convenzioni si traducono nella creazione di nuove convenzioni. Le cosiddette “avanguardie” dell’arte moderna volevano abbattere le accademie, distruggere i musei, abolire l’istituzione dell’arte. Oggi le accademie sono occupate da ex  avanguardisti, nei musei ci sono le loro opere, l’istituzione arte è più forte che mai, anche se i prodotti sono in troppi casi francamente orrendi. La pretesa di originalità si è tradotta nel suo contrario, la diffusione delle opere seriali. Scriveva Spinoza: “ Noi non desideriamo niente per il fatto che lo giudichiamo buono, ma viceversa diciamo buono ciò che desideriamo, e di conseguenza cattivo ciò che non ci piace”. E ancora: “L’uomo libero è colui che vive soltanto secondo il dettame della ragione”. Ecco spiegato il senso di morte nella società contemporanea di cui scriveva Pasolini. E’ la ragione che produce la differenza. Infatti vi è una tale contiguità tra le opere dei contemporanei che spesso è difficile distinguerle le une dalle altre. La filosofia è ridotta per lo più a frammentata esegesi del pensiero degli antichi. Mai come oggi è stata forte la pretesa di originalità, mai come oggi vi è omologazione. I giovani vivono in grappoli, pensano collettivamente, vestono in modo che vuole essere originale ed è solo trasandato, sciatto, però con il logo ben in vista, anche sui capi intimi. Esattamente come per l’arte, non conta la qualità ma la firma imposta da marketing e pubblicità. Insensibilità e ignoranza si trasformano facilmente in cinismo, un paradiso per politici e sedicenti artisti miliardari. E’ il denaro infatti, null’altro, il segno di distinzione. L’amore è della specie descritta da Sant’Agostino: “Ci amiano come si ama il cibo: per consumarci.      barlume-del-tramonto

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Riflessioni,prassi,intuizioni.  0

Alcuni filosofi attribuiscono a Kant la tesi secondo cui l’arte sarebbe una prassi riflessiva, principio che pare essere  accettato da Hegel.  In realtà il concetto di riflessione  non  si concilia con la facoltà che viene vista come una prerogativa degli artisti: l’intuizione. Grazie alle opere d’arte, sostiene Bertram, le pratiche vengono messe alla prova, e solo dopo sono confermate  o trasformate. Concetto estremamente vago. La riflessione si nutre di conoscenza, i nostri pensieri sono frutto di un sapere che ha contenuti e dimensioni diverse. Il patrimonio di conoscenza accompagna e guida l’esperienza che è   squisitamente personale. La  “cultura” al contrario, è costituita dalle esperienze e  pensieri degli altri. Letteratura, filosofia, scienza  costituiscono forme di conoscenza che si protrae senza cesure fin dal giorno in cui il primo uomo tracciò un segno su una tavoletta d’argilla. Le nostre azioni e decisioni si attuano in ragione della commistione di sapere e di esperienza. Se quanto precede ha qualche fondamento, la definizione di creatività artistica impone un  riesame al fine di stabilire la vera natura della creatività, dopo averla  sfrondata dal mito della “intuizione”. Tale espressione è  usata come  passe-partout  per l’attribuzione di  indefinibili significati. Nel solco di Baumgarten, Herder, Hegel  l’oggetto “arte” è rimasto indefinito,  sicuramente lontano da ciò  che per Hegel  era la dimensione spirituale dell’arte. Storia, critica, filosofia dell’arte non hanno fin’ora colmata la cesura che si è venuta a creare allorchè le “avanguardie” hanno ribaltato il tavolo assumendo la necessità di azzerare  valori e attuare una radicale modifica della prassi. E’ vero che Kant, Hegel, Shopenauer , Schiller, Nietzsche  e altri hanno sviluppato le loro teorie  in  un contesto storico e culturale diverso. Oggi  però non avviene nulla di diverso, se i filosofi del passato erano condizionati dalla situazione socio-culturale nella quale  vivevano, la stessa cosa avviene oggi, a valori capovolti. Detto in altre parole, coloro che attuano l’ermeneutica dell’arte contemporanea  sono gli stessi che determinano il contesto culturale in cui tale arte  si realizza. Vi è tuttavia una differenza importante. Potrebbe essere espressa richiamando il noto slogan applicato in altro contesto: sapere meno, sapere tutti. Se nel ‘700-‘800 la cultura era appannaggio di una élite, oggi la cultura, con esclusione di quella  scientifica,  si richiama al passato,   parafrasando Roland Barthe, è scesa al grado zero, arte inclusa. Questa è una delle conseguenze delle presunzione delle cosiddette avanguardie  e degli intellettuali che non sono stati in grado di dare un senso alla cesura tra arte  e cultura di ieri e di oggi.             aaaaaaaaaaaaaaaaaaaa-OGGI-9

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Arte e cucina.  0

Vi è una relazione tra cucina e arte. L’argomento potrebbe essere declinato in vari modi, anche se sono lontani i tempi in cui lo stereotipo dell’artista era rappresentato da un individuo abbigliato in modo bizzarro, sempre affamato. I francesi, che alla cucina hanno sempre dedicata molta attenzione, chiamano la manipolazione che l’artista fa dei colori, la sua cuisine. Esistono dipinti destinati alla sala da pranzo. Vi sono ristoranti, come l’Asino d’Oro di Saint Paul de Vence, tanto ricco di opere d’arte alle pareti da apparire più una galleria d’arte che un luogo di ristoro. Certo la pittura non è tutta qui. La Venere di Botticelli, o un autoritratto di Rembrandt hanno altre dimensioni pittoriche. I critici hanno imparato a tout comprendre c’est tout pardonner, al punto che considerano opere d’arte le stoviglie usate, le cicche nel piattino del caffè, gli avanzi di cibo, non dipinti, ma semplicemente incollati alla tavola e chiusi in un contenitore di plexiglas  pronti per essere esposti nei musei. Sono opere del nouveau rèalisme di cui Daniel Spoerri è uno tra i maggiori esponenti. Tali opere, sono  trattate da importanti gallerie,  esposte in musei. Il minimo che si possa dire, senza entrare nel merito del gusto, e un’evidente mancanza di fantasia. Viene in mente la famosa boutade di Oscar Wilde “ chiunque chiami zappa una zappa dovrebbe essere costretto a usarla”. Minaccia vana. Non c’è da meravigliarsi se per l’arte non c’è più “critica” sostituita dall’”apologetica”, molto ben retribuita e, per dirla con i teologi in partibus infidelium. Ma si sa, il mercato ha le sue regole e non sarà certo il “culturame” a frenare l’impeto produttivo dei “nuovi maestri”. Duilio-Gambino

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