Che cosa è una differenza? Differenza è un concetto molto peculiare e oscuro. Non è una cosa, un evento. E’ una sensazione soggettiva. Se cominciamo a porci le domande sulla natura delle differenze abbiamo difficoltà a definirle. Una differenza che si produce nel corso del tempo viene definita “cambiamento”. Nelle scienze fisiche gli effetti delle differenze costituiscono condizioni concrete. Un nero è diverso da un bianco, un pezzo di legno è diverso da un pezzo di carta. Ma quando si entra nel campo della comunicazione, dell’organizzazione, gli effetti non sono più così evidenti. Quando io guardo carta e legno, percepisco la differenza in quanto conosco a priori le caratteristiche della carta e quelle del legno. In caso contrario non potrei rilevare la differenza, potrei constatare soltanto che le due materie hanno caratteristiche diverse. La differenza tra legno e carta viene rilevata dalla retina ed elaborata dal cervello. L’elaborazione è possibile in base alle mie conoscenze. Nelle mia mente il nulla, ciò che non esiste, non può essere elaborato. Il cervello funziona solo in base alla captazione di dati sensibili o in base a esperienze pregresse. Nelle scienze fisiche noi ricerchiamo le cause, partendo dal presupposto siano reali. Ma, esistono effetti che la nostra conoscenza-esperienza da per scontati. Chi mai ha visto l” energia” eppure sappiamo che esiste una forza che convenzionalmente viene definita “energia”. Si dice anche “energia dello spirito”. Buona parte di ciò che crediamo di sapere in realtà consiste in un atto di fede su fenomeni e materia che non siamo in grado di verificare e spesso neppure di capire interamente. Le analogie dalle scienze fisiche sono prese a prestito come base concettuale per costruire teorie psicologiche e del comportamento. Questa struttura alla Procuste è spesso insensata, sbagliata. La parola “idea” , nella sua eccezione più elementare , è sinonimo di differenza. Nella critica del Giudizio, Kant afferma che l’atto estetico più elementare è la scelta di un fatto; egli sostiene che in un pezzo di gesso c’è un numero infinito di fatti potenziali. La Ding an sich, il pezzo di gesso, non può mai entrare nella comunicazione o nel processo mentale proprio a causa di queste infinite potenzialità. I ricettori sensoriali non possono intercettarle; le eliminano. Tra l’infinito numero di differenze ne scegliamo un numero limitatissimo, che diviene informazione. In effetti ciò che intendiamo per informazione , per unità elementare d’informazione, è una differenza che produce differenza.
Se noi valutiamo sotto il profilo informativo un’opera d’arte, scopriamo che quello che ci viene comunicato non è informazione, se non in rari casi, ma piuttosto conferma di una visione stereotipata di una porzione di realtà-conoscenza. Un’opera che riproduce frutti o sottobosco in materiale plastico quale tipo d’informazione veicola? Una riproduzione seriale di una icona della modernità quanta informazione contiene? Siamo in presenza di espedienti elementari che fanno perno sul fenomeno di semplificazione psicologica basata sul riconoscimento, sul déjà vu. L’arte contemporanea, contrariamente a quanto presume, è essenzialmente coazione visiva, immersa com’è nel contingente mondano. La stessa serialità, se non è dovuta a una tendenza alla diplopia, è dimostrazione evidente della difficoltà degli artisti contemporanei di sottrarsi ai limiti della loro modesta cultura, ricorrendo modesti artifizi. Ogni opera degli antichi maestri, e dei migliori artisti moderni, fa storia a se, illustra stimola, propone, allude. Caratteristica dei pasdaran dell’avanguardia, è la cifra ripetuta all’infinito. E’ ciò che il mercato richiede, l’immediata univoca identificazione, stereotipi ripetuti, logo immediatamente identificabile.
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