Arte e filosofia, due visioni della realtà tra fantasia e ragione. L’Eredità lasciata dalla Grecia alla filosofia occidentale è la filosofia occidentale. E’ quanto scrive Bernard Williams nel Libro “Il senso del passato” . Nella scienza i greci hanno imboccato certe vie lungo le quali i Moderni hanno proseguito in progressi.
Nelle arti i greci hanno lasciato opere meravigliose ma poca filosofia e ancor meno critica per la ragione che gli artisti greci erano considerati alla stregua di demiurghi, vale a dire artigiani. Il paradosso che ci sono opere meravigliose delle quali non conosciamo l’autore. Esattamente l’opposto di oggi in cui opere, diciamo poco significative vedono celebrarti i loro autori.
La realizzazione di costruzioni architettoniche, opere all’interno delle quali in epoca successiva avrebbero guardato quanto più quanto meno come a modelli di perfezione.
Nella filosofia i greci hanno aperto quasi tutti i grandi campi ,metafisica, logica, filosofia del linguaggio, teoria della conoscenza, etica, filosofia politica, in misura assai minore, abbiamo già detto, filosofia dell’arte.
Non solo hanno inaugurato questi campi di ricerca, ma li hanno man mano definiti, molti di quelli che ancora oggi riconosciamo come problemi fondamentali di quei campi li dobbiamo a filosofi greci.
Tra gli artefici di questi progressi due filosofi Platone e Aristotele. Da chiunque nel mondo occidentale conosca o studi filosofia, sono sempre stati considerati i più grandi per il genio filosofico e per ampiezza di concezione il loro influsso. Dante definì Aristotele: maestro di coloro che sanno.
Platone esprime le sue perplessità sull’arte perché intuisce che, l’immaginifica creatività che, base dell’arte, si presta a depravazioni estetiche. Così è puntualmente è accaduto. Inoltre l’esaltazione antropologica che l’arte suggerisce finisce per tradursi in un ulteriore aspetto negativo.
L’arte, avendo privilegiata la scelta di libertà, si è sottratta al determinismo che regola l’ambito fenomenologico. La distruzione delle regole a cui si richiama Kant. Agli occhi di Schopenhauer,e del primo Nietzsche,si attua la riduzione della morale a estetica.
La pittura, come dice la parola stessa, è pur sempre un fare. Dunque, al di là delle teorie più o meno credibili, vale per il singolo artista l’affermazione di Goethe: “ Quello che so lo può sapere chiunque,ma il mio cuore è soltanto mio”.
E’ questo che conferisce all’artista la capacità d’incidere sulla realtà, di creare o distruggere. Nietzsche accusava Euripide di aver distrutto la tragedia con la ragione. Euripide controbatte che per essere liberi andiamo contro natura e logica. Hegel, a questo proposito, ha accordata la benedizione dell’Alto del concetto quello storico, della religione,e artistico.
Nella religione estetica, gli artisti che conoscono l’onore degli altari sfuggono il destino generale, sparire più o meno senza essere celebrati. Se non esistesse ancora in molti di essi la facoltà di partecipare positivamente alla trasfigurazione degli altri grandi, l’ottuso bom mot di Andy Warhol sui 15 minuti di gloria per tutti, descriverebbe effettivamente l’orizzonte ultimo di un’attività di civilizzazione nella quale più di qualsiasi moneta la fama viene svalutata dall’inflazione.
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