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Beat Generation e Pantere Nere. Fino dell’innocenza, default morale degli USA.  0

E’ morto l’ultimo personaggio della Beat Generation Lawrence Ferlinghetti, aveva 100 anni. Scrittore, poeta, pittore, editore. In omaggio a Charlie Chaplin, alla sua libreria dette il nome : “City lights”. Nel 1951 pubblico il libro di Jack Kerouc, “Sulla strada”, praticamente l’unico libro di Kerouc. Cosa resta della folta schiera di provocatori  che negli anni ’50 dettero uno scossone al mondo della cultura statunitense? Per Hegel il tempo è divenire intuito. Ma di costoro restano i titoli di libri che pochi hanno letto allora, nessuno legge oggi. Basta provocare per fare cultura? Il libro di Allen Ginsberg “ Jukebox all’idrogeno”  suscitò all’epoca un certo scalpore. Molti della Beat Generation erano omosessuali, non a caso Ferlinghetti apri la sua libreria a San Francisco. Pubblicò “Pictures of the gone World”. Ogni libro era una serrata critica alla società dell’epoca accusata di perbenismo. Oggi non avrebbero argomenti.

Del gruppo facevano parte William S. Borroughs, Gregori Corso, Lucien Carr. La loro “cultura” preparò il terreno a quella che doveva essere la più colossale orgia di droga, alcol e sesso. Il festival è noto con il nome della località in cui avvenne:  Woodstock. Tre giorni dal 15 al 17 agosto del 1969. All’epoca la Beat Generation era ormai parte della establishment culturale ed aveva influenza nella  formazioni di   nuove tendenze, nel sorgere della cosiddetta controcultura che Theodore Roszak illustrò nel suo libro  che aveva per titolo appunto “La Nascita di una controcultura” pubblicato a New York nel 1969.

L’impulso alla ribellione incoraggiò anche la rivolta dei neri. Il Movimento delle “Pantere nere” ebbe Malcolm Little, meglio noto come Malcolm X, tra i suoi capi. Vi fu un impulso alla cultura degli afro-americani. Malcolm X nel 1969 pubblicò la sua autobiografia. Ne venne fuori uno spaccato dell’America tutt’altro che perbenista. Le donne era già allora in prima fila. Malcolm annota che le moglie degli afro cacciarono le donne bianche dalle sedi delle pantere nere perchè, dissero, con la scusa di sostenere la loro protesta facevano sesso con i  loro uomini.

Molti afro pagarono con il carcere la rivolta che non si affidava solo alle manifestazioni di piazza, anche alla pubblicazione di libri, alcuni dei quali sicuramente significativi del clima dell’epoca. Nel 1969, dalla prigione in cui era rinchiuso, Eldridge Cleaver pubblicò “Anima in ghiaccio”. Nel 1971, uscito di prigione,colui che era considerato il più prestigioso leader  del “movimento di liberazione dei neri” pubblicò “Dopo la prigione”.

Altro esponente della cultura dei neri fu George Jackson che pubblicò un toccante libro sulla condizione carceraria  di allora, specie per i neri. Di quella situazione “I fratelli di Soledad”, pubblicato nel 1971, è una testimonianza storica di tutto rilievo.

Il gruppo  della Beat Generation  erano  soprattutto provocatori, ebbero però il merito di comunicare energia alla generazione di neri che gettò  le basi di una società nella quale il colore della pelle non doveva essere una discriminante.  Purtroppo viviamo in una società in cui tutto si tiene ma poco scuote davvero le coscienze.   I fratelli soledad

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Diatriba tra pessimisti e ottimisti.  0

Covid19 2 - 500La lunga diatriba tra ottimisti e pessimisti è una delle tante questione che non ha trovato conclusioni.  Non c’è dubbio che il pessimismo di molti filosofi sia ampiamente giustificato. Proprio in questo periodo, con il Codice 19  abbiamo un esempio di come le calamità possono colpire gli esseri umani. Il concetto di ottimismo è stato creato dall’uomo per descrivere un proprio  stato d’animo. Sono molti i filosofi antichi e moderni  che hanno affrontato il tema. Eraclito, Empedocle, Pitagora, Platone, ed anche narratori e scrittori di tragedie, Orfeo, Pindaro, Erodoto,  Euripide, per limitarci agli antichi. Questi  creatori d’immaginazione e di miti che hanno indugiato sul pessimismo, forse per ragioni personali oppure perché il periodo storico che vivevano suggeriva tale stato d’animo. Infatti l’ermeneutica della realtà, anche degli uomini di cultura, è condizionata dalla proprie emozioni. La vita, l’universo, la natura, non sono ne pessimisti ne ottimisti, sono semplicemente regolati da processi spontanei in base ai quali si produce la vita e la morte di tutto ciò che di vitale esiste sul nostro pianeta. La questione è in parte affrontata nel trattato di filosofia naturale scritto nel 1969 da Jacques Monod, dal titolo:  “ Il caso e la necessità”. A parte i processi biologici, fonte della vita sulla terra, se osserviamo il nostro pianeta in una prospettiva planetaria, ci rendiamo conto che esso è ben poca cosa, un insignificante punto nello spazio. Dovremmo dunque ammettere che scienza, cultura, arte, sono frammenti insignificanti nell’economia dell’universo. Tutto il nostro sapere ha i limiti della nostra intelligenza ed ha necessariamente come riferimento noi stessi e il nostro pianeta. La natura che ci circonda contiene in se stessa la forza che la fa esistere  e la distrugge. Qual è la ragione per la quale la gazzella  è cibo per il leone?   Attraverso ciò che definiamo “cultura” noi abbiamo modificato leggi della natura e abbiamo dato un’impronta alla società che spesso calpesta l’etica, con la nostra scienza improntata al solipsismo, abbiamo distrutto milioni di esemplari di fauna e di flora. La nostra presuntuosa arroganza va ben oltre la nostra intelligenza, tanto che ci stiamo rendendo conto dei disastri provocati ma non vogliamo, o forse non possiamo porre rimedio. Quasi tutti i filosofi, in primis Spinoza , al termine  dei loro ragionamenti concludono: come volevasi dimostrare. In realtà le parole non dimostrano proprio nulla, se mai ipotizzano, presumono, immaginano. Anche l’immaginazione umana finisce per essere codificata. L’arte, specie dopo la deriva delle avanguardie, si è tradotta in forme espressive la cui essenzialità e significato sono affidati alla fantasia dei critici e dei filosofi dell’arte i quali  costruisco castelli di parole  che collidono con la realtà che abbiamo sotto i nostri occhi. Parafrando il noto detto di Gramsci potremmo dire che si affidano all’ottimismo della presunzione.

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Siamo davvero animali intelligenti?  0

La filosofia di Schopenhauer è davvero ricca di contraddizioni per esporre le quali  dovrei scrivere un trattato. Mi limiterò  a brevi considerazioni concentrandomi sul nucleo centrale del pensiero del filosofo. Schopenhauer nel suo libro più importante, “Il mondo come volontà e rappresentazione”, considera la volontà l’essenza stessa della natura umana, animale, vegetale. In pratica assegna alla volontà la funzione che circa un secolo dopo Henri Bergson assegna a èlan vital, l’impulso creativo che muove l’evoluzione. Schopenhauer arriva a sostenere che la volontà è eterna. Siccome la volontà guidata dalla ragione è prerogativa umana, mentre la volontà intesa come della natura alla base dello sviluppo ed evoluzione naturale è legata a fattori climatici, ne deriva che, assumendo che, per ragioni ambientali, come è successo su Marte, la vita si estingua, si estinguerebbe anche la vita umana,quindi  la volontà cesserebbe di esistere, ergo non è eterna. Ma non è la sola argomentazione apodittica di Schopenhauer. La scienza che  affronta il tema dell’evoluzione dell’universo ci dice che i pianeti sono soggetti a radicali cambiamenti dovuti alle graduali evoluzioni del sistema planetario. Ci dice anche che noi conosciamo solo il 5% dell’Universo, tutto il resto è materia oscura. Di fronte a questa evidenza scientifica l’antropocentrismo di Schopenhauer sfiora il ridicolo, a maggior ragione la sua tesi secondo cui la volontà è eterna, a parte la difficoltà di definire il concetto di eternità. Va pur detto che, nella nostra ansia antropocentrica siamo arrivati a creare un dio al quale abbiamo dato le nostre sembianze. Questo sembra indicare che l’intelligente pazzia dell’uomo non ha limiti. Bisogna riconoscere che è molto più umilmente intelligente la poesia. Shakespeare mette in bocca ad Amleto la famosa frase: “ Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio,di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia”.  Schopenhauer avrà letto Amleto? L’arte, specie l’arte plastica, vista in un’ottica planetaria  è ben poca cosa, anche in questo caso si spreca l’enfasi di autoesaltazione. Si costruisce un altare di parole in cima al quale poniamo tutto ciò che è umano. Arriviamo a considerare  arte anche il nostro sterco, nobilitato con artifizi retorici. In realtà il nostro agire è spesso un fischiare nel buio per tenere a bada la paura di vederci per quello che realmente siamo: animali intelligenti ma dissoluti.           Museo lombroso- 500

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Civiltà alla deriva.  0

Ogni pensiero, ogni azione degli esseri umani subisce l’impossibilità di prescindere da noi stessi. Siamo afflitti da un totalizzante antropocentrismo. Osserviamo i film di fantascienza, ipotizzano realtà soprannaturali fantasiose ma, quando si tratta di dar forma all’immaginazione, ricadono all’interno di forme consuete più o meno variate.

Questa ansia antropocentrica si manifesta in ogni ambito del nostro agire e rappresentare.

Molti filosofi hanno affrontato il tema dell’arte con maggiore o minore enfasi,  hanno parlato non dell’arte, ma di ciò che loro pensavano dell’arte, fino ad arrivare ai truismi della filosofia dell’arte di Arthur C. Danto e George Dickie veri manipolatori dell’ermeneutica dell’arte.

Difficile stabilire quanto la critica e filosofia hanno contribuito a modificare l’orientamento degli Artisti   chiamati a confrontarsi con i giganti del passato e affrontare le sfide dell’era della riproducibilità dell’opera d’arte, oltre alle suggestioni della realtà virtuale.

La difficoltà di protrarre il combattimento per una reale immagine artistica, ha indotto molti artisti a gettare la spugna, hanno usato la tecnica come alibi.

Dalla poetica di Aristotele, al disincanto di Platone, l’espressione artistica è stata sempre un momento di disintossicazione dalla realtà.

Anche le forme più astratte, musica e poesia, non legate ai vincoli della forma, hanno comunque subito le conseguenze dello scivolamento verso una materialità soggettivante, in questo caso è stata la libertà a servire da alibi. È pur vero che vi è una certa inevitabilità nello scivolamento verso un soggettivismo. Come recita un proverbio indiano: “Anche un granello di riso getta la sua ombra”.  Secondo Cassirer l’essere umano è un animale simbolico. Questa affermazione, se pur vera, non è  che una tautologia. Siamo simboli di noi stessi, creiamo simboli rassicuranti o inquietanti ma sempre nel solco dell’antropocentrismo.

Ci sentiamo pienamente soddisfatti dalle impressioni che ricaviamo da un’opera d’arte, spesso deviati dalla mancanza di senso critico che ci induce ad accettare ciò che il pensiero corrente impone. Opere costituite da meri concetti che offrono l’estro alla critica di ricami verbali privi di costrutto.

Sul tema dell’intima essenza dell’arte sono stati scritti innumerevoli testi, senza, non  dico risolvere, ma almeno chiarire il problema. Si sprecano le enunciazioni retoriche la cui silloge occuperebbe molti volumi. “L’arte si manifesta dove la scienza si arresta”. “ L’arte rappresenta l’universo della sensibilità umana” “ Ogni opera d’arte autentica riesce a dare risposta a cos’è la vita”.

A questa verbosa retorica hanno a loro modo risposto le avanguardie, che a colpi di fantasiosi concetti hanno demolito la stessa idea dell’arte come ci era stata tramandata nei millenni. Tuttavia non ci arrendiamo e continuiamo a riesumare forme e concetti che riflettono il vuoto di una civiltà destinata ad implodere nell’immenso vuoto interiore delle coscienze che l’estetica non sa più lenire.

Boldrini

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Il pregiudizio della libertà  0

Il libero arbitrio continua ad essere una delle questioni più dibattute della filosofia, anche se già nel 1439 Lorenzo Valla consigliava di non perdere tempo con simile argomento. Vogliamo essere liberi e indipendenti, ma siamo succubi del giudizio degli altri. Ci crediamo liberi e disincantati ma in realtà seguiamo una serie di preconcetti e soprattutto qualsiasi cosa appaghi i nostri desideri. Questo comportamento è definito “libero”. Quando vedo masse affollare piazza San Pietro, mi chiedo quanti di loro conoscono e osservano i 10 comandamenti, qual è la convinzione che li muove? A rendere ancora più nebuloso il concetto di libertà, è l’affiancamento dell’idea di tolleranza. Tolleranza è termine nato durante l’assolutismo regio, allora aveva un senso. Se oggi siamo liberi di fare ciò che ci piace non abbiamo bisogno della tolleranza degli altri, a meno che si scriva tolleranza e si legga adesione, ovvero accettazione di situazioni poco adamantine. In  “Esperienza privata e dati di senso” Wittgenstein definiva l’approssimazione concettuale: “va bene così” Il momento in cui si abbandona il ragionamento e si accetta il dato comune, o limite. Sono stati scritti innumerevoli libri sulla teoria della mente e la capacità di assumere consapevolmente le nostre decisioni, quasi sempre immaginando ciò che non è. Sull’attentato dell’11 settembre a New York si sono consumati fiumi di parole, libri, immagini, riti. I morti furono poco più di 3000. Nessuna commemorazione, nessun ricordo, nessun rito sulle migliaia e migliaia di vittime innocenti conseguenza della guerra di aggressione all’Iraq scatenata da Bush usando a pretesto delle menzogne. Siamo rimasti a quando Locke, Berkeley Hume, discettavano di morale e ragione mentre le truppe inglesi massacravano e sottomettevano indigeni in ogni lembo del pianeta. Le femministe occidentali accusano la religione islamica di essere sessista. Esiste manifestazione di sessismo maggiore, se pure non di genere,nella richiesta di libertà sessuale senza regole? Il problema della consapevolezza, o della ragion sufficiente, è accantonato in favore di teorie che piuttosto di spiegare giustificano. Se noi ci soffermassimo sull’essenza delle cose, sul perchè delle nostre azioni, ci accorgeremmo, forse, che la quasi totalità dei miti contemporanei sono basati sul nulla, sull’esasperazione del solipsismo rubricato sotto la voce “diritti individuali”. L’eroina del film “The Red Shoes” indecisa se dedicarsi alla danza o vivere, decide di suicidarsi, compie un atto razionale? Gli esperimenti dei neuroscienziati confermano che solo nel 26% dei casi siamo consapevoli delle nostre scelte. Nei meccanismi mentali s’insinuano induzioni estranee che noi immaginiamo libere. E’ il coacervo di queste contraddizioni che producono la democrazia malata nella quale viviamo. Se una minima parte delle persone che acclamano il Papa in realtà non osserva i precetti religiosi, è molto più probabile che un numero maggiore di persone segua gli stili di vita dei cantanti rock, notoriamente bisex e dediti agli stupefacenti, la secondo scelta è più comoda.

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Arte e politica  1

Cosa pensate dei candidati che si contendono il vostro voto? Pensate che possa essere disdicevole esprimere pubblicamente un vostro parere sopratutto se non siete militanti di una parte politica? Sapere cosa pensano gli artisti è utile per capire l’orientamento culturale dell’Italia.

Frida Kahlo Olio su tela

olio su tela data e oggetto sul Portale

olio su tela data e oggetto sul Portale

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Gusti e disgusti.  1

cartier bresson51Si da per scontato che le scelte,  il gusto, siano frutto di libero e consapevole arbitrio. In realtà siamo soggetti all’induzione dei media che trovano fertile terreno nello spirito gregario delle masse. I riflessi condizionati approfonditi dagli studi di  Pavlov, la campanella è stata sostituita dalla TV. Secondo un sistema di segnali pavloviano il carattere più ampio e comprensivo e la funzione di rappresentare l’essenza, rispetto ai riflessi condizionati abituali, raramente si avvale di una precisa funzionalità logico concettuale. Le connessioni logico funzionali non sono sottoposte al vaglio della ragione, o anche solo a considerazione di ordine pratico sul rapporto azione – effetto.  La scolarizzazione è  la foglia di fico dietro cui si cela una abissale ignoranza. che si manifesta in comportamenti, gusti, abbigliamento, utilizzo del tempo libero. E’ soprattutto nel linguaggio. E’abbastanza ridicola la diatriba sul conciso linguaggio dei msm, visto che il linguaggio parlato abitualmente è fitto di espressioni scurrili, richiami escatologici e genitali. Tra il cosiddetto linguaggio colto e il linguaggio corrente, inclusa larga parte della letteratura di consumo, vi è una sorta di incomunicabilità, una dicotomia nella quale il linguaggio scurrile prevale di gran lunga, è abituale per i “letterati”, tv, cinema, teatro. Anche il consumismo è esaltato dai filosofi che  con linguaggio paludato ne intessono elegie. In realtà neppure il consumismo è frutto di libera scelta. Soprattutto, è bene ripeterlo, è quanto di più contrario a un concetto di uguaglianza. Anche il tema del valore delle cose è direttamente in rapporto con il gusto. Esempio emblematico l’ arte contemporanea.

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