Ogni pensiero, ogni azione degli esseri umani subisce l’impossibilità di prescindere da noi stessi. Siamo afflitti da un totalizzante antropocentrismo. Osserviamo i film di fantascienza, ipotizzano realtà soprannaturali fantasiose ma, quando si tratta di dar forma all’immaginazione, ricadono all’interno di forme consuete più o meno variate.
Questa ansia antropocentrica si manifesta in ogni ambito del nostro agire e rappresentare.
Molti filosofi hanno affrontato il tema dell’arte con maggiore o minore enfasi, hanno parlato non dell’arte, ma di ciò che loro pensavano dell’arte, fino ad arrivare ai truismi della filosofia dell’arte di Arthur C. Danto e George Dickie veri manipolatori dell’ermeneutica dell’arte.
Difficile stabilire quanto la critica e filosofia hanno contribuito a modificare l’orientamento degli Artisti chiamati a confrontarsi con i giganti del passato e affrontare le sfide dell’era della riproducibilità dell’opera d’arte, oltre alle suggestioni della realtà virtuale.
La difficoltà di protrarre il combattimento per una reale immagine artistica, ha indotto molti artisti a gettare la spugna, hanno usato la tecnica come alibi.
Dalla poetica di Aristotele, al disincanto di Platone, l’espressione artistica è stata sempre un momento di disintossicazione dalla realtà.
Anche le forme più astratte, musica e poesia, non legate ai vincoli della forma, hanno comunque subito le conseguenze dello scivolamento verso una materialità soggettivante, in questo caso è stata la libertà a servire da alibi. È pur vero che vi è una certa inevitabilità nello scivolamento verso un soggettivismo. Come recita un proverbio indiano: “Anche un granello di riso getta la sua ombra”. Secondo Cassirer l’essere umano è un animale simbolico. Questa affermazione, se pur vera, non è che una tautologia. Siamo simboli di noi stessi, creiamo simboli rassicuranti o inquietanti ma sempre nel solco dell’antropocentrismo.
Ci sentiamo pienamente soddisfatti dalle impressioni che ricaviamo da un’opera d’arte, spesso deviati dalla mancanza di senso critico che ci induce ad accettare ciò che il pensiero corrente impone. Opere costituite da meri concetti che offrono l’estro alla critica di ricami verbali privi di costrutto.
Sul tema dell’intima essenza dell’arte sono stati scritti innumerevoli testi, senza, non dico risolvere, ma almeno chiarire il problema. Si sprecano le enunciazioni retoriche la cui silloge occuperebbe molti volumi. “L’arte si manifesta dove la scienza si arresta”. “ L’arte rappresenta l’universo della sensibilità umana” “ Ogni opera d’arte autentica riesce a dare risposta a cos’è la vita”.
A questa verbosa retorica hanno a loro modo risposto le avanguardie, che a colpi di fantasiosi concetti hanno demolito la stessa idea dell’arte come ci era stata tramandata nei millenni. Tuttavia non ci arrendiamo e continuiamo a riesumare forme e concetti che riflettono il vuoto di una civiltà destinata ad implodere nell’immenso vuoto interiore delle coscienze che l’estetica non sa più lenire.