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La fisionomia delle cose.  0

La pittura è un tentativo di ottenere la fisionomia delle cose e dei volti attraverso la restituzione integrale della loro configurazione sensibile, è ciò che la natura fa senza sforzo in ogni momento. Ecco perché i paesaggi di Cézanne sono quelli di un mondo in cui non c’erano ancora uomini, egli sosteneva  che il paesaggio dipinto deve emanare un profumo.

Percepiamo con il corpo, i sensi, la parola invece nasce dal pensiero e non ha forma. Ogni percezione è la materia che prende forma, il reale si distingue dalle nostre finzioni perché in esso il senso investe e penetra profondamente la materia attuando l’affermazione di di Hegel secondo cui il reale è razionale.

Quando l’artista sostituisce la parola alla forma, in pratica rinuncia all’arte plastica per richiamarsi al pensiero che è materia della filosofia.

Ma la filosofia è l’elaborazione del pensiero per arrivare al concetto,cioè alla sintesi, le poche parole che costituiscono l’opera non sono sintesi di nulla perché non precedute dalla elaborazione teorica, assumono quindi più che altro le caratteristiche di slogan.

Le opere di Isgrò,Ben Vautier,Chiari, per citare alcuni artisti che operano in questo modo, usano le parole come  metafora, con richiami a significati che però non sono visibili nell’opera, dunque non hanno valenza estetica ma solo concettuale.

Al contrario, la fenomenologia dell’Arte è il percorso attraverso il quale avviene l’elaborazione della forma. Plinio il vecchio narra che la pittura ha avuto inizio quando un pastore ricalcò la sua ombra e la colorò.

L’arte non può essere solo immaginazione, ma è gnosi. Plutarco ha tramandato un frammento di Eraclito che potrebbe valere come motto dell’illuminismo: “Eraclito dice che unico e comune  è il mondo per coloro che son desti, mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo  suo proprio e particolare”. Quali sono le regole  e le leggi del mondo comune, del mondo della natura  delle azioni umane così come si manifestano? Il mondo comune è quello della ragione, dunque della conoscenza.

Kant cita il motto di Eraclito nei sogni di un visionario chiariti con sogni della metafisica del 1776, nella fase  in cui si vede risvegliato, grazie allo scettico Hume, dal sonno dogmatico e dai sogni della metafisica. Deve il filoso rassegnarsi e dire alla fine con Voltaire: “Fateci attendere alla nostra sorte , lasciateci andare in giardino a lavorare”.  Significa cioè ritornare al significato originario del sostantivo Arte che implica fare.Cezanne 500

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