Da tempo è in atto un dibattito sulla fruizione emotiva dell’arte. Alcuni ritengono l’emotività un modo ottimale di affrontare la lettura dell’opera, altri propendono per l’approccio razionale.
Entrambe le opinioni sono apofantiche perché trascurano di considerare le suggestioni a cui siamo soggetti, oltre alla qualità e la natura delle esperienze soggettive.
Kant riduce espressamente lo scaturire della nostra esperienza a due fonti principali. Egli sostiene che innanzi tutto è da considerare la ricettività delle impressioni. Il secondo aspetto è quello che conosce in un oggetto le rappresentazioni, ovvero spontaneità dei concetti.
La conoscenza umana forse è legata a meccanismi mentali ancora in parte sconosciuti. Si da per certo abbia origine dalla sensibilità e dall’intelletto. Mediante il primo gli oggetti ci vengono dati. Con il secondo vengono pensati.
Senza dubbio gioca un ruolo la interiezione che però è poco di aiuto nella interpretazione del fenomeno arte.
Quando Einstein afferma che l’immaginazione è più importante della conoscenza, dice cosa vera perché l’immaginazione è una forma di intelligenza creativa potenzialmente infinita, mentre la conoscenza è per definizione limitata oltreché non sempre corretta.
L’immaginazione non è riducibile alla sola sensibilità e alla ragione, se l’immaginazione creativa nasce esclusivamente dall’esperienza, per così dire si materializza, e non è più pura immaginazione, è simile alla emersione dal fiume carsico creato dal nostro vissuto e dal nostro pensato che ad un tratto emerge con prorompente energia e consente di creare ciò che forse a lungo abbiamo pensato. Ecco perché il vissuto è importante.
L’eristica usata da critici e filosofi dell’arte è un fattore di suggestione, non di conoscenza, con la scrittura sinottica dei cataloghi, si indirizza l’osservatore verso una interpretazione funzionale alla valorizzazione dell’opera il cui contenuto è spesso banausico.
In “Nascita della tragedia” Nietzsche sottolinea l’enorme contrasto, per origine e per fini, tra l’arte dello sculture e del pittore, da lui considerata apollinea, e l’arte non figurativa della musica che considera dionisiaca. Oggi queste distinzioni non hanno forse molto senso, visto la commistione delle arti. La nostra epoca, che si crede superiore, usa l’idea di libertà, anche per l’arte, come un passepartout per ogni forma di devianza.
Il risultato è che l’artista il quale produce forme vuote, è suo malgrado la cifra del tempo che viviamo. Nel 1958 Jean Paul Sartre pubblicò “La nausea” . Nel libro narra del vuoto incolmabile che si stava creando nella società occidentale, la rinuncia ai valori e frustrazione all’origine dello scivolamento di Antonio Roquentin, protagonista del romanzo. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti della Senna, nel frattempo l’occidente non è certo migliorato.