Secondo Heidegger: “ il tratto fondamentale del Mondo Moderno è la conquista del mondo risolto in immagine”. In breve, il ricorso all’apparenza. Nella nostra rutilante e rumorosa civiltà, il problema del nulla non è d’attualità, tuttavia resta uno dei tanti problemi irrisolti diventato argomento per umoristi.
A ben vedere l’arte ha celebrato in vario modo il nichilismo negando innanzi tutto se stessa. Dal quadrato nero di Kazimir Malevich, ai barattoli di Piero Manzoni.
Vi è una certa contiguità tra esistenzialismo e nichilismo come dimostra quello che è considerato un caposaldo imprescindibile della filosofia contemporanea, “L’essere e il nulla”,di Jean-Paul Sartre, storico manifesto dell’esistenzialismo francese, che fin dalla sua prima comparsa nel 1943, si è subito imposto come il testo necessario per chiunque voglia scoprire la forza e l’angoscia suscitate dalla libertà.
In contrasto con la lunga tradizione speculativa della filosofia occidentale, Sartre con coraggio afferma che l’uomo non è definibile proprio perché al suo principio non è niente, solo col tempo sarà. L’uomo infatti non è altro da ciò che fa, non è nient’altro di quello che progetta di essere: l’esistenza precede sempre l’essenza. Con queste asserzioni il filosofo parigino ci restituisce una nuova idea di umanità. Affermare che l’esistenza precede l’essenza significa affermare che non esiste una natura umana, un’idea a priori di umanità alla quale l’uomo dovrebbe conformarsi per essere un uomo, che nessuna essenza universale può precedere l’esistenza singolare. Per Sartre, il valore dell’esistenza dipende esclusivamente da quello che essa saprà fare di se stessa, dunque dai suoi atti, dalla sua responsabilità. La libertà si rivelerà in ogni sua azione, in ogni suo momento.
La nostra comprensione intellettuale deve saper sollevarsi fino alla autorità della ragione e non dovrebbe venire scossa dal alcun impulso emotivo o fisico.
Se volessimo vedere la questione sotto l’aspetto di fiaba diremmo; c’era una volta nell’XI secolo Fredegiso di Tours, allievo del sapiente Alcuino la cui fama nei secoli cosiddetti bui del Medioevo è legata principalmente a un epistola nella quale lo studioso sosteneva che il nulla non può non essere qualcosa di reale. La sua tesi fu liquidata sprezzantemente da De Wulf come insieme di “infantili sofismi”.
Studiosi più recenti sono stati più clementi. Il filosofo Ludovico Geymonat nel 1952 osservava: pare più facile sorridere della soluzione di Fredegiso che non trovarne un’altra di maggiore consistenza dato che egli ci pone una domanda piuttosto imbarazzante: se il nulla sia qualcosa oppure no.
Quando usiamo la parola “nulla” per noi ha un significato determinato che implica spesso semplicemente assenza di significato. Infatti il nichilismo dell’arte si riverbera in opere che esprimono aspetti della negatività, ovvero sono una sorta di celebrazione del nichilismo.