Arte e denaro  2

Il denaro è una delle ragioni per cui la società è andata progressivamente spersonalizzandosi. Come rileva Marx (Capitolo quarto- Seconda sezione) Al contrario del potere terriero, la proprietà privata, che poggia su rapporti personali, più o meno degradati, il denaro è assolutamente spersonalizzante. Dal detto di Vespasiano: “ pecunia non olet” ai proverbi francesi: “Nulle terre sans seigneur” “ L’argent n’a pas de maitre”. L’esasperazione di questa tendenza ha un protagonista in Enrico III, il cristianissimo re di Francia, che arrivava a rubare ai conventi le reliquie per convertirle in denaro. I focesi saccheggiarono il tempio di Delfi rubandone i tesori. Shakespeare nell’opere Timone d’Atene (Scena III,Atto IV) Affronta da par suo il tema del denaro:” Oro? Giallo, luccicante, prezioso oro? Basterà un po’ di questo per rendere nero il bianco, bello il brutto, dritto il torto, nobile il basso….” Oggi dovremmo rispondere tristemente con un si. Il tema del denaro è antico quanto la civiltà. Sofocle lo affronta in Antigone: “ In verità per l’uomo nulla ha poteri così tristi e larghi come il denaro, che città devasta, uomini strappa alle lor case ….” In pochi ambiti forse il denaro ha creato un vuoto di valori culturali come nell’arte. Aristotele contrappone l’economia alla creamatistica. La ricchezza consiste nei valori d’uso . Questa specie di proprietà non è illimitata. Nello sviluppo della civiltà la tendenza originaria dell’economia del lavoro e dello scambio si è tramutata in crematistica, arte di far denaro. Cosa sono le aste delle opere d’arte se non lapalissiana dimostrazione di come l’arte abbia perso ogni significato culturale per diventare una merce il cui costo è disgiunto dal valore. Quando le opere venivano prodotte per un committente, esse avevano un significato storico, religioso, filosofico. Un arte prodotta per il mercato è affidata al soggettivismo dell’artista che la produce e alla sua personale cultura. Quale criterio segue l’artista che produce per un acquirente che non conosce? In astratto è guidato dalla sua cultura e dal suo gusto, ed è proprio qui che casca l’artista. Quale sarà stata l’idea guida di Burri quando decide di utilizzare sacchi per la spazzatura? Cosa si proponeva Manzoni quando inscatolava la merda ed il suo fiato? E prima ancora quando Duchamp metteva in mostra un orinatoio? La storia dell’arte contemporanea celebra queste “opere” ma ne ha davvero compreso il senso? Di certo non è convincente l’ermeneutica della critica e della storia dell’arte. Forse la spiegazione è estremamente semplice, addirittura banale, trattasi di operare a fini di lucro. Una volta chiesi ad un amico, un artista importante, le cui opere sono nei maggiori musei, la ragione per cui avesse scelto di dedicarsi all’arte. La sua risposta fu disarmante: sempre meglio che lavorare. Artisti e critici come una società di mutuo soccorso usano espressioni enfatiche per nascondere la bruta realtà del nulla che le opere rappresentano. Il mondo dell’arte si avvale di una finta libertà , l’organizzazione molare si traduce in un’azione castrante attuata da malati di egocentrismo che, in quanto ignoranti, sopravvivono di autoreferenzialità espressa nella formula tautologica: è arte perché è arte. Una paziente ripresa del processo di valutazione è resa inattuabile dai mercanti. Mettere in discussione l’arte significa mettere in discussione la cremastica stratificata nel mondo dell’arte. L’artificio non può essere svelato, conviene proseguire nella finzione che il re sia coperto da sontuosi abiti. Forse un giorno nascerà il bambino che saprà dichiarare l’evidente verità, ma fino ad allora proseguirà la finzione. grafica impressionista20

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2 Comments

giuseppe scrive:

L’arte e il denaro sono un binomio costante. Oggi purtroppo il denaro prevale su tutto, anche l’arte non fa eccezione. Grazie per il testo.
Giuseppe


osvaldo scrive:

E’ proprio questo il problema. Gli artisti non hanno altro pensiero che guadagnare soldi ed essere accolti nelle cerchie mondane. Più che il gusto domina il disgusto. questo è ciò che penso


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