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Abbiamo creata una interiorità tecnologica?  0

La retorica affermazione “l’arte parte da dove la scienza si ferma” ritengo non corrisponda al vero. Gli artisti hanno cessato da tempo di rappresentare la bellezza della natura attuando la mimesi, la scienza ha fatto enormi passi verso la conoscenza, ma ha disseminato il percorso di disastri, oggi si cerca di correre ai ripari.

Le regole metodiche delle scienze hanno prodotto una sorta di estraneità verso la natura e comunicato un senso di onnipotenza tecnologica. Dovremmo provare ad esaminare con attenzione in cosa consiste lo sviluppo tecnologico e cosa produce. Non è questa la sede per tale esame, ciò a cui possiamo accennare sono le ricadute di carattere socio-culturale e psicologico nel mondo dell’arte.

E’ possibile aver creata una “interiorità tecnologica” ? Qualcosa deve essere successo, visto che gli artisti si arrendono alla tecnologia e buttano a mare secoli di epistemologia artistica.

Se l’arte finisce per avere come riferimento  concetti teleologici basati sulla produttività tecnica, la domanda che segue è: per produrre cosa? Verso quale escatologia? Risposta inevitabile: il mercato.

Quando Husserl usa il concetto di Erlebnis, per lo più rozzamente tradotto con il termine:avventura, ritiene che il riferimento sia la coscienza, nella sua libera attività di immaginazione creativa. A costituire la coscienza sono anche il vissuto, ciò che abbiamo imparato e sperimentato nel corso del costante flusso della nostra esistenza.

Coscienza significa consapevolezza delle nostre azioni delle quali dovremmo almeno tentate di avere il controllo, sul piano emotivo e pratico.

Bergson nel 1899 pubblica “ I dati immediati della coscienza” , il libro contiene dure critiche alla psicologia del suo tempo. Egli prende in esame l’intima compenetrazione di tutti gli elementi della coscienza  e si schiera contro la scienza oggettivante. La sua presa di posizione è destinata all’insuccesso.

L’opera d’arte, in quanto costituisce un mondo a se, si stacca da tutti i nessi con la realtà oggettiva, è ispirata da ciò che rappresenta l’essenza specifica dell’avventura della mente creativa che sperimenta di volta in volta nelle forme di una sensibilità gnoseologica. La vera opera d’arte è un’avventura estetica che rinnova il confronto tra pensiero e forma, essa viene intesa come la pienezza della rappresentazione simbolica, metafora di una realtà immaginata che, anche se non realizzata, trasmette energia psichica e ci aiuta ad affrontare il presente. Arte come nutrimento della sensibilità e dell’intelletto.

Ernst. R. Curtius, nel suo libro sull’estetica del Medio Evo  rappresenta bene questa possibilità. Ripreso da Ronald G. Witt in “L’eccezione italiana”, seguendo i concetti di simbolo e allegoria.

Georg Lukàcs attribuisce alla sfera estetica una struttura eraclitea, intendendo  con ciò che l’unità del soggetto estetico non è un dato reale. Vista in  quest’ottica l’arte astratta è una tautologia.

Ogni rappresentazione è una rappresentazione per qualcuno. E’ necessario quindi che l’artista e l’osservatore condividano lo stesso codice, a prescindere dal livello culturale. Le immagini religiose con le quali la Chiesa Medioevale comunicava con i propri fedeli, la maggioranza dei quali erano analfabeti, erano condivise anche senza ermeneutiche iconologiche.

Anche l’arte contemporanea ha un proprio codice di lettura calibrato,più o meno consciamente, su etica e cultura della società di oggi. La società infatti accetta, esalta e compra: orinatoi, rane crocifisse, barattoli di merda, fotografie pornografiche.

 

NATURA - 500

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