Nel suo libro “La trasfigurazione del banale” Arthur C.Danto definisce la metafisica esecrabile filosofia, non si può negare sia coerente con la natura dei suoi scritti. Secondo Kant “la metafisica ha lo scopo peculiare d’indagare tre sole idee: Dio, la libertà e l’immortalità, in modo che il secondo concetto,unito al primo deve condurre al terzo …” Non c’è dubbio che sgomberato il campo dalla religione, dall’estetica, dando alla libertà una dimensione nella quale non c’è spazio per la responsabilità, anche l’utopia progettuale propria della creatività artistica si trova nel vuoto assoluto. Ne deriva che l’azione dell’artista si radica interamente nella materialità della forma che esprime se stessa in assoluta, ma vuota, autoreferenzialità. Noi percepiamo oggetti fisici attraverso un’esperienza che interagisce con le strutture del cervello condizionato dall’evoluzione che accumula una pluralità di esperienze. La visione dell’oggetto provoca la riflessione che traduce l’oggetto in concetto. Ma cosa accade quando la visione non coincide con il significato che l’artista, o per esso il critico, attribuisce all’oggetto sotto i nostri occhi? Il travisamento della realtà che critica e filosofia dell’arte attuano, non è anch’essa una diversa forma di metafisica? Nel 1982 Maurizio Calvesi pubblicò “La metafisica schiarita”, trattava nel testo l’opera di alcuni artisti, De Chirico, Carrà, Morandi, Savinio, tutti appartenenti al movimento denominato “Metafisico” che ebbe inizio del secolo scorso. Allora non eravamo ancora stati sommersi dalla marea dell’arte “filosofica” statunitense. Nel suo libro Calvesi si richiama alla cultura italiana ed europea, ai trecentisti toscani, al Rinascimento. La citazione di Papini e le sue aperture verso Schopenhauer, Nietzsche, Weininger e Vico. Sono trascorsi solo 33 anni, ma sembrano secoli se osserviamo la deriva dell’arte, soprattutto la totale sottomissione del mondo culturale e artistico italiano alla egemonia USA. Un tema che ho trattato in altre occasioni e sul quale sarà il caso di tornare per cercare di capire come sia possibile che un paese, con millenni di storia, abbia potuto abdicare non solo sul fronte politico, per il quale la giustificazione è la potenza militare, ma anche nell’ambito culturale dove i cannoni non servono. La resa si spiega solo con il travisamento della stessa idea di cultura.
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