Le citazioni producono un effetto di straniamento, quasi una sorta di sottile frazionamento. E’ questa la ragione per cui Benjamin sosteneva che le citazioni sono come banditi da strada che sbucano e portavano via all’argomentante le sue buone ragioni. Ovviamente il paradosso di Benjamin non è sempre valido, se anche fosse vero, l’espropriazione avrebbe comunque un effetto positivo, nel senso che indurrebbe l’espropriato a rimodellare pensieri e argomentazioni. Tuttavia non c’è dubbio che spesso si vogliono sostenere le ragioni del presente citando filosofi del passato. Le teorie elaborate secoli prima possono forse conservare una loro validità se argomentano su questioni attinenti alla natura umana, che, purtroppo, non è molto cambiata, tanto meno migliorata nel corso del tempo. Altra cosa se l’argomento riguarda questioni attinenti a una società radicalmente mutata. Esempio emblematico,la tolleranza. All’epoca dell’assolutismo monarchico e religioso, aveva buone motivazioni. Oggi in cosa consiste la tolleranza? Tolleranza verso chi coscientemente viola leggi e norme sociali che hanno lo scopo di difendere i più deboli, tirata in ballo per giustificare abiezioni di ogni genere, incoraggiamento a comportamenti disdicevoli.
L’apodittica affermazione: tutte le idee hanno diritto di essere espresse, va precisata. Espresse o applicate? Certe forme di tolleranza rivolte noi stessi, sono un colpo di maglio non alla verità, ma alla ragione. Si esclude a priori la necessità di sottoporre le idee al vaglio della razionalità. Deleterio rinunciare a priori al tentativo di arrivare attraverso la logica a raggiungere il punto più vicino alla verità, ciò è impossibile se si esclude a priori esista qualcosa che possa definirsi “verità”. Questo atteggiamento ispirato al cinismo,contrariamente a quanti sostengono, non a favore della convivenza, al contrario, è fonte di prevaricazioni e soprusi. La negazione logica, il ricorso al surreale può valere come espediente letterario, in opere di Jonesco e Beckett. La ragione è stata definita la più umana delle virtù, è senz’altro imperfetta, tuttavia, usata con umiltà, resta l’unico strumento che abbiamo per orientare la nostra esistenza. Diceva Diderot “ chiedere di rinunciare alla ragione è come chiedere a chi trovandosi di notte in una foresta con un torcia accesa, venisse invitato a gettarla via per il fatto che non consente di vedere tutto e di vedere lontano”. A proposito di tolleranza, diceva Chamfort: “dobbiamo essere giusti, prima che generosi”. Per Montagne:“ Noi siamo, non so come, doppi a noi stessi,cosicché non crediamo in ciò che crediamo, e non riusciamo a disfarci di ciò che condanniamo”. L’epistemologia, cioè l’insieme delle nostre conoscenze, a partire da Cartesio e Locke, è stato gradatamente disgiunto da riferimenti logici diventando sinonimo d’incertezza. L’informazione, l’abilità, l’apprendimento, finiscono per appiattirsi in una narrazione eristica a sfondo solipsistico ludico adottando acriticamente la tesi di Hume secondo il quale “ la ragione è serva delle passioni”.
Dunque, conoscenza ed etica, ridotte a opinione, o peggio alla concretezza funzionale. In questo modo il materialismo ateo, che si finge compassionevole,porta al vicolo cieco del qualunquismo. Il percorso verso la conoscenza dovrebbe tener conto del detto kantiano secondo cui non si può mettere in dubbio ciò che non si conosce. Vi è un mondo dei clown, soprattutto di matrice americana, di cui fa parte la “politically correct”, che rende incerto chi giudica chi, questo ci porta alla “democrazia GALUP”, anche in Italia. Scriveva Kafka all’amico Brod: seguendo gli Usa, sembriamo essere diventati Hardy & Laurel, ma abbiamo cessato da un pezzo di ridere.
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