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In forma di parole  0

Mentre l’arte, cosiddetta bella, divaga un forme improbabili, come i pensieri di chi la genera,ricorrendo sempre più spesso alla tecnica, la poesia e la letteratura attraverso le parole dovrebbe creare immagini destinate ad essere scolpite dentro di noi. Oggi questo è sempre meno vero La cultura contemporanea è sterile, vacua, tanto compiaciuta di se stessa da ignorare la torbida decadenza che infetta l’intera società. L’arte da parte sua deflagra in fantasiose insensatezze,raccogliticci reperti della società industriale presentati sotto forma di ready made come oggetti d’arte. Le parole sono puzzle che compongono immagini. Fino a quando? C’è il rischio che un paranoico tecnologizzato crei un robot in grado di sfornare romanzi. Come scrive Eliot:”… sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno/ avrebbe bisogno di essere buono..” . “ Chiamatemi Ismaele..”E’’ l’incipit di Moby Dick, il capolavoro di Herman Melville, resta nella memoria di chi ha assimilato il pensiero di un confronto dell’uomo con il cetaceo, simbolo demoniaco, con il quale dobbiamo confrontarci, anche se la nostra inconsapevolezza ci distrae Non serve la vista, ne sfoggiare immagini al museo per ottenere l’accredito nel mondo della cultura e dell’arte. Dovrebbe essere sufficiente la memoria per consentirci di riprendere il filo di riflessioni che ci riportano alle figure simboliche di esistenze create per metterci di fronte a noi stessi. La mitica figura del capitano Achab, preso dalle propria ossessione, è una traccia importante, uno specchio opaco di esistenza spesa in inutili giochi . “La città di Sofronia si compone di due mezze città” E’ l’inizio del quarto capitalo de “Le città invisibili” di Italo Calvino. Nomen omen, il rigore di colui che aveva l’assillo del rigore ha lasciato forse un erede. Il 6 giugno del 1984 Italo Calvino fu invitato dall’Università di Harvard a tenere lezioni alla Charles Eliot Norton Poetry Lectures. La morte lo colse prima che potesse adempiere l’impegno. Resta il libro “Lezioni americane” – Sei proposte per il prossimo millennio”. In esso vi è tutto il rigore di una mente creativa che cerca risposte. Quando troveranno un approdo i pensieri positivi, sani, capaci di aiutarci a dare un senso alle nostre vite? Magritte Castello dei Pireni

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Poeti e fucili  0

Il vuoto etico sociale degli Stati Uniti si manifesta anche attraverso poeti e critici, dispersi in un paese senza storia. Quando non espatriano, come hanno fatto,Thomas S. Eliot, Henry James, Ernest Hemingway, F.Scot Fitzgerald, e altri, inventano paesi immaginari come ha fatto William Faulkner con la sua Yoknapatawpha. Quelli che rimangono, nella migliore delle ipotesi, possono cantare la natura, non ancora del tutto annientata dal loro brutale materialismo, e la sessualità infelice. Davvero sorprendente come l’omosessualità influenzi un gran numero di poeti, artisti, scrittori americani, è quasi una tradizione il cui testimone è raccolto da molti artisti contemporanei, in particolare tra New York e Los Angeles. Nel resto del paese vi è ancora un residuo di una giovane storia, la cosiddetta nuova frontiera che consiste essenzialmente nel genocidio dei nativi verso i quali i poeti americani non sembrano nutrire alcun interesse. Se fosse in mio potere salvare qualcosa dell’America, sceglierei i pellerossa e ributterei in mare i Padri Pellegrini che hanno portato nel nuovo mondo il morbo inglese, l’ansia di sottomettere altri popoli e sterminarli. I poeti, i narratori cantano una America che non esiste, che non è mai esistita, non sono disponibili ad esami di coscienza. Harold Bloom, in una delle sue sillogi di letteratura statunitense, more solito, declina la narrazione critica in una strabica elegia. Dedica trenta pagine a Thomas S. Eliot, intrise di commenti sprezzanti, settantatre pagine ad Hart Crane al quale dedica entusiasti commenti. E’ comprensibile. Forse tra i due c’è un’affinità . Crane visse intensamente la propria omosessualità, che trova costanti richiami nelle sue opere. Morì suicida a 32 anni. Bloom conferma alcune mie convinzioni. Una cosa è conoscere, altro è capire. La sensibilità non si acquisisce sui libri. Le nostre azioni sono dettate dai nostri pensieri, da quello che siamo. Non è un caso che Bloom abbia una sorta di rifiuto di Thomas S. Eliot. Forse perchè cattolico, portato a una visione dell’esistenza più spirituale, meno condizionata dalla sessualità. La lettura dei poeti statunitensi è forse una chiave che ci aiuta a capire le ragione del trionfo del femminismo. Camilla Paglia è stata allieva di Bloom. Una mia mostra del 1977 “America wedding” l’amico Giorgio Brizio scrisse una critica con il titolo “America, quando ti toglierai i vestiti” . Non essendo mai stato negli USA Brizio scrisse un testo privo di senso. L’America non solo si toglie i vestiti, ma è talmente intrisa di materialismo da trasformare anche le religioni in un questione commerciale. Basta vedere la sequela di predicatori che cercano “clienti” tramite la tv alla domenica mattina. Gli USA hanno creato Hollywood la Sodoma del XX secolo e infestano il pianeta con la loro propaganda decettiva fatta di eroi di celluloide e femminismo aggressivo. I poeti sono stati in molti casi mosche cocchiere. Magritte Castello dei Pireni

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Memoria  0

Siamo in tempi in cui sono finiti i grandi sogni. Come dice Imre Kertész:” addormentarsi è inutile svegliarsi è superfluo”. Vi è un grande abisso tra la realtà naturale è il pensiero. Dove mai troveremo un uomo giusto? A Sodoma era rimasto Lot, l’unico giusto. Oggi chi salveremmo in questo pianeta in disfacimento ? Un dipinto di Corot rappresenta la distruzione di Sodoma. Un immagine fatale di abbandono. Non sono pensieri con i quali iniziare il giorno mentre guardo dalla finestra del mio studio. La fitta nebbia è una coltre che nasconde ciò che non voglio vedere, così un’inutile memoria vorrei fosse cancellata da una felice smemoratezza. Il linguaggio è strumento di menzogna, lo usiamo anche per ingannare noi stessi. Cosa significa l’espressione: mi guardo in dentro? L’occhio è pragmatico. Vede solo il presente. L’occhio della mente è daltonico. Colora i ricordi grigi. Mi sono sempre chiesto le ragioni che spingono a scrivere biografie. Leggere la vita degli altri non arricchisce la propria. La vita è una corsa ad ostacoli. Siamo come levrieri in un cinodromo che è il mondo. La finta lepre è il futuro che immaginiamo sempre migliore del presente. Ci portiamo dietro il corpo con sempre maggiore fatica. Pensieri e sensazioni sfuggono. I vecchi ai quali la vita ha consentito di maturare senza diventare troppo bacati, guardano con commiserazione le vuote frenesie delle nuove generazioni . Assorte in quella che credono vita, commettono gli stessi errori. I più hanno una vita virtuale, avranno ricordi virtuali, numerosi , fatui, inutili come i loro numerosi e frammentati amori. Ogni vero ricordo è cenere che ancora brucia nelle ossa. I poeti sono forse i soli ad avere capito il senso degli inutili tentativi che chiamiamo vita. “Passarono anni brevi come giorni”. Durante i quali raramente abbiamo saputo orientare la nostra esistenza. “Passi echeggiano nella memoria, in quel corridoio che non percorremmo, verso quella porta che non aprimmo mai” Il mestiere di vivere s’impara quando ormai non serve più. Se è vera l’affermazione di Goethe: “ nulla è più prezioso di un ricordo”. È vero che il ricordo non lo utilizzi fino a quando sei assorto nella vita. Chi ha tanta vita ha pochi ricordi. aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaanewsletter

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Memoria e poesia.  0

Siamo in  tempi  in cui sono finiti i grandi sogni. Come dice Imre Kertész:” addormentarsi è inutile svegliarsi è superfluo”. Vi è un grande abisso tra la realtà naturale è il pensiero. Dove mai troveremo un uomo giusto? A Sodoma  era rimasto Lot, l’unico giusto. Oggi chi salveremmo in questo pianeta in disfacimento ? Un dipinto di Corot rappresenta la distruzione di Sodoma. Un immagine  fatale di abbandono. Non sono pensieri con i quali iniziare il giorno mentre guardo dalla finestra del mio studio. La fitta nebbia  è una coltre che nasconde ciò che non voglio vedere, così  un’inutile memoria vorrei fosse cancellata  da una felice smemoratezza. Il linguaggio è strumento di menzogna, lo usiamo anche per ingannare noi stessi. Cosa significa l’espressione: mi guardo in dentro?  L’occhio è pragmatico. Vede solo il presente. L’occhio della mente è daltonico. Colora i ricordi grigi. Mi sono sempre chiesto le ragioni che spingono a scrivere biografie. Leggere la vita degli altri non arricchisce la propria. La vita è una corsa ad ostacoli. Siamo come levrieri in un cinodromo che è il mondo. La finta lepre è il futuro che immaginiamo sempre migliore del presente. Ci portiamo dietro il corpo con sempre maggiore fatica. Pensieri e sensazioni sfuggono. I vecchi ai quali la vita ha consentito di maturare senza diventare troppo bacati, guardano con commiserazione le vuote frenesie delle nuove generazioni . Assorte in quella che credono vita, commettono  gli stessi errori. I più hanno una vita virtuale, avranno ricordi virtuali, numerosi , fatui, inutili  come i loro numerosi e frammentati amori. Ogni vero ricordo è cenere che ancora brucia  nelle ossa. I poeti  sono forse i soli ad avere capito il senso degli inutili tentativi che chiamiamo vita. “Passarono anni brevi come giorni”. Durante i quali raramente abbiamo saputo orientare la nostra esistenza. “Passi echeggiano nella memoria, in quel corridoio che non percorremmo, verso quella porta che non aprimmo mai” Il mestiere di vivere s’impara quando ormai non serve più. Se è vera l’affermazione di Goethe: “ nulla è più prezioso di un ricordo”. È vero che il ricordo non lo utilizzi fino a quando sei assorto nella vita. Chi ha tanta vita ha pochi ricordi.     aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaanewsletter

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Socrate e Capo Piumato  0

Da bambini, quando facevamo una marachella e venivamo ripresi dai nostri genitori, di solito adottavamo una delle seguenti linee di difesa. Negare tutto. Dare la colpa ad altri. Sostenere: lo fanno tutti. Questo resta per tutta la vita il leitmotiv del nostro comportamento. Ovviamente varia il livello e il campo: privato, culturale, politico. La sostanza però è la stessa, è difficile fare i conti con noi stessi. Questo vale a livello individuale come nel collettivo. Il male è sempre l’altro, è fuori di noi. Nella nostra era c’è stato un passaggio significativo, la giustificazione non è più necessaria. L’omologazione ha normalizzato ogni genere di comportamento per quanto trasgressivo. L’omologazione non richiede plausibilità, basta il richiamo al diritto di libertà. Fedone narra che i socratici vennero a contatto con Zopiro, affermava di saper capire il carattere di una persona osservando i tratti del volto. Gli presentarono il ritratto di Socrate, Zopiro non esitò a definire l’uomo del ritratto libidinoso, stupido e forse pederasta, suscitando l’indignazione dei socratici. Nonostante la contestazione, Zopiro insiste nel sostenere la sua diagnosi e chiede di incontrare personalmente Socrate. L’incontro avviene, egli immediatamente conferma le proprie affermazioni. Suscitando la collera dei discepoli di Socrate il quale invita alla calma e prende la parola per confermare che la diagnosi di Zopiro è corretta. Sono effettivamente il tipo di uomo che ha detto costui, afferma Socrate, ma mi controllo e cerco di fare emergere la mia parte migliore. Ecco dunque che Socrate, con umiltà, ammette quale è la sua vera natura. Quanti di noi avrebbero lo stesso coraggio e umiltà? La cultura non corregge i nostri difetti, e non elimina i nostri vizi, al più ci fornisce gli strumenti per giustificare gli uni e gli altri, ci lascia coltivare l’illusione di essere migliori. Per definizione l’illusione è cosa effimera, presto ci ritroviamo a fare i conti con noi stessi. In un racconto di Nathaniel Hawthorne, dal titolo “Capo Piumato” , una strega costruisce uno spaventapasseri con una piuma sul capo. Soddisfatta del proprio lavoro decide di animare il fantoccio e renderlo grazioso. Capo Piumato se ne va in giro soddisfatto fino a che non incontra l’avvenente Polly Gookin di cui si innamora. Hawthorne si dilunga in dettagli e descrizioni che qui non abbiamo modo di riportare, andiamo dunque alla conclusione. Un giorno Capo Piumato si trova nel salotto di Polly dove c’è uno specchio, si avvicina allo specchio e spinto da vanità invita la ragazza ad ammiralo, Polly volge gli occhi allo specchio e lancia un urlo, nello specchio appare un orribile spaventapasseri. A Capo Piumato non resta che fuggire, tornare a casa della strega la quale prende atto della situazione, smonta Capo Piumato in modo che di lui non resta che un mucchietto di stracci e legno. Morale della favola: se ci vedessimo davvero come siamo, forse non saremmo così orgogliosi di noi stessi. Quello che noi vediamo degli altri e di noi stessi è l’involucro, il contenuto ci è ignoto. Possiamo continuare ad accontentarci dell’apparenza, nella speranza che non ci sia uno Zopiro che ci riveli ciò che veramente siamo. parigi-di-sera-500

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Verificabilità delle asserzioni.  1

La filosofia, più in generale la storia del pensiero, è quasi interamente basata su apodismi. La fragilità della ragione umana fa si che non ci sia quasi nessun testo di filosofia, in particolare filosofia della mente e della percezione, che non si basi su ipotesi non verificabili. Intorno al 1981 Hilary Putnam ha pubblicato un libro “Ragione, verità e storia” nel quale ha elaborato la teoria del “Cervello in una vasca” . Dopo di allora questa ipotesi è stata utilizzata da non pochi filosofi, tra quali Searly. La teoria non è stata ovviamente mai tradotta in esperimento ed è rimasta a livello di ipotesi. Spesso è utilizzata per elaborare altre teorie come in “Vedere le cose come sono” di John R. Searle, pubblicato nel 2016, anche Maurizio Ferraris nel suo recente “Emergenza” non manca di citare l’esperimento del cervello in una vasca. Avanzo un’ ipotesi; supponiamo che un alieno arrivi sulla terra da un pianeta lontano, siamo sicuri che anche per lui sarebbe corretta l’operazione 2 + 2 = 4? La scienza procede mediante la graduale lettura delle leggi della natura. Il procedimento avviene tramite l’accumulo di esperienza e studio all’interno di una epistemologia codificata. Gli artisti hanno, per così dire, ribaltato il tavolo,forse consapevoli di non avere la capacità di competere con i grandi maestri del passato. Così hanno buttato alle ortiche secoli di cultura e ci hanno propinato le brutture che oggi vanno per la maggiore. Sembra che, mutatis mutandis, anche i nuovi filosofi intendono seguire la stessa strada. Negano la validità epistemologica di secoli di filosofia. Due esempi sono i due testi di Searle e Ferraris citati. Il metodo non vale per la scienza. Quando nel 1975 Paul K. Feyeravend pubblicò “Contro il metodo” – Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza- , ottenne più critiche che seguaci. Marcello Pera rispose nel 1982 con “Apologia del metodo”. L’ambito in cui più di ogni altro settore vi è stato un accanimento paralogistico, è stata la filosofia dell’arte, soprattutto di matrice statunitense. Wittgenstein sosteneva che i problemi filosofici sorgono quando fraintendiamo la logica del nostro linguaggio. Il linguaggio dell’arte non solo è stato frainteso, ma è stato manomesso da apprendisti stregoni. Certe teorie hanno preso corpo in un momento storico in cui gli artisti, più che applicarsi a creare opere d’arte, erano assorti nella idiotofilia, atteggiamento ben espresso nello slogan “ épater les bourgeois” adottato da una folta schiera di nipotini di Duchamp. Ernst H. Gombrich in molti suoi scritti, rileva come le nuove tendenze, a partire dai DADA, esprimono soprattutto una furia che scaturisce dalla consapevolezza di sterilità creativa per supplire alla quale si è fatto ricorso all’inseminazione artificiale della pseudo cultura statunitense. Ferraris usa il sostantivo femminile “emergenza” nel senso di emergere. Uso totalmente legittimo, che però si traduce nella forma di nuovo pragmatismo che egli definisce documentale. Ed è esattamente il nodo cruciale della realtà contemporanea. Siamo sommersi da informazioni e documentazioni sul nulla con riverberi culturali di non poco conto. Avrà pure un significato il fatto che alle battute d’asta si arriva a vedere per cifre folli le mutande di Madonna. Anche se si può star certi che tutto sarà documentato, ci saranno certificati di autenticità, note di transazioni finanziare, cataloghi. Possiamo dunque star tranquilli? Ferraris ci rassicuri, per favore. fragile

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Mercato filosofico  0

robertmapplethorpe75La pubblicità redazionale deve essere semplice e incisiva. Forse per questo Maurizio Ferraris non divaga con citazioni ai molti colleghi che hanno affrontato il tema della percezione. Così invece di richiamarsi al filosofo Joseph Campbell, preferisce richiamarsi alla zuppa Campbell. La pericolosità sociale dei filosofi deriva dalla loro capacità dialettica ed un abile uso del linguaggio. Verrebbe quasi da dire: per fortuna i lettori sono sempre meno numerosi. Credo che appartenga ai filosofi il primato quantitativo dei “tuttologi”. Ferraris infatti è docente di filosofia teoretica , ma i suoi interventi sono spesso di segno opposto a quella che è la definizione di “filosofia teoretica”. Non è la prima volta che mi tocca leggere teorizzazioni piuttosto strapalate del nostro, ma fino ad ora non aveva raggiunto il vertice dell’articolo pubblicato su Domenica, inserto culturale del Sole24Ore. Il titolo dell’articolo è di quelli che fino a pochi anni fa avrebbe fatto sobbalzare: “La grande bellezza delle scatole Brillo Box”. L’oggetto non la questione ontologica, qunati piuttosto il contenuto culturale della comunicazione. E’ vero che oOggi non ci si stupisce più di nulla, quindi anche dell’accostamento dell’opera di Warhol al famoso film sulle bellezze di Roma non sorprende più di tanto. Neppure sorprende che Ferraris definisca “filosofo autorevole” Arthur Danto, forse un favore tra colleghi. Sicuramente non può non destare preoccupazione che simili docenti insegnino nelle nostre Università ed usino il loro sapere per esaltare un fortunato grafico statunitense prestato all’arte con enorme successo commerciale grazie al supporto della critica che, come non mi stanco di sottolineare, è sempre più spesso megafono del mercato. Nel 2007 l’Università di Torino ha conferito a Danto la laurea Honoris causa. Un fatto che richiederebbe seria riflessione. Scrive il nostro docente: “ …E se le dimensioni della Brillo Box e della Zuppa di pomodoro Campbell’s appaiono troppo modeste , si provvede, per l’appunto a magnificarle, ossia, dicevo, a farle diventare più grandi, affinchè chi guarda possa capire quanto contano, e a capire lo splendore del mondo che rappresentano”. Se scrivere simili scempiaggini fosse un paziente di Foucault non desterebbe sorpresa, ma se è un docente universitario, allora ogni preoccupazione è legittima. Certo Ferraris si trova in una folta compagnia di aedi di Warhol, Achille Bonito Oliva arrivò a paragonare Warhol a Leonardo da Vinci. Sarebbe interessante esaminare le ragioni del successo di Warhol che gli ha permesso di contribuire, insieme a molti altri, a rendere l’arte quel guazzabuglio di oggetti insignificanti che oggi è. Vale la pena di notare che i ritratti serigrafici di Warhol sono tutti di personaggi famosi del mondo USA, con spiccata preferenza per il mondo newyorchese e gay, a cui si aggiunge la sua esaltazione del consumismo che Ferraris esalta in modo smodato. Esaltarlo come fa Ferraris lascia esterrefatti. Di fronte a tali manifestazioni di imbecillità accademica non resta certo molta speranza in un futuro migliore.

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Multiculturalismo made in USA  0

Leggo la lettera pubblicata su Repubblica di oggi – 14 Agosto 2016 – il cui titolo è già di per sè fuorviante : “La sinistra e il tabù del multiculturalismo” . I due insigni intellettuali, uno docente all’Università di New York, James Fontanella Khan e, Carlo Invernizzi Accetti, avrebbero dovuto innanzi tutto chiarire cosa significa tabù e multiculturalismo. Scrivono i due: “Se ora vogliamo, come sinistra italiana ed europea, imparare qualcosa da un paese che vive dell’immigrazione da più di un secolo…”. Francamente da due intellettuali che pretendono di dare lezioni all’Italia e all’Europa, ci saremmo aspettati più modestia e maggiore informazione. Cominciamo col dire che il multiculturalismo Usa non è una scelta. Gli Stati Uniti nascono dall’eccidio dei nativi Pellerossa e si costituiscono grazie all’arrivo di immigranti da ogni parte del mondo, in primis dall’Europa. I discendenti dai Padri Pellegrini sono considerati l’aristocrazia americana, la loro colonia, fondata a Plymouth nel 1620 è stata la seconda, dopo quella fondata dai coloni Jamestown in Virginia nel 1607. Sicuramente i nostri dotti docenti conosceranno queste date, stupisce quindi che scrivano a sproposito di multiculturalismo. Per venire a tempi più recenti, lo sfruttamento dei nuovi arrivati è stato francamente vergognoso. Mio bisnonno raccontava che sui giornali apparivano annunci di questo tenore:” si assumono negri o italiani”. Invito i due esegeti del multiculturalismo a consultare le mediateche. Questo è poca cosa rispetto alla sfruttamento dei cinesi per costruire le ferrovie di proprietà di magnati come i Vanderbilt, i Trump del tempo. Questi fatti stridono con la presunzione con cui i due soloni italo-americani pretendono di impartire lezioni di democrazia. Abbiamo ancora presente “l’esportazione della democrazia” attuata da Bush costata oltre 250.000 morti. Certo è meno agevole il multiculturalismo in paesi di antica cultura come l’Italia. Un effettivo multiculturalismo dovrebbe essere preceduto dalla conoscenza della propria cultura. La cultura del territorio innanzi tutto. Problema che in USA non si pone, dal momento che un qualunque villaggio italiano ha più storia dei luoghi storici americani. La cultura statunitense è di derivazione europea, oppure trattasi di cultura country. Unico primato è la cultura tecnica, la stessa che ha permesso la costruzioni di armi di distruzione di massa. In certe condizioni multiculturalismo non solo è facile, ma inevitabile. Durante gli anni di permanenza negli Stati Uniti ho percorso in lungo e in largo il sub-continente americano. Ho avuto modo di conoscere anche la pittura genuinamente americana, quella di cui non si parla a New York e Los Angeles. Si tratta di ritratti di capi indiani e di cowboys. Il mio amico, Maurizio Vitale, mi chiese di acquistare un’opera di questi artisti del midwest da usare come pubblicità dei jeans Jesus da lui prodotti. Dovette rinunciare per la somma proibitiva che gli venne chiesta, ripiegò su una mia fotografia a Jimmy Carter. Chiudo ricordando che gli USA sono tutt’ora pervasi dal razzismo, come certificano le cronache. Dunque, invece di impartire lezioni di multiculturalismo, i due professori, dopo avere approfondito i temi di cui scrivono, dovrebbero impegnarsi per un maggior rispetto degli esseri umani in casa loro, evitando di confondere il darwinismo sociale dilagante nelle società statunitense, con il multiculturalismo che è tutt’altra cosa. poster127

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La fantasia logica  0

Quando si affronta il tema dell’arte, ci si trova immersi in un bailamme di sproloqui di vario genere, quasi che l’arte sia null’atro che un diversivo ludico la cui storia è solo una sequenza di modalità di esecuzione. Quando, intorno all’anno mille il matematico arabo Alhazen affrontò il tema della prospettiva, aveva in mente un’idea della rappresentazione riferita a canoni scientifici ben precisi. La realtà dei fenomeni ha natura oggettiva, dunque l’artista, quale che sia il fenomeno che intende rappresentare, dovrebbe collegarsi al significato, nel senso descritto da Platone. L’arte dovrebbe costituire un ponte tra il sapere e l’esistenza empirica. Ogni sapere è nella sua forma e nella sua essenza volto alla determinazione. Se l’arte si abbandona all’indeterminatezza, per ciò stesso viene meno alla sua funzione. Va da sè che, anche una motivazione priva di costrutto logico è nulla. Secondo Goethe ogni oggetto, rettamente considerato, rivela in noi un nuovo organo della visione. La ricchezza dell’arte consiste nella possibilità, sottolineata da Hilbert, che la grande quantità di relazioni possibili vengano raccolte in un singolo oggetto e rappresentate in virtù di quell’’oggetto. I giudizi sull’arte si pronunciano spesso intorno a possibilità che non trovano riscontro nella rappresentazione. Ovvero, la rappresentazione si traduce in pura tautologia. Un esempio è l’opera di Mario Merz che si richiama al matematico Leonardo Pisano, detto il Fibonacci, e la sua sequenza dei numeri. Che significato può avere la riproposizione visiva dei numeri se non il senso della nota derivazione di Dedekind.Già in Bacone l’obiezione essenziale che viene mossa contro ogni pensiero concettuale, è che esso si ferma all’immagine, ovvero ad una realtà già sperimentata e non è in grado, particolarmente nella forma artistica, di esprimerla se non trasformandola,e in questa trasformazione, la falsifica. In tal modo la pretestuosità dell’arte che vuol farsi concetto , si traduce in puro arbitrio privo di ragione. Il concetto, comunque espresso, non può porre né produrre alcun nuovo contenuto della conoscenza ; esso può solo spostare in diverse maniere, unire e separare a piacere idee semplici che gli vengono offerte dalla sensazione. I modi sui quali si sofferma Locke, nascono dall’intelletto quando la percezione interna resta inespressa, priva di connessioni esterne in grado di rappresentarla in modo appropriato. Anche Berkeley condanna i concetti che, o si traducono in tautologia, come abbiamo visto sopra, oppure restano articolazioni indeterminate e, come si esprime Berkeley: “ Non rendono lo spirito più acuto, bensì più ottuso nel cogliere l’unica vera realtà, che ci è data dalla percezione”. L’arte, più in generale la cultura contemporanea, ha risolto il problema rifiutando la stessa concezione di spirito, di verità, di sensazione intelligente. Quello che resta è ciò che vediamo nelle fiere dell’arte. aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaanewsoggi

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Femminismo,arte denaro.  0

La storia dell’arte registra gli eventi dando ad essi una cronologia e un filo conduttore che fanno apparire le varie sequenze come un’evoluzione logica. Nei fatti, fino ad una certa epoca, la storia dell’arte ha avuto un senso. Nel ‘700 l’Italia era un faro per l’Europa. Nel 1748 il sovraintendente de Marigny, fratello di Madame de Pompadour, intraprese, con Soufflot e Cochin, un viaggio di studio in Italia, dando inizio all’usanza dei pellegrinaggi nel nostro paese. Con Winckelmann comincia la ricerca archeologica sistematica, per opera di Mengs. Dunque l’arte aveva una forte caratura culturale e storica, senza risvolti ideologici o pretese concettuali. Nel momento in cui la borghesia prende il soppravvento anche l’arte diventa oggetto di mercato. Il carattere culturale si attenua, prevale l’aspetto commerciale. Tuttavia i tempi della storia non sono brevissimi, l’evoluzione dell’arte diventata merce, inizia gradatamente ad evolversi in senso peggiorativo, aumenta contemporaneamente il supporto dei critici alle varie forme d’arte. Tutto avviene con una certa gradualità. Fino a quando alle esigenze mercantili si contrappongono posizioni ideologiche. Le prime avvisaglie erano apparse nel romanticismo. Per quanto possa apparire strano oggi, il romanticismo nacque come corrente d’avanguardia. La deflagrazione nel mondo dell’arte, avvenne tra la fine del ‘800 e l’inizio del ‘900. Futurismo, Dada, Surrealismo furono i movimenti artistici che diedero il via alla deriva dell’arte. Mentre il surrealismo, conservava ancora interesse per la pittura e una traccia delle forme d’arte “convenzionali” , come in parte anche il futurismo, al di là di manifesti e proclami,la corrente Dada nasce come forza d’urto distruttiva, volta a demolire ogni forma di arte com’era stata fino ad allora. Un gruppo di artisti e intellettuali si riunisce nei locali del Caffè Voltaire a Zurigo, e, scegliendo a caso una parola sul dizionario, si autodefinisce Dada. La sua patria di adozione diventa presto New York, dove vi era molta ricchezza e scarsa cultura artistica. Agli artisti americani non parve vero di aver trovato uno strumento per intaccare il predominio culturale dell’Europa. E’ questa la ragione per la quale il rumeno Tristan Tzara, il maggior teorico e strenuo difensore della corrente, trovo entusiastica accoglienza a New York dove già allora il mondo dell’arte vedeva una grande preponderanza femminile. Come scrive Aline B. Saarinen in “I grandi collezionisti americani” tra i quali spicca Katherine Sophie Dreier, la ricca ereditiera che finanziò l’altro noto protagonista del gruppo, Marcel Duchamp. La Dreier era una convinta femminista, partecipò come delegata all’incontro femminista internazionale che si svolse a Stoccolma nel 1911. Fin d’allora femminismo e arte s’incrociano, con due risultati. Il primo spostare gradatamente l’asse del sistema dell’arte dall’Europa a New York, il resto degli Usa rimasero ancora a lungo lontani dal mondo dell’arte. Come conseguenza creare le premesse, con l’ausilio dei ricchi mercanti e collezionisti americani, che John G. Johnson aveva definito “squilionari”, per ottenere il predominio americano nel sistema dell’arte che iniziò con astrattismo e culminò con la Pop Art. Ciò che stupisce in tutto questo gioco di potere e denaro, è l’assoluta passività dell’Europa, anche tenuto conto che fin dall’allora la Gran Bretagna era la testa di ponte degli Stati Uniti nel vecchio continente. aaaaaaaaaaaaaaaaamesletter

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