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La contemporaneità di Lisistrata, ovvero il delirio femminista.  0

Se, come sostiene Sloterdijk “..la copia costituisce una dimensione più reale dell’individuo..” , a cosa è servito il delirio ideologico del femminismo, tracimato nell’arte con effetti disastrosi ? Aristofane con Lisistrata, donna ateniese del 411 a.C., dimostra come sia sempre stato forte il potere femminile, tanto che anche il filosofo Aristotele, subì lo scherzo di Alessandro il macedone, facendosi cavalcare dalla prostituta Fillide. Da Platone in poi la tradizione divide in tre l’umana natura: la testa, sede dell’intelligenza che vede l’insieme; il basso ventre abitato dal desiderio; in mezzo il cuore. Ignorando la distinzione, Rabelais immaginò sul frontone dell’abazia di Thélème la scritta: “ Fa ciò che vuoi”. La fiaba di Thélème è semplice, si confronta con tutte le ideologie. La scelta del femminismo sembra privilegiare l’aspetto ginecologico della donna. Rabelais ha cura di segnalare che gli operai, incaricati del cibo, delle costruzioni, dei lavori pesanti e sgradevoli, abitano fuori dall’abbazia di Thélemè. Qualunque sia il maestro che nutre le ideologie della convenienza, Ricardo, Keynes, Marx, Weber, Smith, o magari Hitler, traggono i loro vantaggi dalla manipolazione di persone e leggi. Atteggiamento fatto proprio dal femminismo, specie di matrice americana, che è arrivati a creare una sorta di sant’uffizio, denominato politically correct, strumento utilissimo per manipolare norme e leggi a proprio favore, mentre è del tutto indifferente alle realtà sociali che, in tutta la loro complessità richiedono cultura e buona fede che certo è merce rara specie per persone spinte da frustrazione, i problemi non si risolvono con slogan e ancor meno con la manipolazione della realtà. Vi sono condizioni di carattere fisiologico e psicologico che non andrebbero ignorate per bulimia di potere. La scienza riconosce alcuni stati di fatto che la politica e le leggi si ostinano ad ignorare, salvo quando tornano a vantaggio della parte femminile. In USA nel 1976, un tribunale del Texas assolse una donna la quale, dopo avere assassinato il marito, lo mise nel tritacarne. La motivazione della giudice che emise la sentenza fu: l’imputata era nel suo periodo, quindi non era in condizioni di controllare i propri impulsi. Le copie americane sono emblematicamente ritratte dal pittore Edward Hopper, appaiono spesso come Bouvard e Pécuchet , fino alla resa dei conti: il divorzio. La conclusione è scontata: marito privato della casa e della possibilità di vedere i propri figli. Un nuovo oscurantismo di genere scatena la violenza della parte impotente. Il motto di Théléme è declinato esclusivamente al femminile. Il saggio Pantagruel si oppone al matrimonio. Malizia e capacità di muoversi nei meandri della burocrazia giudiziaria e delle leggi di genere. Il corporale, per chi è chiamato a sentenziare, costituisce il sottosuolo delle libertà formali e giuridiche. La burocrazia non necessita né di forza tanto meno di intelligenza, basta astuzia e abilità nell’autovittimizzazione. Ogni dialogo s’invola di fronte all’assoluta mancanza di logica. La falsificazione della storia non riguarda solo la teoria, incide sulla carne viva delle persone, dei maschi predestinati a nemesi immaginarie. Il dio ingannatore di Cartesio ha dunque un sesso. Forse la sacerdotessa Bacbuc ha partorito prima del tempo le tesi di Feuerbach. L’arte deturpata dagli eccessi accelera il declino. aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaanews

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La Storia e le favore del femminismo.  0

DIGITAL CAMERALa rosa è il fiore simbolo della fatuità del tempo che fugge, è anche il fiore dell’amore per antonomasia. Guillaume de Lorris, nel 1235, scrisse la prima parte del Roman de la Rose , in cui narrava le prove che l’Amante doveva affrontare per conquistare la Rosa, simbolo della donna. La seconda parte fu scritta da Jean de Meung tra il 1268 2 il 1285, questa parte ha un contenuto satirico verso il costume della società del tempo. Il poema, omaggio verso le donne, era motivato anche dal diffuso potere femminile, con buona pace della faziosità femminista nutrita di ignoranza, specie di matrice anglosassone e americana. L’importante ruolo della donna segna tutta la storia dell’Europa. Allora come oggi, vi era un doppio aspetto del potere femminile. Da un lato l’influenza che esse esercitavano su mariti, figli e cognati, dall’altra il potere diretto. Isabella di Baviera, Giovanna di Penthièvre, Valentina Visconti, Jolanda d’Aragona, Giovanna di Napoli sono alcune delle moltissime donne di potere. Ieri come oggi il maschio, per ossequio, o perché sedotto, aderisce al volere femminile, canta le lodi della donna, si fa un punto d’onore di essere “cavaliere servente”. Ovviamente le modalità cambiano radicalmente ma la sostanza resta. Arte e letteratura registrano omaggi alla donna, è frequente il richiamo alla Rosa, come simbolo della “fragilità” femminile. Bernard Le Bovier De Fontenelle scrisse: “ A memoria di rosa, non si è mai visto morire un giardiniere” . “Le rose che non colsi” suona come retorica ma significativa metafora del rimpianto. Scrive T.S. Eliot: “Passi echeggiano nella memoria, lungo il corridoio che mai prendemmo, verso la porta che mai aprimmo, sul giardino delle rose”. Il colore rosa è il colore femminile di riferimento. E’ nota la poesia di Gertrude Stein: “ Una rosa, è una rosa, è una rosa”. Si dice che Lorenzo De Medici, il commerciante banchiere che divenne nobile, amasse molto le rose e le curasse personalmente nel suo giardino. Forse furono le rose ad ispirare il suo celebre sonetto. Egli, nonostante la magnificenza della sua vita, morì all’ospizio nel 1501. In Inghilterra, tra il 1455 ed il 1485 fu combattuta una feroce guerra dinastica tra la casa regnante dei Plantageneti e Lancaster – York. Tale guerra fu detta “guerra delle due rose” perché entrambe le casate avevano un rosa nel proprio stemma dinastico. I Plantageneti una rosa rossa, i Lancaster una rosa bianca. Forse ignorava la storia, oppure conoscendola, usò l’ironia Danny De Vito quando titolò il suo film del 1989 “La guerra dei Roses”. Anche in filosofia appare il richiamo alla rosa, quando Hegel scrive a proposito della Germania e dell’Europa: “Qui è la rosa qui devi danzare”. Nonostante il rosa sia considerato il colore simbolo del femminile, vi furono femministe storiche che lo rifiutarono. L’autrice di “La mistica della femminilità” Betty Friedan non accettava la simbologia del colore rosa come riferimento femminile. La così detta rivoluzione femminista ha reso manifesto ciò che era sottaciuto. Anche per la “rivoluzione” femminista vale la maliziosa tesi di Paul Valèry: la “Rivoluzione” è diventata una routine.

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Autoi da fè.  0

commonlife9Auto da fè.
La globalizzazione è frutto e conseguenza di una deriva identitaria, di una caduta culturale sotto la pressione di un pragmatismo privo di valori. La civiltà è conseguenza ed è caratterizzata da limiti. Leggi, sapere, dominio della natura, controllo dei propri istinti primordiali, tempo, economia. La libertà non potrebbe esistere senza i limiti che ci siamo autoimposti per evitare di cadere in preda di continui conflitti in cui prevale il più forte. E’ nota l’affermazione di Hobbes: “ Bellum omnium contra omnes”. Ed è quanto è sempre accaduto, oggi come ieri nonostante un’infinità di leggi, e progresso scientifico. Quando Shakespeare nel monologo dell’Amleto tra i mali che affiggono gli umani include le leggi, non è per chiederne l’abolizione ma una maggiore l’efficienza. Egli scrive : “…della legge gli indugi…”. A produrre stati di entropia è sopravvenuta la globalizzazione della quale il capitale è il maggior artefice. Lo scopo è ottenere una totale omogeneizzazione, una massa amorfa di consumatori . Città, villaggi, regioni, trasformati in punti di passaggio di uno sconfinato traffico di capitali che si trasformano in merce quindi nuovamente in denaro. Ciascun punto della Terra diventa un punto di appoggio del capitale. Alla globalizzazione è legata anche l’idea di velocità priva di necessità e ragione. Arrivare velocissimi in nessun luogo. Il pianeta globalizzato non esprime più differenze di luogo, abbigliamento, svago, consumo. La globalizzazione è essenzialmente ispirata da un’idea speculativa. I “bourgeoisie” sono coloro che mettono in moto la roulette. La questione principale della nostra epoca non è più la Terra che gira intorno al sole, bensì il denaro che gira intorno alla Terra. E’ stato Nietzsche, nel suo scritto sulla tragedia a coniare la formula di questa deriva, una sorta di teodicea estetica, insofferente ai limiti della legge e dalle riflessioni di una cultura non funzionale. “Per caso – questa è la più antica nobiltà del mondo” . Oggi più che mai vale l’affermazione di Malthus: “ il povero nasce in un mondo già occupato”. L’imperativo categorica dei pasdaran del progresso era già scritto sulla prua delle navi di Carlo V: “ Plus ultra”. Quale spazio potrà mai trovare l’arte in questa affannosa ricerca del nulla? Gli artisti in maggioranza hanno rinunciato, si sono messi in fila per avere la loro razione di benessere e quindi accettano le regole proprio quando fingono di infrangerle. Il genius loci, appartiene alla mitologia, oggi è quasi una brutta parola perché stride con globalizzazione. L’ubi consistam dell’arte è l’effimera forma celebrativa della mondanità. Le mostre sono un accrochage di oggettistica kitsch accreditata come arte dai truismi della critica.
piergiorgio firinu

Fons van Woerkom. Disegno a china. “A mutual agrement between them”. 1976

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nani.giganti,analfebati.  1

Renzi e suoi ministri ripetono il mantra: “l’Italia è un grande paese”. Nel 2015 100.000 giovani sono fuggiti all’estero. In Italia sono arrivati altri 170.000 immigrati. L’impero romano era un insieme di etnie, quello che oggi si definisce melting pot . La differenza è data dalla qualità e osservanza delle leggi. Oggi l’Italia è alla deriva per la inadeguatezza delle leggi e la faciloneria con la quale sono applicate, o forse sarebbe meglio dire: non applicate. Citare la cultura del passato è solo un modo per confermare ciò che scrisse Bernardo di Chartres: “siamo nani sulle spalle di giganti”. Il riferimento era la cultura del XII secolo. In questi ottocento anni la deriva è stata imponente. L’arte suo malgrado anticipa i tempi. Quando, negli anni ’60 del secolo scorso, Piero Manzoni espone i suoi barattoli di merda, sono accolti dalla critica come idea geniali e collocati in gallerie e musei. Tutt’oggi offerti in asta ad alto prezzo. Ecco enunciato l’emblema della modernità, una società autocoprofaga che non fa differenza tra ano e bocca, tra maschio e femmina. Celebrati artisti e filosofi fanno sesso orale con sconosciuti in pubbliche latrine. Scompare la genitalità secondo natura, perché , in base al modo di essere, non esiste ne creato, né creatore. Nel 1972 Gregory Bateson scrisse:” Verso un’ecologia della mente” . Ma la direzione delle masse è stata un’altra. Si dice “l’Italia è un grande paese”, peccato non conosca se stesso. Si incoraggiano i giovani ad andare all’estero per fare esperienza. Benissimo. Vorrei venisse fatta un’indagine su quanti giovani sanno la storia della città in cui sono nati, in cui abitano, o della storia d’Italia tout court. L’opinione prevalente è che gli studi debbano servire alla produzione, la conoscenza tecnica insomma. Ci troviamo a fare i conti con una generazione, a cui altre inevitabilmente seguiranno, di analfabeti esperti di tecnologia,conoscono poco l’inglese e ancora meno l’italiano. Siamo al traino dell’Europa e degli USA, non solo per economia e finanza ma anche per l’arte Gli artisti contemporanei fanno il verso a ciò che accade all’estero. Gli anglosassoni, da barbari distruttivi, a guide culturali e artistiche. Questo è reso possibile proprio dal fatto che i giovani ignorano la storia e la cultura del paese in cui sono nati e vivono. In questo senso sono significativi i programmi di quiz trasmessi dalla tv. Domanda: quando avvenne l’incontro tra Hitler e Mussolini? Risposta 1978. Soggetti simili cosa vanno a fare all’estero? I pizzaioli? E non si citino per favore i pochissimi casi in cui un italiano o italiana ha fatto qualcosa di buono. Con la nostra storia sarebbe lecito aspettarsi qualcosa di più , generazioni che sappiamo quanto meno gestire ciò che hanno creato le antiche generazioni di italiani. Oggi si ha l’impressione che i nani non sappiamo nemmeno più arrampicarsi sulle spalle dei giganti. Marchio-USA

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I limiti dell’arte.  0

Nel mio film dell’11 Febbraio 2015 sottolineavo l’impossibilità dell’arte di rappresentare il pathos della nascita, l’atto fisico del parto. Mi è stato fatto osservare che la storia dell’arte registra numerose opere che si richiamano al parto. Certo, molti artisti si sono cimentati con il tema. La Madonna del Parto di Piero della Francesca. Madonne con Bambino di Duccio di Boninsegna e Ambrogio Lorenzetti, e molti altri pittori. Queste opere rappresentano semplicemente Madonna e Bambino, non c’è, non può esserci, una rappresentazione del parto. Si tratta per lo più di una idealizzazione contro cui si è scagliata l’arte femminista degli ultimi decenni. Sono state realizzate opere che raffiguravano vagine dilatate e deformi, parti di esseri umani adulti. Mentre l’arte femminista dedica gran parte della propria attenzione al corpo e al sesso, molta arte maschile celebra violenza e crudeltà, non con espressioni metaforiche, ma con realismo. Hermann Nitsch mutila animali durante le sue tristi performance. Martin Kippenberger crocifigge una rana. Maurizio Cattelan espone un cavallo la cui testa è conficcata nel muro, e figure di bambini impiccati agli alberi. Una galleria di orrori che sembra non avere fine, ma che tuttavia riscuote successo di critica. Sono aspetti dell’arido cinismo che pervade la nostra (in) civiltà. Pensiamo a ciò che scrive Warhol in “La filosofia di Andy Warhol”. “Negli anni ’50 iniziai una relazione con la televisione che dura al presente…[…….] Ma il vero matrimonio è arrivato nel 1964, quando acquistai il mio primo registratore. Mia moglie. …[……….] Quando dico ”noi”, intendo il mio registratore ed io..”. Questo sarebbe, a detta di Achille Bonito Oliva, il nuovo Leonardo da Vinci! Non si dica che si tratta di ironia o metafora, siamo ben oltre, anche perché c’è tutto un vasto campo della produzione “artistica” a confermare che i “geni” non scherzano. L’essere umano, per rassicurare ed elevare se stesso, ha inventato la religione. Anche il parto è stato celebrato, da santi, artisti, poeti, gli si è creato attorno una sorta di alone mistico che valorizzava il corpo della madre e l’atto di procreare, brutalmente respinto delle femministe. La nostra società tecnologica, ha spazzato via tutto ciò che poteva avere un alone di spiritualità. La scienza ha creato migliori condizioni di vita, dopo di che l’arte si è ritenuta libera di sfregiare il corpo umano. Non stupisce la riesumazione del l’eugenetica. Giustamente condannata quando era praticata dai nazisti,è oggi celebrata come una conquista della scienza e praticata in Inghilterra da una donna scienziata. Questo è forse l’inevitabile esito di una regressione in corso da decenni. Definiamo progressista ciò che in realtà è un ritorno all’era dei trogloditi. Scienza e tecnica servono a mascherare il regresso umano. Dopo l’inseminazione artificiale e l’utero in affitto, diventa irrilevante la distinzione tra i sessi. Era necessario innanzi tutto rimuovere le ragioni della differenza ontologica per poi proseguire con l’epistemologia della omogeneità sessuale. Come spiegava con baldanza in tv una lesbica sposata alla sua compagna: “ ci siamo, siamo tante. Dovete farvene una ragione” . L’immagine della Madonna con il Bambino è ormai un arcaismo antropologico prima che religioso. L’arte che si auto-definisce di avanguardia in realtà è regressione. Abbiamo buttato l’inutile bagaglio di spiritualità, etica, poesia, ci accontentiamo della tecnologia che però non ci aiuta a risolvere i nostri problemi esistenziali.

aaaaaaaaaaaaaaaaaCattelan

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Il mercato dello sguardo.  0

Viviamo in un’epoca nella quale le immagini prevalgono sulla parola. Vi sono vari modi di definire l’attenzione visiva: sguardo, visione, osservazione .Assistiamo a una deriva tanto da un preteso spirito laico, quando da una filosofia inconsciamente occamista dello sguardo. A volte un’immagine stimola la riflessione, genera visioni fantastiche. Una parte importante nell’universo della immagini è occupata dal corpo femminile. Per la ben nota teoria platonica, guardare non significa solamente essere toccati da impressione, ma trasferire sull’oggetto del nostro sguardo un impulso della nostra sensibilità. Lo sguardo è partecipazione. I costumi contemporanei femminili hanno cancellato la misteriosa curiosità che nei secoli ha circondato il corpo delle donne. Scrostato da ogni alone romantico, il rapporto tra i sessi, è ridotto a disinvolte prestazioni di piacere reciproco. Tuttavia qualcosa di morboso resta, se continua ad avere ampio mercato la pornografia, il mercato dello sguardo. La realtà virtuale ha surclassato l’immaginazione. Alle masse solitarie, l’arte offre sinopsi di vite possibili. Slanci creativi appesantiti dall’eccesso, da una realtà che fagocita, oscura ogni punto di fuga. Ci si rifugia in convenzioni che hanno l’apparenza di provocazioni, ma sono trasgressioni consuetudinarie. La natura ci soccorre. Un deltaplano che volteggia sullo sfondo dell’aurora boreale è un’immagine bellissima, ma non è creazione dell’uomo. Secondo Platone la vista del bello provoca un shock che nasce dalla reminiscenza. Se consideriamo l’arte alla stregua di documentazione del reale, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. Un Paolo Uccello redivivo farebbe l’operatore TV. L’arte non solo ha ripudiato la bellezza, ma anche la sua stessa essenza, vale a dire l’uso metaforico dell’immagine. Cosa c’è di metaforico nelle immagini di sesso di Jeff Koons? Il sole prodotto da Olafur Elaisson è un effetto speciale, un prodotto della tecnica, non dell’arte. O dobbiamo pensare che tra le due discipline non esista differenza? Certo, le patetiche operazioni nostalgia di Bill Viola, oltre ad essere parassitarie di opere del passato, sono di grande effetto. Avviene la stessa cosa nei film di Tom Cruise. Una società che è un pot-pourri di molte cose, la fantasia, come il pensiero sono esclusi, richiedono troppo tempo e una solitudine a cui i moderni non sono più avvezzi. Dunque basta la tecnica. La rana crocifissa appartiene a un altro genere di perversione artistica. Costituisce un atto che sembra sospendere, o retrocedere, l’antropogenesi. Johann Caspar Lavater sarebbe stato sicuramente interessato a studiare, non l’opera, ma l’artista. Forse trarrebbe sconfortanti conclusioni e si vedrebbe costretto a dar ragione a Giovanni Battista della Porta che sostenne la tesi dell’analogia tra animali e umani. Nè allora nè oggi gli animali ebbero modo di sollevare proteste. In compenso i contemporanei di della Porta lo hanno giudicato infame. Ma eravamo nel 1586, la modernità era solo all’orizzonte. aaaaaaaaaaaaaaaa-rane

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Cataloghi  0

Ho seguito una trasmissione su rai3 arte in cui Michelangelo Pistoletto affermava che l’arte è alla base di tutto, e altre considerazione di un intollerabile narcisismo culturale. Sembra che la cultura, anche quella che un tempo era considerata di “sinistra” abbia smarrito il senso della storia. Agli immigrati si richiede l’adesione senza riserve agli usi e costumi del paese ospitante. E’ giusto? Che ne è del multiculturalismo? Focillon in “Arte dell’occidente” descrive i debiti culturali che l’occidente cristiano ha nei confronti dei popoli mediorientali. Tuttavia solo in occidente esiste la storia dell’arte. Le altre arti trovano citazioni più o meno ampie nella storia dei singoli paesi. Così come le “avanguardie artistiche” esistono solo in occidente. Roland Barthes ridicolizzò il termine “avanguardia” facendo notare che era tratto dal lessico militare. Tutto si spiega con il materialismo pragmatico che ha permesso all’occidente lo sviluppo che conosciamo. Pare che si avvicini il momento della resa dei conti. Robert Fossier in “Il tempo della crisi”, documenta come a partire dalla seconda metà del XII secolo il denaro sia diventato, per così dire, il punto di riferimento dell’intera società europea. Come scrive Peter Sloterdijk, il denaro è la terza persona della trinità. L’emergere della borghesia come classe, accentua questo dato di fatto. Sono sortii e distrutti imperi, ideologie, Stati, il denaro è rimasto riferimento immutato. Anche la scuola si pretende sia sempre più al servizio della produzione, questo perché, al di là della fumosa retorica sui valori umani, nessuno è disposto a rinunciare al proprio benessere. Non solo, ma la nostra società ha raggiunto un tale livello di degradazione e di cinismo che le peggiori perversioni sono ascritte sotto la voce “civiltà & progresso” ovvero diritti individuali. I paesi che non si adeguano sono tout court considerati barbari. Quando poco prima del X secolo in Europa si vendeva carne umana al mercato, le città della Mesopotamia erano al massimo del loro fulgore. La storia scritta dall’occidente è tutta un’elegia alla nostra civiltà, tanto che consideriamo normali le grandi differenze tra i popoli. A chi interessa capire le ragioni dell’ingiustizia distributiva? Un serio esame del problema porterebbe alla luce i disastri provocati dal colonialismo. L’Inghilterra, considerata patria della democrazia, ha compiuto massacri per colonizzare popoli, sulla scia della Spagna quando approdò sul continente americano con la benedizione della Chiesa di Roma. Francia, Belgio e altri paesi hanno seguito l’esempio. Questi brevi riferimenti storici gettano un po’ di luce sulle ragioni del mio totale dissenso da certe affermazioni apodittiche che sembrano ignorare l’attuale disordine planetario, frutto dell’arroganza dell’occidente, che la “cultura” sembra alimentare, forse anche inconsapevolmente. Violenza e venalità sono fili conduttori della nostra storia. La materialità ha travolto anche arte, letteratura, e ogni forma di spettacolo e di cultura. La lungimiranza di Benjamin trova conferma. Le opere d’arte, come il prezzo del petrolio e delle azioni, hanno come riferimento grafici che indicano le quotazioni. Alla qualità scadente di merci e opere si supplisce con la pubblicità, diretta e redazionale. Ci sono cataloghi per ogni tipo di merce,inclusi i corpi umani offerti per uso ludico. Tutto è merce, tutto è in vendita. Va da sè che i cataloghi contengono figure accompagnate da scritti che decantano la qualità della merce in vendita, per l’arte il compito è affidato alla critica.aaaaaaa-per-newsletter

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Il corpo della madre.  0

https://youtu.be/DBKJ_DwAzCY Forse solo la filosofia può aiutare l’intelligenza ad orientarsi nella confusione degli istinti, tuttavia gli insegnamenti dei saggi cadono nel vuoto se non c’è un cuore e un intelletto pronti a riceverli. E’ forse per questo che secoli di filosofia e di saggezza non sono valsi a migliorare la natura umana. Dopo la narrazione del filmato, il cui link è a inizio pagina, mi pare opportuno tentare di far chiarezza su un argomento che inevitabilmente tracima in sociologia, politica, costume, arte. In breve, coinvolge l’intera nostra esistenza. Non abbiamo anticorpi che ci preservino dalle passioni e molto spesso l’intelletto non ci aiuta nel difenderci da teorie disgreganti, tanto più quando accampano pretese di “progresso & libertà” . Mai come oggi la società è stata conformista, di un conformismo di segno opposto a quello in vigore qualche decennio fa. Siamo indotti a considerare il corpo solo uno strumento di piacere, oggetto di esibizione, di “commercio”. L’imperativo sembra essere il non rispetto delle norme, il rifiuto della normalità, tanto che il rispetto della norma sarebbe la vera trasgressione. Quella che viene definita libertà, in realtà è una resa alla nostra debolezza. Scrive Spinoza: “…noi non desideriamo niente per il fatto che lo giudichiamo buono, ma viceversa diciamo buono ciò che desideriamo..”. (Etica.P.39). Ogni vita al suo inizio, è protetta e nutrita nel seno materno in attesa di spalancare gli occhi sul mondo. “Oh felicità della piccola creatura/ che sempre resta nel grembo che la portò” (Rainer Maria Rilke) E’ quel momento che condizionerà tutto il resto della nostra vita. Ecco in ciò consiste la sacralità del corpo materno. Non tutte le donne sembrano avere la necessaria consapevolezza del loro corpo ospitante. Spesso si tratta di un corpo solcato da cicatrici, protagonista di troppe storie. E’ ciò che il femminismo incoraggia, esso è la lama che incide la carne e il cuore, fino a recidere il collegamento con l’eterno miracolo della creazione della vita. Il rischio è dar vita a un essere incapace di resistere al flusso di ciò che distoglie dalla realizzazione di sé, avviato a una deriva esperienziale priva di scopo. La vita non consiste solo nel cercare nell’esperienza ciò che l’esperienza non può dare, ma cercare dentro di sé, portare alla luce della consapevolezza tutte le nostre virtualità. Il processo della modernità ingloba, ma non restituisce il pensiero, ci conduce alla tecnologizzazione anche dei sentimenti. Ciò che oggi si celebra in modo insistente e confuso in tutti i media è solo apparentemente la globalizzazione, in realtà è la dispersione dell’umano in un labirinto di scambi di parole prive di senso, sentimenti superficiali e vuoti. Quando il femminismo arriva a negare la specificità femminile rivela il suo odio per tutto ciò che è umano. La morte psicogena disseca ogni slancio verso ciò che è ancora possibile. Leonrdo-per-newletter

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Crepe  0

Ancora nel 1982 Robert Fossier nel libro “Il risveglio dell’Europa”, scriveva: ”………la società contemporanea, volta al cambiamento e tesa verso un avvenire che si spera migliore …” . Non può essere considerato chiliasta chi oggi ha una visione affatto ottimistica della realtà. Nel recente libro “Il capitalismo all’assalto del sonno” , Jonathan Crary, ipotizza un futuro completamente distopico; un mondo illuminato 24/7 come miraggio capitalistico della post storia. Il presupposto di tale prospettiva è, per Crary, il collasso dei modelli di capitalismo attuali. Dopo avere fagocitato cultura ed arte trasformandoli in semplici oggetti di consumo, la brama onnivora del sistema ormai fuori controllo, si concentra sempre di più sull’uomo. Una bestia intelligente senz’anima che si nutre delle nostre debolezze alimentando l’impressione di finta libertà che deriva dall’apparente superamento dei limiti. Il compito è reso più facile dalle crescenti disparità. Come scrive Peter Sloterdijk nella premessa a Sfere I “ …la scissione della società tra coloro che sanno qualcosa e chi di quel qualcosa non sa nulla …”. Se il controllo del potere è affidato alla pubblica opinione, la prima azione del sistema consiste nel distrarre dai fondamenti di civiltà che hanno reso possibile il percorso del progresso. Gli intellettuali, da sempre al servizio del potere, soprattutto quando millantano una contrapposizione, si prestano al gioco. Ecco dunque che, abbandonate le domande fondamentali, considerate obsolete da vaste schiere di opinion maker al soldo del capitale, il problema diventa la sessualità, il genere, il fare intravvedere il possibile approdo ad una illimitata libertà. Mentre si attua questo gioco d’inganni, le disuguaglianze si fanno più marcate, la tecnica sostituisce la cultura, il denaro soppianta l’ideologia. Disturbi mentali in crescita esponenziale, la violenza, oltre ad essere la forma di spettacolo più diffusa, è parte della vita quotidiana. Come aveva profetizzato Tocqueville: “ A mano a mano che gli uomini si assomigliano, ciascuno si sente sempre più debole nei confronti di tutti gli altri” . La presenza dell’Islam in Europa si profila al momento giusto. Come l’antica Roma, ubriaca di potere e di vizi, anche l’occidente contemporaneo ha dato inizio all’implosione. La storia, si sa, ha tempi lunghi, ma le crepe si vedono, il cambiamento è cominciato, non c’è atteggiamento razzista o xenofobia che lo arresti.Fu quasi ridicolizzata la tesi espressa da Oswald Spengler in “Il tramonto dell’occidente” , pubblicato nel 1918, quasi un secolo fa. Oggi qualcuno tenta di riesumarlo, ma i più sono totalmente pervasi dall’ebbrezza della libertà e del progresso. L’arte intanto fa il verso a stessa con ridicoli richiami al terzo paradiso. L’ispirazione, l’arte, hanno come fine la creazione dell’uomo, la crescita della sua sensibilità. La mancata presa di coscienza ha trasformato l’essere umano in un idiota del cosmo. Pascal scriveva: “l’eterno silenzio degli spazi infiniti mi spaventa”. Per superare la paura, ci si stordisce con il rumore prodotto da un’entropia sociale fuori controllo. parigi-pechino83

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Il rispetto di sè.  0

In un’epoca in cui siamo subissati da pseudo informazioni di ogni genere anche la nostra capacità di attenzione si allenta. Se a questo atteggiamento si aggiunge la superficialità, ci troviamo a constatare che i fenomeni perdono senso e significato. Conta il gesto, l’emozione del momento, l’afflato delle masse di facile suggestione, non solo loro. L’Accademia di Stoccolma assegna premi Nobel che continuano ad avere immeritata risonanza, anche dopo i numerosi abbagli. L’ultima clamorosa gaffe è stata l’assegnazione del Nobel per la pace a Barack Obama. Non vi era, al momento dell’assegnazione, la minima ragione che giustificasse il premio. In seguito Obama, sulla scia dei suoi predecessori, ha scatenato guerra alla Libia, sostenuto con denaro e armi il movimento islamico che ha poi assunto la denominazione di ISIS. Dunque accantonato l’ethos, è il pathos, cioè l’emotività, a incidere sulle nostre decisioni. Al tempo in cui Arthur Schopenhauer scriveva “L’arte di avere ragione” (Berlino 1830) le argomentazioni erano frutto di pensiero, non d’impulsi emotivi. Nel libro: “Trattato dell’argomentazione” Chaìm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca affrontano il discorso che è persuasivo perché si avvale di argomenti logici. Buona parte dei testi di filosofia e critica d’arte, rifiutano la logica per principio, assumendo che la creazione artistica è esentata da giustificazioni logiche. In questo modo si apre un varco per ogni genere di elucubrazioni. Ora, se l’arte ha una funzione culturale, quindi necessariamente educativa, il termine va inteso in senso ampio, è chiaro che tutto ciò che produce giustificazione e induzione al non senso finisce per prevalere senza che vi sia bisogno di giustificazione, si fa ciò che in quel momento ci va di fare, di dire. Mettiamo insieme carenze culturali, assenza di logica, dominio delle apparenze e dell’emotività, arriviamo alle madri che esibiscono il ventre che contiene il feto, vi tracciano sopra scarabocchi. Anche la sacralità del parto è soggetta a becero esibizionismo, ludica volgarità. Tutto ciò è stata preceduto dalla esibizione di “dive” e dai “capolavori” di Cindy Sherman.

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