La poesia segue un ritmo, Goethe preferisce trascurare la metrica, ma seguire il ritmo della frase. Il fabbro del villaggio, oggi purtroppo una rarità nell’occidente tecnologico, sul ferro rovente seguiva un ritmo nel battere il martello, due colpi brevi uno più lungo. Bucher afferma che : “ l’arte del verso si fa strada quando la poesia si emancipa dalla musica e crea un proprio ritmo”. Gehlen descrive molto bene il movimento della danza che non solo accompagna la musica, ma la interpreta. I canti di lavoro degli schiavi non erano un marginale diversivo, ma una sorta di autoipnosi per resistere ritmando la fatica. Il giambo e il trocheo sono metri che derivano dal battere i piedi: un piede batte debolmente, uno con forza . Lo spodeo è un metro di percussione che si può facilmente riconoscere quando due persone battono alternativamente. Il concetto prosodico del ritmo non è una semplice astrazione extraestetica. Il ritmo di un’opera è sinergia della forma con il pensiero. Quando l’essere umano nel corso della sua evoluzione acquista coscienza dei suoi ritmi fisiologici, il battito del cuore, il ritmo del respiro, finisce per esserne condizionato a fini estetici. Tutta la vita è condizionata dal ritmo, il giorno e la notte, le stagioni, il battito della pioggia, la ritmica degli animali, il canto degli uccelli. La nascita dell’estetico è la presa di coscienza dell’uomo. Il principio antropomorfizzante del rumore che la sensibilità dell’uomo trasforma in suono.
piergiorgio firinu
quando leggo testi come questo mi torna la voglia di cultura.
Mi piace molto. Grazie
Domenico