Alla ricerca dell’egemonia perduta.  0

Nel 1990 sulla rivista Tiger’s Eys, Barnet Newman pubblicò lo scritto “The sublime is now”. Una sorta di manifesto dell’arte astratta nel quale emergono aspetti della cultura statunitense che in Europa non credo siano mai stati sufficientemente analizzati e approfonditi.

Quarant’anni prima, 1950/51, lo stesso artista presentò un’opera di pittura astratta alla quale diede il titolo “Vir Heroicus Sublimis”. L’opera fu accolta con entusiasmo dalla critica. Si trattava di un  olio su tela di  m. 2,42 X m.5,42,  di colore uniforme, rosso/arancione attraversato da piccole fenditure di colore alle quali  Newman, forse ironicamente, diede il nome di zip.

Sia lo scritto The sublime is now che l’opera Vir Heroicus Sublimis tennero campo a lungo nella cultura visiva statunitense. Come sempre avviene furono elaborate diverse letture, nonostante la dichiarazione di Newman: l’opera non rappresenta nulla.

Il suo “manifesto” conteneva un durissimo attacco alla cultura europea. “ …Noi ci siamo sbarazzati dal peso morto della memoria, dell’associazione, della nostalgia, della leggenda, del mito, o di qualunque altra cosa vogliono significare le invenzioni della pittura europea occidentale….”.

Barnet Mewman aveva frequentata la facoltà di filosofia. Si servì della sua conoscenza per disseminare nel testo citazioni a partire da Longino, il primo filosofo che si occupò del sublime. Poi Platone, Aristotele, Kant, Hegel. In particolare dal suo scritto emerge la conoscenza del libro: “Indagine filosofica sull’origine delle nostre idee si sublime e bello”  pubblicato da Edmund Burke nel 1757.

Il contenuto aggressivo del testo che Newman scrisse contro la cultura europea, si scontra con il paradosso che tutti i filosofi che egli cita appartengono alla cultura europea.

A mio parere, lo scritto di Newman, con la roboante esaltazione della sua opera, ha motivazioni di carattere psicologico e forti  venature nazionalistiche la cui interpretazione potrebbe essere tema psicanalisi. Dallo scritto infatti appare evidente un enorme complesso d’inferiorità nei confronti della cultura europea che afferma di voler rifiutare.

Già in passato ho affrontato il tema di come sia stato possibile che, anche alla luce della enorme arroganza che contraddistingue Newman, come lui buona parte dei protagonisti del mondo dell’arte statunitense, gli intellettuali e artisti europei hanno supinamente accettata una egemonia  non certo basata sulla superiorità culturale.

Ho ripreso oggi questo tema alla luce dei recenti tentativi di revanche degli Stati Uniti, che, pare, nutrano la speranza di mantenere una egemonia. Temo che il tentativo sia destinato a fallire. I tempi sono mutati. La credibilità morale degli USA è crollata dopo la serie di guerre immotivate. Gli stessi intellettuali statunitensi hanno preso le distanze da un potere che inutilmente tenta di dare credibilità a se stesso. Da tempo i libri di Noam Chomsky raccontano di arroganze e misfatti del potere statunitense. Di recente John J. Mearsheimer ha pubblicato “La grande illusione”, nel quale descrive il fallimento degli ultimi presidenti USA  nella loro pretesa di imporre la Weltanschauung americana con i carri armati.20210914_132211[1]

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