Il sistema dell’arte contemporanea, avendo perso lo slancio che deriva dalla forza spirituale che alimenta l’immaginazione, agisce come uno specchio che riflette le immagini ma non le crea. E’ come una sorta di monade che nulla accoglie da fuori ma produce ed elabora tutti i suoi contenuti. Secondo la legge peculiare hortus clausus, un privilegio che l’artista, o presunto tale, si concede, ma nel farlo confonde accumulo con conoscenza, ludico con creativo. Una sorta di illusorio Panopticon dell’abbondanza. Per alimentare simile circo Barnum della banalità mondana, non serve la cultura basta il know-how tecnico e/o l’abilità cartellonistica, gli artisti come Olafur Eliasson creano effetti speciali, una sorta trompe l’oeil da videogiochi.
Tutto ciò cancella lo spirito che nutre la vera creatività. Restano immagini dell’ immanenza mondana, spesso riflesso di accattivanti perversioni formali, capaci di stimolare la pruderie di cui sono afflitti impotenti e frigide. Prevale il mundus sensibilis sul mundus intelligibili, due mondi nettamente separati da una cesura nella quale si annida il ludico.
Si continua ad elogiare il frammentato e confuso sistema dell’arte, coltivando illusioni sulla durata del fenomeno dell’arte contemporanea. In realtà trattasi di qualcosa di simile alle bolle di sapone tenute sospese da una forza cenegetica di accaparramento speculativo. E’ quasi certo che tutto ciò si tradurrà in un colossale debacle dopo la quale, forse, l’arte riacquisterà il proprio significato, ma non prima di aver spazzato via la serie di ectipi che ingombrano musei gallerie. Una vera arte non si potrà mai fondare su aspetti puramente materiali, non si dà vita alla materia facendosi assorbire da essa. Abbiamo rinunciato alla definizione dell’arte, ci accontentiamo della descrizione. Scrive Diderot: “ Beato quel filosofo al quale natura diede doti come a Epicuro. Lucrezio, come Aristotele e Platone, dotati di una fantasia felice, una grande eloquenza e l’arte di presentare le proprie idee con immagini efficaci e sublimi”. Non è certo il caso della maggioranza dei filosofi dell’arte. Hegel affrontò il tema dell’arte dopo avere sostenuto che: “la filosofia è la realtà appesa al filo del pensiero”. Forse gli artisti oggi hanno perso quel filo e con esso la capacità di porre la realtà di fronte a se stessa, rendendola fruibile e comprensibile dando pregnanza alle immagini. Per Bachelard “l’arte semplifica il reale e complica la ragione”, è compito dell’artista usare la ragione e la sensibilità per creare il reale nel quale vorremmo vivere.
piergiorgio firinu