Archives for : novembre 11, 2021

Il riflesso nell’occhio.  0

Sono stati necessari secoli di pittura prima che si vedesse sull’occhio quel riflesso senza il quale esso rimane spento e cieco come nei quadri dei primitivi. Il riflesso non è visto per se stesso, dal momento che ha potuto passare inosservato così a lungo, esso esprime la suo funzione nella percezione.  Osservando l’arte contemporanea si nota un evidente regresso. La decontestualizzazione degl’elementi di un opera, crea un effetto di estraniazione che raramente è davvero funzionale. Se di fronte a un paesaggio , assumiamo un atteggiamento critico isolando una parte dell’opera, il colore osservato muta senso. Il verde di un prato  perde il suo valore rappresentativo e diventa puro colore. Cézanne diceva che un quadro contiene persino l’odore del paesaggio. Egli intendeva dire  che la distribuzione del colore sulla tela, guida la fantasia dell’osservatore, ne stimola i  sensi sotto l‘effetto dell’emozione estetica. In ogni opera c’è un simbolismo che indirizza  e lega ogni qualità sensibile. Il colore si da all’esperienza come una specie di vibrazione. I dati sensibili sotto il nostro sguardo  costituiscono il linguaggio della pittura che si insegna da se, in cui il significato è secreto dalla struttura stessa dei segni. L’apparenza sensibile è ciò che rivela (kundgibt) , esprime ciò che essa stessa non è. La comprensione del linguaggio pittorico è ostacolata  dai pregiudizi del pensiero oggettivo al quale gli artisti contemporanei sembrano essersi arresi. Tale pensiero  ha la costante funzione di ridurre tutti i fenomeni, quindi anche l’arte, ad attestare l’unione del soggetto con il mondo, finisce quindi per sostituire l’utopia progettuale propria dell’arte, con la piatta razionalità assettata di definizioni. Come diceva Berkeley, anche un deserto inviolato se ha per lo meno un osservatore subisce l’esperienza mentale di recepirlo e quindi subisce le mutazioni del pensiero  che lo “interpreta”. Tale pensiero ha la funzione tradurre la visione in idea. Il “reale” è quel contesto in cui ogni momento è non solo inseparabile dagl’altri, ma in certo qual modo sinonimo  degl’altri, in cui gli “aspetti”  si significano vicendevolmente  in una equivalenza assoluta. E quindi un truismo basare un opera sul puro concetto anziché affidare alla chiave simbolica la dilatazione dei significati. Cézanne sosteneva che ogni pennellata deve “contenere l’aria, la luce, l’oggetto, il piano, il carattere, il disegno, lo stile”. Ogni frammento di un opera deve soddisfare un numero infinito di condizioni , la sua peculiarità consiste nel contrarre in ciascun tratto un’infinità di relazioni. Il quadro è da vedere e non da definire, esso è un piccolo mondo che si apre a una dimensione  sconosciuta allo stesso autore, il senso precede l’esistenza e si riduce a quel minimo di materia necessaria per compiere il prodigio. .De nittis 500

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