Archives for : novembre 23, 2021

Principio di realtà e rappresentazione.  0

L’arroganza del presente non può opporsi al fatto che la coscienza filosofica debba ammettere la possibilità che la propria intuizione sia inferiore a quella di Platone, Aristotele,Leibniz, Kant, Hegel. Si può considerare un limite il fatto che essa pretenda di modificare il significato di un patrimonio culturale che ha costituito, costituisce, la base di ogni sapere. Una contraddizione ancora più grande è il rifiuto di confrontarsi con il patrimonio storico. Quando Danto usa l’espressione “marciume metafisico”  e afferma che la “La metafisica era priva di senso perché del tutto scollegata dall’esperienza”. Dimostra la propria incapacità di andare oltre a quella che definisce “esperienza”. Cosa significa esperienza? Ridurre la filosofia all’esperienza significa attuare una modificazione ontologica della filosofia in quanto percorso gnoseologico. L’esperienza è delimitata e soggettiva. L’interpretazione e la elaborazione del patrimonio storico non ha alcun nesso con l’esperienza. Il rifiuto del confronto con la tradizione riduce la filosofia nell’angustia di un pensiero isolato, soggettivo. La sostanza del pensiero filosofico passa attraverso la comprensione dei testi dei grandi pensatori il cui oggetto di ricerca è la verità che, se pur difficilmente raggiungibile, è pur sempre il riferimento, la stella polare dell’umano sapere.

Lo stesso vale per l’esperienza dell’arte  Lo studio scientifico della storia dell’arte è senza dubbio velleitario quando pretende di capire e sviscerare l’origine dell’opera d’arte. L’esperienza dell’arte è soggettiva, discutibile la tesi secondo cui, come sostiene Hegel: “l’arte è il pensiero che prende forma”. Oppure l’affermazione di Gadamer secondo il quale “ l’opera d’arte è esperienza di verità” Se anche Heidegger considera la verità dell’arte come evento, questo non ci esime dal considerare il fenomeno evenemenziale nella sua realtà.

Forse dovremmo ammettere che si è verificato un cortocircuito tra filosofia, scienza, arte. L’altare sul quale Gadamer pone l’arte ben più in alto della scienza, è rovinosamente caduto. Intanto perché gli artisti hanno scelto di adottare la tecnologia, figlia minore della scienza, gettando alle ortiche l’epistemologia dell’arte, ma soprattutto perché il venir meno della cultura filosofica e mitologica, ha trascinato l’arte al modesto livello degli artisti ricchi di presunzione,poveri di sapere. Se la scienza valuta se stessa in base agli esiti del proprio operato, l’arte non  può fare la stessa cosa. Se anche si tentasse questa strada, ci troveremmo il percorso sbarrato da rane crocifisse, barattoli di feci, crocifissi immersi nell’urina, orinatoi, tutto il ciarpame che  l’arte contemporanea è andata accumulando nelle case degli squilionari e nei musei.

Le capziose argomentazioni che tentano di dare un senso alla realtà  dell’arte contemporanea, non si basano su fondamenti filosofici degni di questa definizione, l’esperienza della filosofia è il più pressante ammonimento alla Conoscenza. E’ necessario riconoscere i limiti dell’arte sapendo che  la ricerca comincia con una serrata critica della coscienza estetica. L’esperienza di verità che tentiamo nell’incontro con l’arte, è contro la teoria estetica che si lascia dominare dal concetto di verità della scienza e trascura la verità dell’arte come realmente è. Dovremmo sviluppare su questa base un concetto di verità che corrisponda alla totalità della nostra esperienza ermeneutica,  ammettendo che questa ricerca oltrepassa di gran luna la conoscenza metodica della scienza. Ridimensionare le pretese universalistiche e totalizzanti dell’arte è forse il primo passo per ancorare l’arte a un principio di realtà.

 

Immagine: Martin Kippenberger, “Rana Crocifissa”, 1990rana crocifissa

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