L’arte è per Nietzsche un commovente ricordo delle gioie della giovinezza, l’artista come una reliquia. La pretesa dell’Illuminismo di svelare attraverso la ragione l’antico incanto del mondo è miseramente fallita, non solo perché troppa luce, come il buio, finisce per impedire la visione, ma soprattutto per le troppe contraddizioni che l’euforia della ragione ha prodotto. Mettere una prostituta sul trono e adorarla come dea ragione. Compiere massacri in Vandea. Pessimi viatici per la modernità. L’Illuminismo è stato un lampo subito spento dal fiume di sangue. Solo le anime belle come Kant hanno pensato che la ragione, pura o pratica, rimuovesse il grumo di stupida malvagità che da sempre incombe sull’umana natura. I disastri di una ragione priva di spiritualità le avremmo visti nel 19° secolo. I milioni di morti di Verdun, massacri di civili inermi della 2° Guerra mondiale, Hiroshima e Nagasaki, sono state le prime spaventose avvisaglie di ciò che la belva umana, con l’ausilio della tecnica, era in grado di fare. Il massacro continua anche oggi. Anche l’ arte si è lasciata permeare dalla tecnica, ha perso fiducia nella propria capacità di contrapporre al cinismo la propria visione del mondo. Martin Heidegger, non è stato ascoltato quando metteva in guardia contro la stupidità della tecnica, zittito da ciance su una “classicità tecnologica”. Quella di Olafur Eliasson, più che un’opera d’arte, può essere vista come una sequenza di un film di fantascienza. Non testimonia di una nuova arte, ma della rimozione della differenza tra arte e tecnica. Se accostiamo Brillo Box alle sue opere e a quelle di Bill Viola, appare chiaro un riferimento univoco ad una ontologia dell’arte è improponibile. Siamo di fronte ad espressioni che sono agli antipodi. Così l’arte, dopo lungo travaglio, levatrice la cosiddetta filosofia dell’arte, abortisce . La funzione simbolica dell’arte attraverso l’empiria è caduta nel vuoto di autoreferenzialità priva di valore. Non è in grado di rappresentare nè la disumanità, né la residua umanità. Da sempre l’arte segue zoppicando i tempi. Come i poliziotti, arriva sempre in ritardo sul luogo del delitto. Vi è qualcosa di commovente nei tentativi di tenere in vita una cosa morta. La rianimazione avviene con una sorta di insufflazione, un bocca a bocca tra il cadavere dell’arte e la filosofia. Se l’arte è morta, la filosofia non stà troppo bene e cerca di tenersi sveglia ricordando le favole dei vecchi sapienti, quando ancora c’era spazio per l’ottimismo. Non è vero che la dichiarazione di morte dell’arte fatta da Hegel, lasci spazio a un nuovo inizio, che infatti non c’è stato. Lasciandosi permeare dalla tecnica, l’arte ha mutato natura. La fenice è risorta trasformata, qualunque cosa sia, non è più arte. E’ patetica,forse fraudolenta, la pervicacia nel voler usare il sostantivo arte per questa nuova cosa che oscilla dalla tecnica ad esibizionismi corporali femminili, vuoto assoluto di progettualità simbolica, nessuna idea propositiva, solo un bailamme mondano, una umanità sotto vuoto spinto. . 
Considerazioni sull'arte
La stampa è considerata uno dei pilastri della democrazia moderna. Tuttavia un analista dei media fa emergere che la loro parzialità priva il pubblico della possibilità di comprendere il mondo reale, quanto meno avere un atteggiamento critico sulle maggiori distorsioni. Questa affermazione è suffragata da elementi che emergono quotidianamente dalla lettura dei giornali e osservazione della Tv. Non è del tutto vero l’assunto che il campo dell’informazione è “posseduto” dai capitalisti che assumono personale per confezionale e vendere un prodotto. Per rendere il “prodotto” accettabile da un gran numero di persone, può servire l’uso di massicce dosi di demagogia. La struttura dei media è costruita in modo da promuovere l’adesione alle idee convenzionali, a volte rivestite da un “progressismo” di facciata. Quanti milioni spendono per pubblicità sui media le case di moda? E’ inevitabile che anche le loro iniziative nel campo dell’arte trovino vasta eco, a prescindere dalla qualità degli artisti proposti. Un critico, un commentatore, avranno tanto più successo quanto più sapranno vendere aria fritta per aria nuova. E’ del tutto evidente, per chi voglia vedere, che la stampa italiana si accoda alle notizie diffuse dalle agenzie internazionali, per lo più anglosassoni, e comunicazioni provenienti da organi governativi. La mancata reazione alle menzogne di George Bush per giustificare l’attacco all’Iran è significativa. Non diversamente è stata manipolata la pubblica opinione per giustificare l’attacco alla Libia, deciso da Francia, Inghilterra, USA. Non c’è stato un solo presidente Usa che non abbia scatenato una guerra di aggressione a una nazione indipendente, con la scusa di difendere o esportare la democrazia, vale a dire il modello di vita americano considerato per definizione il solo accettabile. Forse in troppi hanno introiettato la tesi di Hobbes sul monopolio degli Stati all’uso della violenza. Si parla di torture e violenza in Ruanda, Bosnia e paesi del Medio Oriente, ma è stata messa la sordina a Guantànamo. Le conseguenze delle guerre scatenate dagli USA , Inghilterra, Francia per ragioni economiche, ricadono su tutti. Tutto ciò e reso possibile anche grazie alla complicità dei media. Ogni tanto in Europa qualche intellettuale tenta una critica. Pierre Bourdieu si è scagliato contro la regina dei media: la Tv. Purtroppo le critiche non hanno effetto, anche per la poca credibilità dei promotori che trascurano l’essenza del problema. L’influenza dei media è facilitata dalla distrazione delle masse, incoraggiate e coltivare vizi privati dagli stessi intellettuali che muovono critiche su altri fronti. Vi è poi una crescente ignoranza a cui la tecnologia fa da paravento. Le sfumature di grigio, e lo spettacolo del calcio, bastano a inebetire le masse che si sentono libere ed emancipate. Massiccia è l’azione promozionale a favore della mediocre arte contemporanea. La cultura sostituita da pubblicità & marketing. E’ questo il nocciolo della questione. La comunicazione , secondo Armand Mattelart, diventa il paradigma stesso della “conoscenza” e quindi del potere. E’ chiaro che, se la missione dei media, come qualcuno ha sostenuto, è quello di formare l’opinione pubblica, giornalisti e critici sono in larga misura inadempienti. A questa già non facile situazione, negli ultimi anni si è aggiunta la distorsione informativa che deriva dalle contrapposizioni di genere. Vi sono casi conclamati di mistificazione della realtà basati su distorte posizioni propagandistiche al servizio di ideologie prive di concretezza e logica. Non basta la libertà di poter esprimere le proprie opinioni sulla rete per migliorare il mondo. Se tutto ciò che la liberalizzazione dei costumi ha portato è l’offerta di sesso ed esibizione pornografiche. Eppure tutto ciò è difeso strenuamente dai Pasdaran del liberismo, costituito anche da reduci di una sinistra in disarmo che tradisce se stessa abbracciando le più trite teorie e perversioni borghesi. Nel circo Barnum di politica, stampa, cultura, arte, è proibito ogni accenno all’etica, anche solo al senso del limite. Leggere certi giornali di sinistra, sembra di sfogliare il Travaso, rivista porno qualunquistica degli anni ’50. Non è un caso che l’ex direttore di Cuore, sia uno degli opinion maker di uno dei più diffusi quotidiani italiani. In questa melma qualunquista, in cui destra e sinistra hanno entrambe il colore del fango, l’arte naviga a vista, realizza mostre dal romantico e significativo titolo “Caga e muori”, scritto però in inglese – Siamo o non siamo in piena globalizzazione! – Ecco dunque che dal triste panoramica si scorge una certa logica, quanto meno una parziale spiegazione dell’anfibolia contemporanea.
L’escatologia dell’arte è certificata anche dalla deriva nominalistica delle mostre. A Torino, in parallelo allo svolgimento della Fiera dell’Arte denominata Artissima, si è svolta una mostra, supportata da Enti Locali ( in questo caso i soldi si trovano) Enti pubblici e Banche, dal titolo “Shit and Die” (Caga e muori). Cifra della sempre più raffinata intelligenza di molti produttori d’arte contemporanea e loro sostenitori. Ovviamente la mostra ha avuto un grande impatto mediatico, con file all’ingresso e molti visitatori ansiosi di farsi stampare in fronte il titolo della mostra dall’onnipresente Cattelan.Tenuto conto che la mostra si è svolta in un palazzo storico al centro di Torino, Palazzo Cavour, e si è potuta svolgere grazie all’appoggio degli Enti Locali, abbiamo una chiara visione dei tempi in cui viviamo. Si cercherebbe invano un articolo di critica alla mostra, o più in generale a certe derive di Artissima. Per critica s’intende, come dice la parola stessa, non elogi, ma la messa in rilievo di carenze e distonie. Gli elogi in qualche caso sono declinati con derive politiche e di campanile. La politica e mercato innanzitutto. Tuttavia anche l’entusiasmo, reale o simulato, non cancella lo stato non proprio felice dell’arte contemporanea. Il pensiero unico, mascherato di progressismo domina anche la scena dell’arte. Da notare il crescente numero di artisti che realizzano opere consistenti in scritte su lastre di pietra o marmo, del tipo che si vedono nei cimiteri, forse inconscio riferimento alla morte dell’arte. Anche la mostra su citata include il richiamo alla morte nel titolo. Dovremmo aspettarci presto degli happening direttamente nei cimiteri dove le lapidi sono numerose, quasi sempre con scritte più intelligenti di quelle che appaiono sulle lastre di marmo esposte nelle gallerie. Di certo diventa difficile ogni discorso sull’arte: nullum est iam dictum quod sit dictum prius.









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