La filosofia, più in generale la storia del pensiero, è quasi interamente basata su apodismi. La fragilità della ragione umana fa si che non ci sia quasi nessun testo di filosofia, in particolare filosofia della mente e della percezione, che non si basi su ipotesi non verificabili. Intorno al 1981 Hilary Putnam ha pubblicato un libro “Ragione, verità e storia” nel quale ha elaborato la teoria del “Cervello in una vasca” . Dopo di allora questa ipotesi è stata utilizzata da non pochi filosofi, tra quali Searly. La teoria non è stata ovviamente mai tradotta in esperimento ed è rimasta a livello di ipotesi. Spesso è utilizzata per elaborare altre teorie come in “Vedere le cose come sono” di John R. Searle, pubblicato nel 2016, anche Maurizio Ferraris nel suo recente “Emergenza” non manca di citare l’esperimento del cervello in una vasca. Avanzo un’ ipotesi; supponiamo che un alieno arrivi sulla terra da un pianeta lontano, siamo sicuri che anche per lui sarebbe corretta l’operazione 2 + 2 = 4? La scienza procede mediante la graduale lettura delle leggi della natura. Il procedimento avviene tramite l’accumulo di esperienza e studio all’interno di una epistemologia codificata. Gli artisti hanno, per così dire, ribaltato il tavolo,forse consapevoli di non avere la capacità di competere con i grandi maestri del passato. Così hanno buttato alle ortiche secoli di cultura e ci hanno propinato le brutture che oggi vanno per la maggiore. Sembra che, mutatis mutandis, anche i nuovi filosofi intendono seguire la stessa strada. Negano la validità epistemologica di secoli di filosofia. Due esempi sono i due testi di Searle e Ferraris citati. Il metodo non vale per la scienza. Quando nel 1975 Paul K. Feyeravend pubblicò “Contro il metodo” – Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza- , ottenne più critiche che seguaci. Marcello Pera rispose nel 1982 con “Apologia del metodo”. L’ambito in cui più di ogni altro settore vi è stato un accanimento paralogistico, è stata la filosofia dell’arte, soprattutto di matrice statunitense. Wittgenstein sosteneva che i problemi filosofici sorgono quando fraintendiamo la logica del nostro linguaggio. Il linguaggio dell’arte non solo è stato frainteso, ma è stato manomesso da apprendisti stregoni. Certe teorie hanno preso corpo in un momento storico in cui gli artisti, più che applicarsi a creare opere d’arte, erano assorti nella idiotofilia, atteggiamento ben espresso nello slogan “ épater les bourgeois” adottato da una folta schiera di nipotini di Duchamp. Ernst H. Gombrich in molti suoi scritti, rileva come le nuove tendenze, a partire dai DADA, esprimono soprattutto una furia che scaturisce dalla consapevolezza di sterilità creativa per supplire alla quale si è fatto ricorso all’inseminazione artificiale della pseudo cultura statunitense. Ferraris usa il sostantivo femminile “emergenza” nel senso di emergere. Uso totalmente legittimo, che però si traduce nella forma di nuovo pragmatismo che egli definisce documentale. Ed è esattamente il nodo cruciale della realtà contemporanea. Siamo sommersi da informazioni e documentazioni sul nulla con riverberi culturali di non poco conto. Avrà pure un significato il fatto che alle battute d’asta si arriva a vedere per cifre folli le mutande di Madonna. Anche se si può star certi che tutto sarà documentato, ci saranno certificati di autenticità, note di transazioni finanziare, cataloghi. Possiamo dunque star tranquilli? Ferraris ci rassicuri, per favore.
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