Il processo economico e produttivo è nato dalla necessità e dello stimolo della sopravvivenza, perseguito per raggiungere una vita migliore. Per far questo è stato gioco forza l’appropriazione della natura e dello sviluppo produttivo con conseguenze nefaste per l’eco-sistema. L’evolversi del sistema produttivo ha inciso in misura notevole anche su comportamenti e la cultura. Il progresso della scienza ha eliminato superstizioni e tabù, ma ha anche impresso alla società una buona dose di spregiudicatezza, l’aspetto materiale ha assunto un ruolo dominante. L’istituzione politica ha esteso il controllo in ogni ambito sociale dando vita ad una sorta di democrazia “formale” . La produzione artistica ha subito l’influsso economicistico adattandosi sia nelle forme produttive che alle modalità del mercato divenuto deux ex machina del sempre più complesso sistema dell’arte. La critica, diventata megafono del mercato, è andata banalizzandosi nella misura in cui si espandeva con articoli su giornali ed un profluvio di pubblicazione libraria, si abbassato il livello generale dell’informazione dell’arte. L’arte ha per così dire, preso sempre più le distanze dal naturalismo, scimmiottandone alcuni aspetti, ha perso soprattutto le caratteristiche che la distinguevano dalla scienza. Attribuiamo alla scienza la proprietà di ’elaborazione del pensiero astratto in vista di un fine pratico. Al contrario l’arte si realizza attraverso un sapere pratico in vista di un fine astratto, cioè il significato dell’opera è necessariamente autoreferenziale, non porta alla concretezza di un fine. L’arte non si usa, si ammira. Da tempo l’arte ha perso la su caratteristica descritta da Kant nella Critica del Giudizio. Non è più realizzata senza fini di lucro, non è più volta a realizzare la mimesi della natura. Al contrario l’arte ha essenzialmente a fini di lucro. Gli artisti sono coinvolti in un vero e proprio processo produttivo per rispondere alle esigenze del mercato. Se anche è possibile che l’artista coltivi determinate idee originali, suo malgrado costretto a produrre opere che rientrano, per così dire, nella produzione seriale di massa. E’ surreale che artisti, pur consapevoli di essere imprigionati nella camicia di nesso del mercato, ritengano di realizzare opere che, nelle loro intenzioni, danno forma a concetti. Quando l’arte si avvale della tecnologia, è come se rinnegasse se stessa. In questo senso è paradossale che il l’industria cinematografica venga definita la settima arte. Il cinema è sempre più orientato a rinunciare alla recitazione di attori in carne e ossa, ricorrendo a cartoni animati, effetti speciali, strumenti tecnici di vario genere. La produzione della settima arte bastava una cinepresa, attori, regista. Oggi la produzione cinematografica è estremamente complessa e costosa. Produce a ritmo serrato per miliardi di persone che 24 ore su 24 seguono televisione, cinema, informazione documentata da immagini. In queste condizioni è possibile, anzi necessario, perfezionare la qualità tecnica, non vi è più tempo, e forse neppure interesse, a curare i contenuti, a mantenere la qualità della produzione. Il cinema si è piegato alle esigenze della produzione, come è accaduto per l’arte.
Considerazioni sull'arte