I due momenti dell’arte, nel suo farsi e nel linguaggio che la esprime, non sempre coincidono. Renato Boccali da anni svolge attente ricerche sulla estetica delle immagini in Gaston Bachelard. Nel 2012 ha pubblicato “L’éthique et la main”. Libro estremamente interessante che affronta il rapporto tra etica ed arte. Il tema della manualità è stato affrontato in modo scientifico più ampio da Leroi-Gourhan in “Il gesto e la parola” , due volumi pubblicati da Einaudi nel 1964. Il libro traccia un percorso storico e scientifico sulla manualità, la mano, guidata dall’intelletto e dal sapere, protagonista dello sviluppo della civiltà. Essa forma, costruisce, crea. Il gesto creativo è sintesi di manualità e pensiero. Prevale la tendenza a utilizzare la tecnica in sostituzione della mano, nel lavoro e nell’arte. La manualità è stata per millenni base della creazione artistica, è apertamente rifiutata dagli artisti contemporanei che si servono di tecniche industriali. In particolare gli artisti statunitensi fanno da tempo largo uso della riproducibilità e produzione industriale. D’altra parte realizzare parallelepipedi di ferro di grandi dimensioni non c’è altro modo se non i sistemi dell’industria. Carl Andre, Claes Oldemburg, Walter De Maria, Richard Serra sono alcuni degli artisti che usano tali sistemi di produzione. Altri artisti si affidano alle nuove tecnologie, creano ambienti con effetti speciali simili a quelli che vediamo nei film. L’artista surrealista svedese Erik Johansson presentò una mostra nella quale realizzò una sorta di sole artificiale, dimostrando abilità tecnica notevole. Bill Viola rielabora la proiezione di capolavori del passato e crea immagini che proietta con effetti suggestivi. Con l’avvento della intelligenza artificiale anche il cervello umano è costretto a cimentarsi con nuove sfide. Lo racconta Marcus Du Sautoy nel libro: “Codice della creatività”. Tutti questi rivolgimenti hanno una ricaduta nella realtà antropologica perché modificano l’approccio culturale delle masse e incidono sull’ Etica per una pluralità di ragioni. Compito dell’artista non è mostrare il reale, ma dimostrarlo. La produzione manuale, in generale lenta, permette che azione e riflessione vadano di pari passo. La riflessione comporta un più diretto coinvolgimento emotivo nella creazione, gli intervalli del pensiero scanditi dal gesto implicano emozioni che la fredda tecnologia non favorisce. La conseguenza dell’uso della tecnologia è il prendere forma di una epistemologia antitetica al tradizionale processo creativo dell’arte. Si attiva un meccanismo mentale che a lungo andare produce una lenta graduale disumanizzazione e determina una sorta di neutralizzazione emotiva. Questo processo è visibile nell’arte plastica, ma molto di più nel cinema. Nella produzione cinematografica un posto di primo piano è occupato dalla di realtà virtuale, personaggi virtuali creati in laboratorio sono i protagonisti dei film. C’è da osservare che tale processo ha avuto inizio con i fumetti che hanno abituato i ragazzi ad appassionarsi a personaggi immaginari creati dalla matita del fumettista e diventati veri e propri eroi nell’immaginario collettivo, non solo degli adolescenti. Anche Edward O. Wilson affronta il tema della creazione artistica con il libro: “Le origini della creatività”, pubblicato nel 2017. Egli parte dai primordi quando i nostri antenati con grande abilità costruivano flauti utilizzando le ossa di uccelli. Con Homo habilis, 2,3 milioni di anni fa, ebbe inizio la brusca svolta della nostra specie. Ma questa è tutta un’altra storia.