Archives for : novembre 23, 2020

Arte estemporanea.  0

Qualunque sia il contenuto della nostra conoscenza, e in comunque modo si riferisca all’opera che stiamo osservando, il nostro giudizio è frutto di una sedimentazione di saperi ed esperienze. La preposizione: “a nessuna cosa conviene un predicato che la contraddica”, si chiama principio di non contraddizione; è un criterio generale che appartiene alla logica. L’equivoco nasce dalla modalità di narrazione con pretesa ermeneutica  del tutto apodittica. Il giudizio critico viola il principio di non contraddizione ogni qual volta presume di identificare nell’opera significati che non sono riscontrabili. I giudizi sono spesso accolti per abitudine e si combinano con le inclinazioni. Da questo punto di vista appare molto più distruttiva la critica dello psicologo Daniel Wegner che argomenta: “ Le ragioni che adduciamo per giustificare le nostre scelte  sono mere confabulazioni, congeniate a posteriori , e per ciò casualmente irrilevanti per la produzione dei nostri giudizi”.  Dovrebbe valere l’affermazione di Kant secondo cui: “ La verità di un giudizio è l’accordo della  conoscenza con il suo oggetto”. Ma come può valere la conoscenza di un opera che non ha un ontologia definita? Per esempio da dove si possono trarre gli argomenti per attribuire significato a un opera astratta che palesemente non rappresenta nulla, nel senso che è priva di fondamento logico ed ha solo un impatto emozionale indotto dalla  disposizione del colore senza disegno? In questi casi entrano in gioco le diverse sensibilità. La storia dell’arte non è solo una teoria di artisti e opere, ma entra nel vivo della storia e della cultura dell’epoca in cui fu creata. Per questa ragione, in molti casi,  razionalità e logica non sono necessarie, l’opera è la traccia di un evento, l’immagine di un personaggio, uno scorcio di natura. Nulla di tutto questo è ravvisabile nella maggior parte dell’arte dell’ultimo secolo. In misura ancor maggiore nella cosiddetta arte astratta. L’espediente della critica è spesso di attribuire all’artista un intento preciso, ricamando immaginifici dettagli sulla personalità del soggetto creatore. Come quando si attribuisce a Jackson Pollock la capacità di indirizzare il dripping alla realizzazione di una precisa forma. Trattasi, a mio avviso, di decettività fantasiosa, priva di riscontro oggettivo. In realtà l’esperienza artistica è possibile solo mediante una rappresentazione  per realizzare la quale è necessaria  la percezione filtrata da gnoseologia e sensibilità che diventano forma.      Scimia

Share This: