Paradossalmente il positivo della filosofia è costituito anche dal linguaggio quasi sempre tortuoso, spesso inutilmente complesso. Perchè dico positivo? Perché l’oscurità del linguaggio induce, a chi voglia capire, soffermarsi con attenzione, rileggere e riflettere.
Questo attiva l’intelletto e lo stimola. Di negativo resta che spesso la difficoltà di comprensione non è data dalla complessità dell’argomento trattato, quanto piuttosto dalla modalità del linguaggio e l’uso di espressioni inutilmente complesse.
Quanto sopra premesso spiega perchè, quando la filosofia entra a gamba tesa bel mondo dell’arte ed attua una propria ermeneutica, non si propone la comprensione dell’opera in esame, ma usa l’opera come pretesto per un esercizio filosofico linguistico parallelo. Ciò produce un effetto surreale di sdoppiamento semantico .
Posto che l’opera in esame, prima della realizzazione, sia stata pensata dall’artista, quale è il percorso mentale che consente al filosofo di interpretare le ragioni che hanno motivata l’opera? Il filosofo compie un processo a ritroso, si riappropria del percorso creativo dell’artista e attraverso questo immaginario processo pretende di attuare un’ermeneutica esaustiva.
D’altra parte, nel momento in cui l’artista abbandona la mimesi, rifiuta il bello e pretende di concretizzare nell’opera una operazione concettuale, cambia la natura stessa del suo agire e da artista diventa filosofo. Siccome presumibilmente la sua preparazione filosofica non è sufficiente a realizzare una vera sistematicità filosofica che egli pretende esprimere nell’opera, ecco dunque che si pone in sottordine a teorie più complesse e apre le porte alla filosofia che non si limita più all’ermeneutica dell’ opera, ma pretende di stabilirne la natura.
Di conseguenza la rappresentazione del reale, filtrato dalla sensibilità dell’artista, lascia il campo ad un creatore di concetti quale l’artista pretende di essere. A posteriori i concetti si sovrappongono alla forma che non più rappresentativa in se stessa .
Inoltre, collegare la rappresentazione di una certa idea ad un determinato oggetto, è processo empirico non necessariamente valido perché può essere inquinato da eccesso di soggettività. Si crea quindi un discrasia per cui la logica della rappresentazione non coincide più con l’immaginazione produttiva.
Piergiorgio Firinu. “I pugni in tasca” . Immagine tra passività e impotenza. Fotografia elaborata. 2020
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