Nelle lezioni di estetica di Hegel sono contenute queste affermazioni: “ Per noi l’arte non costituisce più il modo supremo in cui la verità giunge ad esistere” (WW.X,1 p.134) E prosegue: “ si può, certo, sperare che l’arte continui sempre più a elevarsi e a compiersi,ma la sua forma ha cessato di essere il supremo bisogno del Geist (ibid. p.135). “Rispetto a tutti questi rapporti,l’arte, colta in relazione alla sua vocazione suprema, è e rimane per noi un che di passato” (X 1 p.16). Nonostante il requiem di Hegel, l’agonia dell’arte si protrae da due secoli, ma, come sempre avviene in uno stato agonico, ha mutato volto. Da sempre allegoria e simbolo costituirono la prospettiva entro cui l’arte si realizza, l’artista compiva con le sue mani ciò che il suo pensiero aveva formulato. Se, come oggi avviene, l’operare dell’artista si riduce al solo pensiero, siamo di fronte a una incompletezza snaturante. Il percorso dell’arte è avvenuto dall’homo sapiens, attraverso l’homo faber fino all’homo aestheticus. L’artista non crea, semplicemente trasforma, assembla, costruisce. L’artista, il demiurgo, non ha altri poteri che la sensibilità formale e la capacità di realizzare il proprio pensiero. Utilizzando la propria epistemologia egli realizza l’ontologia. E’ forse eccessiva la narrazione che si realizzata intorno all’arte. Per Heidegger: “ L’arte è il mettersi in mostra della verità” . Ma ciò presuppone la risposta alla domanda: chi è l’artista? Da escludere che l’artista sia una sorta di unto del signore, ma semplicemente un demiurgo che dà forma alla materia. Per ciò stesso mette in mostra la verità? Cosa significa “verità”? Secondo Heidegger è l’essenza del vero. Ma cosa pensiamo quando diciamo “essenza”? Ecco dunque che il transito dalla forma alla parola, anziché aiutarci a capire crea un vuoto concettuale, ed è in questo vuoto che si è annidato il virus dell’arte contemporanea erodendo significati e cancellando forme in un progressivo allontanarsi dalla semplicità, verso un frammentarsi in una penosa autoreferenzialità. In questo percorso di funambolismo ideologico, irrompe la tecnica che sembra fornire una via d’uscita. In realtà è la mela avvelenata che aggrava la stato agonico. La paziente viene tenuta in vita, stimolata con allucinogeni, perché non è ancora chiaro chi è il beneficiario del suo testamento. I suoi rantoli sembrano allietare la mondanità cinica che la circonda.
Considerazioni sull'arte
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