Post by Category : arte e cultura

Nulla è più complesso della semplicità.  0

Vorrei accennare brevemente a un argomento che ho più volte trattato, parlo di  tecnologia e arte. Non si può non ricordare che la nuova tendenza filosofica mette in discussione la razionalità di Cartesio proprio nel momento in cui la civiltà è avviata a una sempre maggiore tecnicalità e all’uso della intelligenza artificiale. Qualunque possa essere l’opinione in merito, non è possibile negare a questi nuovi approcci un carattere di aridità razionale. Condannato Cartesio, resta in atto la prassi che egli ispira. Vi è inoltre un altro paradosso; si celebra la natura e si condanna la dottrina che vede nella natura l’ispiratrice del più semplice spirito dell’arte e, sulla nuova rappresentazione, si innescano riferimenti semantici grazie ai quali il nuovo spirito dell’arte risulta sconvolto. Se tutto ciò che riguarda l’intuizione non può più essere, tout court, ascritta a un impulso primigenio, è pur vero che un impulso creativo ci deve pur essere. Anche perché se l’ispirazione non può più essere considerata “primitiva”, nel senso di spontanea, è chiaro che è resa possibile la codificazione dell’arte che in questo modo perde definitivamente la propria ontologia. Valutando il fondamento dualistico, tecnica- sapere, va tenuto conto della società nella quale gli artisti vivono, della cultura che essi assimilano insieme alla superficialità tecnicistica diffusa. Tutte le nozioni fondamentali possono in un certo modo essere sdoppiate, fino al  realizzarsi di una saturazione informativa nella quale l’eventuale residualità complementare dell’intuizione è proceduta da una scelta che la snatura e gli conferisce una sorta di ambiguità epistemologica che si pone alla base della nuova  realtà dell’arte nella quale anche la creatività è aridamente programmata. La descrizione artistica assume il carattere immediato dell’evidenza senza che sia negata nè turbata dalla conseguente banalità. Cartesio non credeva nell’esistenza di elementi assoluti, egli pensava che la capacità di razionalizzare la realtà fosse un aiuto per comprenderla. Elementi concepiti dall’idea e arricchiti dalla esperienza creativa, l’obiettivo dovrebbe essere raggiungere  il più alto grado di chiarezza con l’uso di elementi semplici  individuabili attraverso l’osservazione. Come espresso molto bene da Depréel, “la verità dimostrata”, egli scrive, “non si sostiene costantemente sulla propria evidenza, bensì sulla dimostrazione”. Vien fatto di domandarsi se, alla luce della psicologia della nuova arte, è ancora  lecito richiamarsi alla spirito, ovvero se l’arte oggi non sia puramente e semplicemente metodologia . Così “l’adattamento creativo”, sarebbe quasi esclusivamente un adattamento alla normalità produttiva, con buona pace della pretesa intuizione. Gli oggetti condizionano l’idea, non l’idea gli oggetti, essi sono resi estranei all’idea chiara e distinta, la  relazione tra gesto e  oggetto affidata ad un automatismo produttivo. Nulla è più cartesiano che la lenta modificazione spirituale imposta dalle successive approssimazioni dell’esperienza. La  genuina semplicità preserva dal cadere nel banale come invece appare oggi la povera concezione dell’arte che si rifugia nella tecnologia per l’incapacità di rappresentare la realtà in tutta la sua complessitàMonaco davanti al mare

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La permanenza dell’essere.  0

La contemporaneità È ossessionata dal nuovo, dal cambiamento, abbiamo dimenticato quanto la cultura greca ci ha trasmesso. Ciò che veramente è non può mutare, sostenevano i greci. L’esistenza del cambiamento prova quindi una mancanza di “vero essere” ciò che i greci talvolta chiamavano per mettere in rilievo le deficienze sostanziali: “non essere”. I vari gradi di apprensione intellettuale corrispondono con le loro forme logiche ai gradi di conoscenza, l’ordinamento gerarchico dei soggetti nella loro gradazione qualitative di essere. Il linguaggio idiomatico inglese usa spesso la parola “whole”, intero, e “perfet”, perfetto. Intero e perfetto come sinonimi, in contrapposizione a rotto, parziale, imperfetto e superfluo. Si avverte che l’intuizione che si c’era in tale identificazione è relativa distinzioni che ebbe un valore determinante per la cosmologia e per la teoria dell’essere dei Greci. La cultura greca nei suoi atteggiamenti peculiari aveva carattere specificatamente estetico, le opere d’arte sono totalità qualitative. i loro pezzi staccati assumono puro carattere fisico. L’urna greca, come la statua. il tempio greci erano opere d’arte complete che noi consideriamo finite nella misura, limite. Sono fissati rapporti e proporzioni che sono il contrassegno di tutto ciò che veramente è. Tali oggetti o soggetti sono sostanze fornite di disegno e forma in senso oggettivo il mutamento la suscettibilità di variazioni non sono viceversa misurabili e ci sono segni della presenza dell’indefinito. Il finito il definito, il completo, sono tali grazie ha limiti e misure fissate, il mutamento come tale sfugge alla espressione intellettuale dei filosofi greci. Esso può essere conosciuto solo nella misura in cui può essere compreso instabile confine che semina il suo inizio e la sua fine o conclusione oggettiva Cioè nella misura in cui il mutamento tende a muoversi verso un limite finale  immutabile, il mutamento è conosciuto, in altre parole, soltanto in quanto compreso in limiti stabili dal punto di vista della conoscenza delle forme logiche. E’ cosa sensibile, particolare, parziale, mentre il tutto misurato definito da limiti e irrazionale. Il sillogismo è la forma di inclusione completa è di due tipi uno sia è incluso sia ciò che lo limita e include è permanente nell’altro ciò che posto all’interno dei limiti dati  per se stessi, un processo di mutazione ovvero fisico, non razionale

Arte arcaica greca- 500

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Indagine sull’approccio alla conoscenza  0

In un precedente intervento ho considerato, per brevi cenni, il contenuto del libro di Wittgenstein “Della Certezza”, analisi filosofica del senso comune. Stesso tema, da una diversa ottica, è affrontato da John Dewey  nel libro “Logica, teoria dell’indagine”.

Nel capitolo: La struttura dell’indagine, Dewey affronta l’argomento del senso comune sotto il profilo di indagine scientifica che nasce dal rifiuto della possibilità dell’apprendimento immediato teorizzato, tra gli altri, da Locke. Dewey  cerca di stabilire come lo sviluppo dell’indagine sia in qualche misura contro il senso comune. Una certa ambiguità dei termini ha avuto una parte assai importante nel favorire la dottrina della conoscenza immediata, conoscenza che, nel suo senso più stretto e più illustre coincide con asserzione giustificata.

Ma conoscenza significa anche intendimento e altresì un oggetto o un atto che può essere ed è stato chiamato apprensione. Si può intendere ciò che il termine è l’idea di centauro, di serpente di mare, di trasmutazione di elementi chimici significano, senza necessariamente conoscerli nel senso di avere dei fondamenti per asserire la loro esistenza.

Nessuna intelligente ricerca di qualche nuovo ritrovato, nessuna indagine controllata, intesa a scoprire se una certa concezione, ad esempio circa la natura dell’atomo, può essere condotta senza che si affermi e si intenda direttamente la significazione del contenuto di questa idea.

Su questa difficoltà epistemologica dell’accertamento del significato, la sostanza vera delle cose, per sostanza intendo la realtà ontologica. Il reale contenuto significante della comunicazione artistica,culturale, scientifica, che  implica la fondamentale conoscenza dell’oggetto. Questo vale anche per l’opera d’arte.

Su questa difficoltà, o ambiguità, hanno proliferato critica e filosofia dell’arte. Quando il critico, o filosofo, si dilungano nell’illustrare l’opera di un artista, la conoscono realmente? Hanno reale consapevolezza di ciò che esprime, o vorrebbe esprimere? Qual è il senso dell’espressione conoscere? Le ragioni che motivano la realizzazione dell’opera e la sua storia sono molto importanti.

E’ basilare una autonoma riflessione nutrita di cultura. Questi aspetti  dovrebbero essere fondamentali per un approccio all’arte che preservi dagli equivoci che proliferano nel ristretto mondo dell’arte. Nella “struttura dell’indagine” John Dewey  aiuta a delineare un metodo,  approccio che ci consente quanto meno di maturare una coscienza critica.PESCE

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Codice della creatività.  0

I due momenti dell’arte, nel suo farsi e nel linguaggio che la esprime, non sempre coincidono. Renato Boccali  da anni svolge attente ricerche sulla estetica delle immagini in Gaston Bachelard. Nel 2012 ha pubblicato “L’éthique et la main”. Libro estremamente interessante che affronta  il rapporto tra etica ed arte. Il tema della manualità è stato affrontato in modo scientifico più ampio da Leroi-Gourhan in “Il gesto e la parola” , due volumi pubblicati da Einaudi nel 1964. Il libro traccia un percorso storico e scientifico sulla manualità, la mano, guidata dall’intelletto e dal sapere, protagonista dello sviluppo della civiltà. Essa forma, costruisce, crea. Il gesto creativo è sintesi di manualità e pensiero. Prevale la tendenza a utilizzare la  tecnica in sostituzione  della mano, nel lavoro e nell’arte. La manualità è stata per millenni base della creazione artistica, è apertamente rifiutata dagli artisti contemporanei che si servono di tecniche  industriali. In particolare gli artisti statunitensi  fanno da tempo largo uso della riproducibilità e produzione industriale. D’altra parte  realizzare parallelepipedi di ferro di grandi dimensioni non c’è altro modo se non i sistemi dell’industria. Carl Andre, Claes Oldemburg, Walter De Maria, Richard Serra sono alcuni degli artisti che usano tali sistemi di produzione. Altri  artisti si affidano alle nuove tecnologie, creano ambienti con effetti speciali simili a quelli che vediamo nei film. L’artista surrealista svedese Erik Johansson presentò una mostra nella quale realizzò una sorta di sole artificiale, dimostrando abilità tecnica notevole. Bill Viola rielabora la proiezione di capolavori del passato e crea immagini che proietta con effetti suggestivi. Con l’avvento della intelligenza artificiale anche il cervello umano è costretto a cimentarsi con nuove sfide. Lo racconta   Marcus Du Sautoy nel libro: “Codice della creatività”. Tutti questi rivolgimenti hanno una ricaduta nella realtà antropologica perché modificano l’approccio culturale delle masse e incidono sull’ Etica per una pluralità di ragioni. Compito dell’artista non è mostrare il reale, ma dimostrarlo. La produzione manuale, in generale lenta, permette che azione e riflessione vadano di pari passo. La riflessione comporta un più diretto coinvolgimento emotivo nella creazione, gli intervalli del pensiero scanditi dal gesto implicano emozioni che la fredda  tecnologia non favorisce. La  conseguenza dell’uso della tecnologia è il prendere forma di una epistemologia antitetica al tradizionale processo creativo dell’arte. Si attiva un meccanismo mentale che a lungo andare produce  una lenta graduale disumanizzazione e determina una sorta di neutralizzazione emotiva. Questo processo è visibile nell’arte plastica, ma molto di più nel cinema. Nella produzione cinematografica un posto di primo piano è occupato dalla di realtà virtuale, personaggi virtuali creati  in laboratorio sono i protagonisti dei film. C’è da osservare che  tale processo ha avuto inizio con i fumetti che hanno abituato i ragazzi ad appassionarsi a personaggi immaginari creati dalla matita del fumettista e  diventati veri e propri eroi nell’immaginario collettivo, non solo degli adolescenti. Anche Edward O. Wilson  affronta il tema della creazione artistica con il libro: “Le origini della creatività”, pubblicato nel 2017. Egli parte dai primordi quando i nostri antenati con grande abilità costruivano flauti utilizzando le ossa di uccelli. Con Homo habilis, 2,3 milioni di anni fa, ebbe inizio la brusca svolta della nostra specie. Ma questa è tutta un’altra storia.

 

Studio di Francis Bacon

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Dietro l’immagine la filosofia e il mito.  0

Cassirer sosteneva che l’uomo è un animale simbolico. La simbologia si inquadra in una certa  disciplina sociale nella quale appare a volte il riferimento a una relazione ambigua con il  naturalismo che includerebbe  anche i  comportamenti degli animali. In realtà  naturalismo e simbolismo sono antitetici, ed è improprio usare l’espressione “simbolismo animale”. Altra caratteristica degli esseri umani, messa in luce da Aristotele, è la propensione alla socialità. Grazie a questa tendenza è stato possibile lo sviluppo della civiltà. Tutto ciò che è cultura deve essere visto in termini di relazioni a partire dal linguaggio. L’arte è forse la forma più evoluta di relazione, specie quando è espressa attraverso la comunicazione iconica che esprime i temi umanistici descritti da Erwin Panofsky  nei sui studi di iconologia attraverso i quali riusciamo a capire l’oggetto nel quale è compresa la realtà culturale contenuta nella significazione del termine  “iconologia”.  Altra funzione e significato è espresso nella “iconografia”. Nella prima abbiamo una ricca messe di significati storico-culturali, nella seconda la semplice descrizione dei segni. Il suffismo “grafia” deriva dal verbo greco graphein, scrivere, sta a significare un modo di procedere puramente descrittivo, spesso addirittura statistico. L’iconografia è perciò una descrizione e classificazione delle immagini, come l’etnografia è una descrizione e classificazione delle razze umane; è cioè uno studio limitato, per così dire, ancillare, nel senso che certi determinati temi trovano formulazione visiva attraverso forme al servizio di un superiore significato. Alla luce di quanto esposto appare chiaro che tante celebrate opere di arte contemporanea rientrano  a pieno titolo nella iconografia come pura narrazione segnica di ordinaria estemporaneità. Pensiamo,  esempio, alla Pop Art.  L’arte è una attività e socialmente condizionata, è influenzata e influisce sulla cultura sociale. La povertà dell’arte contemporanea deriva anche dalla assenza di simbologia, che, come abbiamo scritto, è il tema della iconologia. La connessione dell’arte con i simboli implica la trasmissione di cultura ben oltre l’estemporaneità della forma. La funzione del simbolo e le relazioni dei simboli tra loro sono propri del linguaggio dell’arte rinascimentale e costituiscono i termini della funzione che la simbolizzazione artistica espleta. Non è un caso che la pittura rinascimentale si richiamasse, e fosse  ispirata, dalla mitologia e dalla filosofia. Pico della Mirandola e Benivieni erano ispiratori di molte opere, così come Ficino e Plotino. Il regno della natura non ancora contaminato dall’industria e dal consumo era oggetto di studi che hanno segnato la nascita della civiltà occidentale. Il movimento neoplatonico a Firenze, più in generale nell’Italia settentrionale, era l’humus che stimolava e nutriva  l’arte nel suo momento di maggiore fulgore. Quando Luca Cranach rappresenta un Cupido che si benda, è ispirato dagli insegnamenti platonici, in quel semplice gesto, l’artista esprime l’essenza dell’amore platonico che non è attratto dal corpo. Cupido ci dice che è possibile amare un’idea. Va da se che siamo lontani anni luce dalla contemporaneità così immersa nella materia che ha espulso dal linguaggio e dall’arte tutto ciò che ha costituito stimolo alla crescita umana prima del tracollo nella modernità.     Caravaggio_-_Amor_vincit_omnia

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Lo spirito dell’arte  0

Quanto può far pensare la difficoltà che lo spirito dell’arte resti sostanzialmente identico attraverso le più profonde rettifiche è dato dal fatto che nel pensiero dell’arte non si considera nel giusto valore la funzione sociale. E’ stato ripetuto infinite volte che l’arte è un linguaggio, un mezzo di espressione che ci siamo abituati a considerare come utensile a disposizione di una ragione paziente. In realtà non ne siamo padroni,nel senso,che la comprensione è resa complessa dalle infinite ermeneutiche più o meno motivate. Le idee che l’arte tenta di trasmettere articolando la forma del reale o creando immaginarie realtà, è preceduta, si suppone, dall’articolazione del pensiero soggetto alla segmentazione, non sempre consapevole di stesso. All’origine il segno poteva avere un significato che rifletteva la magia  spirituale dell’atto evocativo. E’ questo il fascino delle  le prime immagini grafite sui muri delle caverne, la loro forza suggestiva nel costituirsi in narrazione tra reale e immaginario. Oggi il significato dell’arte non ha nulla di magico, ma è affidato a teorie ermeneutiche inutilmente complesse, spesso prive di costrutto logico formale. Per esempio, ammettendo che l’idea di astrazione sia un’idea semplice,chiara,  si può dire che le espressioni artistiche non fanno che richiamarsi a particolari colori senza forma e senza significato. Tutto è giustificato con l’apodittica tesi che l’intuizione primaria dell’artista giustifica gesto e forma. Le  nuove teorie non tengono in nessun conto lo spirito dell’arte e si allontanano da ogni residua ingenuità. L’insieme della produzione artistica  è diventata, in un certo senso, più omogenea, interamente presente nel conformismo della prevalenza, senza  impegno reale nella ricerca di originalità formale. L’espressione formale non è comprensibile in se stessa, ma piuttosto in quanto aderente al conformismo diffuso. E’ assente lo sforzo che costituisce la ricerca dell’espressione, la sola che permette la realizzazione di un fenomeno artistico compiuto. Non si può trasmettere alcuna conoscenza senza la padronanza e originalità dello strumento della comunicazione. Se volessimo situarci sistematicamente dal punto di vista psicologico,non potrebbe sfuggirci la reazione dello strumento dell’arte il cui artefice ignora la stessa funzione della propria azione. Appare chiaro allora che l’uomo artista sostituisce l’uomo faber senza che la sua azione abbia nessuna tensione e sappia utilizzare in modo adeguato lo strumento tensoriale. Egli  è un mirabile operatore di generalità acquisite nel maneggiare nuove possibilità tecniche. Manca  il pensiero frutto di esperienze compiute nella fatica del confronto, rifiutando la scorciatoia di una simbologia artificiosamente costruita in adeguamento al mainstream corrente. La nuova arte relativistica si esprime in un unico simbolo il cui significato designa mille caratteri di una realtà banalizzata da superficialità e ripetizione, nascosta al pensiero legato a un programma di esperienze da realizzare cercando i simboli che uniscono il possibile. Per creare potremmo forse sbloccare le immagini di Mallarmè la loro lunghezza d’ispirazione, l’accento Vergine si pensa come qualcosa che avrebbe potuto essere, senza mai trascurare idealmente nessuna delle possibilità che volano intorno alla figura artistica e appartengono all’originale anche contro la verosimiglianza.

Kandinsky - 500

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Diatriba tra pessimisti e ottimisti.  0

Covid19 2 - 500La lunga diatriba tra ottimisti e pessimisti è una delle tante questione che non ha trovato conclusioni.  Non c’è dubbio che il pessimismo di molti filosofi sia ampiamente giustificato. Proprio in questo periodo, con il Codice 19  abbiamo un esempio di come le calamità possono colpire gli esseri umani. Il concetto di ottimismo è stato creato dall’uomo per descrivere un proprio  stato d’animo. Sono molti i filosofi antichi e moderni  che hanno affrontato il tema. Eraclito, Empedocle, Pitagora, Platone, ed anche narratori e scrittori di tragedie, Orfeo, Pindaro, Erodoto,  Euripide, per limitarci agli antichi. Questi  creatori d’immaginazione e di miti che hanno indugiato sul pessimismo, forse per ragioni personali oppure perché il periodo storico che vivevano suggeriva tale stato d’animo. Infatti l’ermeneutica della realtà, anche degli uomini di cultura, è condizionata dalla proprie emozioni. La vita, l’universo, la natura, non sono ne pessimisti ne ottimisti, sono semplicemente regolati da processi spontanei in base ai quali si produce la vita e la morte di tutto ciò che di vitale esiste sul nostro pianeta. La questione è in parte affrontata nel trattato di filosofia naturale scritto nel 1969 da Jacques Monod, dal titolo:  “ Il caso e la necessità”. A parte i processi biologici, fonte della vita sulla terra, se osserviamo il nostro pianeta in una prospettiva planetaria, ci rendiamo conto che esso è ben poca cosa, un insignificante punto nello spazio. Dovremmo dunque ammettere che scienza, cultura, arte, sono frammenti insignificanti nell’economia dell’universo. Tutto il nostro sapere ha i limiti della nostra intelligenza ed ha necessariamente come riferimento noi stessi e il nostro pianeta. La natura che ci circonda contiene in se stessa la forza che la fa esistere  e la distrugge. Qual è la ragione per la quale la gazzella  è cibo per il leone?   Attraverso ciò che definiamo “cultura” noi abbiamo modificato leggi della natura e abbiamo dato un’impronta alla società che spesso calpesta l’etica, con la nostra scienza improntata al solipsismo, abbiamo distrutto milioni di esemplari di fauna e di flora. La nostra presuntuosa arroganza va ben oltre la nostra intelligenza, tanto che ci stiamo rendendo conto dei disastri provocati ma non vogliamo, o forse non possiamo porre rimedio. Quasi tutti i filosofi, in primis Spinoza , al termine  dei loro ragionamenti concludono: come volevasi dimostrare. In realtà le parole non dimostrano proprio nulla, se mai ipotizzano, presumono, immaginano. Anche l’immaginazione umana finisce per essere codificata. L’arte, specie dopo la deriva delle avanguardie, si è tradotta in forme espressive la cui essenzialità e significato sono affidati alla fantasia dei critici e dei filosofi dell’arte i quali  costruisco castelli di parole  che collidono con la realtà che abbiamo sotto i nostri occhi. Parafrando il noto detto di Gramsci potremmo dire che si affidano all’ottimismo della presunzione.

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La luce, tra arte e scienza.  0

Dobbiamo ammettere che il senso comune spesso è fallace. Lo dimostra, tra l’altro,l’esame della riflessione luminosa. L’idea della riflessione così chiara nella impressione apparente, risulta poi complessa se entriamo nello specifico ed esaminiamo la sostanza dell’irradiamento luminoso. E’ facile cogliere in questo esempio l’inefficacia epistemologia delle idee semplici del tipo cartesiano, quando queste idee siano attinte  da una intuizione immediata nella quale sono prevalenti gli insegnamenti dell’esperienza relativi alla geometria elementare. L’esperimento comune dello specchio, a cui si riferisce Bachelard nel libro “Il nuovo spirito scientifico” è a prima vista così semplice chiaro distinto,così geometrico da potersi situare alla base della condotta artistica, dello stile medesimo che caratterizza la mentalità dell’artista e, forse, in misura minore, anche della persona comune. E’ stata mostrata la grande superiorità del bambino il quale non ha esperienza alcuna, eppure comprende quasi sempre il significato dell’azione che compie, mentre il cane, intanto non accumula sapere e certo non sa servirsi dell’esperienza. Lo schema di pensiero artistico è tanto primitivo da sembrare difficilmente analizzabile dal punto di vista psicologico. Così gli esordienti si stupiscono spesso per l’insistenza del docente che suggerisce di accompagnare l’atto con attenta riflessione. Oggi la pittura è parte residuale dell’arte, forse per questo quasi sempre l’artista trascura o ignora che la luce è corpo e sostanza della pittura. E’ curioso come ben prima dell’arte la scienza abbia affrontato il problema dell’azzurro del cielo, del firmamento, dei reali ostacoli posti alla necessità di capire come si forma. C’è chi  ha sostenuto che l’aria in strati sottili non è azzurra mentre in strati più profondi diventa azzurra Questa è una delle tante intuizioni smentite dalla scienza. L’azzurro è anche interpretato matematicamente ed è stato, abbiamo detto,tema del pensiero scientifico del quale non è possibile esagerare l’importanza. D’altra parte nell’arte non sembra che la realtà sia molto presente nella sua forma fenomenica, questo non significa ritrarre manici di scopa o omini tristi in una stanza di albergo. La realtà non è così determinante per il nuovo spirito dell’arte che si dissolve in frammenti tecnici. Alcuni secoli fa il cielo stellato che ci sovrasta era oggetto di attrazione e fascino. Oggi esaminiamo il fenomeno luminoso, il cielo e altre realtà senza avere la capacità di opporci al piatto schematismo che   induce al conformismo. Non siamo in grado di tentare, attraverso il pensiero razionale e creativo, di affrontare i concetti che sono sintesi delle esperienze e rettificano le osservazioni superficiali. La somma di esperienza, ragione e creatività sono gli ingredienti indispensabili per realizzare un’opera d’arte che abbia forma e significato. L’epistemologia dell’arte, se compresa, aiuta a meglio educare la psicologia del linguaggio artistico collocando l’azione nella giusta dimensione spazio-tempo. Quale poeta ci darà la metafora di questo nuovo linguaggio dell’arte? In che modo arriveremo a rappresentarci l’associazione del temporale con il  senso culturale e storico? Quale visione Suprema dell’Armonia ci permetterà di conciliare la ripetizione nel tempo della simmetria dello spazio del quale l’opera occupa un frammento, ma il cui significato si espande nello spazio mentale di chi osserva?  Sono aspetti estremamente interessanti. Quando l’artista si propone di rappresentare qualcosa di universale, dovrebbe forse meglio meditare.

Test dello specchio-500

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Natura dell’artista, natura dell’arte.  0

Ipotizzare che il pensiero geometrico sia l’essenza stessa della ragione umana, come sostiene Bachelard,  è una forzatura che non tiene conto che la ragione agisce in molti campi, si attua in molti modi a prescindere dal pensiero geometrico. Limitando il discorso al campo dell’arte plastica appare chiaro che gli artisti contemporanei anziché approfondire la parte scientifica dell’arte affrontata da maestri come Piero Della Francesca, Michelangelo Buonarroti, Leonardo da Vinci, hanno, per così dire, capovolto il tavolo e cancellato secoli di storia dell’arte. Non hanno certo approfondito le teorie di Euclide, tanto meno la rielaborazione in chiave eretica della geometria fatta da Lobatchewsky. Eppure la geometria ha un ruolo importante nella disciplina artistica.  L’artista si orienta in quanto condizionato da fattori diversi mai stati analizzati  profondamente, come spesso accade, seppelliti sotto cumuli di speciose elaborazioni teoriche. Ci si potrebbe chiedere: tutti possono fare gli artisti? Ma tutti sono artisti? Qui entriamo nell’antro oscuro delle forzature culturali suggerite o imposte anche dalla ideologia; in primis dal dall’idea di uguaglianza contro il quale si scaglia Nietzsche, il supporto ipocrita di  una società di disuguali,non scalfito da Max Stirner con il suo voluminoso libro “ L’unico e la sua proprietà”. Neppure la sociologia dell’arte ha affrontato il tema. Arnold Hauser nei due volumi  “Storia sociale dell’arte” pubblicati da Einaudi nel 1956 tratta la collocazione dell’arte nella società ma non approfondisce l’ontologia dell’artista, la sua attenzione si concentra solo sul tema dell’arte nella società. L’individuo artista è condizionato dalla società in cui nasce, dalla cultura che lo forma. L’esame di questi aspetti può aiutare a capire la genesi culturale  dell’arte statunitense. Gli studiosi danno grande importanza al contesto relativo dell’arte africana, asiatica, cinese,per l’arte degli stati uniti si presume  sia una branca della cultura europea. Cos’ non è, le differenze tra le due realtà culturali sono molte. La giovane nazione americana, non avendo un background storico artistico paragonabile a quello dell’Europa, ha dovuto inventarsi riferimenti e schemi culturali propri. Questo ci riporta quanto abbiamo scritto sopra, cioè alla  indeterminata natura dell’artista e quindi dell’arte. Su questo  snodo ha fatto perno una certa cultura per sviluppare teorie ancipiti. Filosofi e critici dell’arte statunitensi hanno creato veri e propri anacoluti concettuali poi supportati dalla potenza politica, economica e dal patriottismo americano. La città di New York, la più europea delle città americane,  ha costituito il crogiuolo nel quale è avvenuta la commistione tra le avanguardie europee e la cultura americana. Non dobbiamo dimenticare che Duchamp e molti altri artisti europei, russi e di altre realtà culturali hanno trovato entusiastica accoglienza in America. Aline B. Saarinen nel libro “I grandi collezionisti americani” affronta il tema. Come sostiene György Lukàcs: “l’arte non basta a se stessa”, ignorando questa indicazione è soprattutto la cultura americana  ha incrementato il kitsch nell’arte, ormai accettato ed esaltato perché, come scrive Hartmann “ l’uomo contemporanea ama il kitsch, compra il kitsch, perché è kitsch”.Questo è quindi l’inevitabile approdo della nostra civiltà con cultura artistica approssimativa  a cui fa riscontro un consumo compulsivo.

de Chirico Nietzsche -500

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Siamo davvero animali intelligenti?  0

La filosofia di Schopenhauer è davvero ricca di contraddizioni per esporre le quali  dovrei scrivere un trattato. Mi limiterò  a brevi considerazioni concentrandomi sul nucleo centrale del pensiero del filosofo. Schopenhauer nel suo libro più importante, “Il mondo come volontà e rappresentazione”, considera la volontà l’essenza stessa della natura umana, animale, vegetale. In pratica assegna alla volontà la funzione che circa un secolo dopo Henri Bergson assegna a èlan vital, l’impulso creativo che muove l’evoluzione. Schopenhauer arriva a sostenere che la volontà è eterna. Siccome la volontà guidata dalla ragione è prerogativa umana, mentre la volontà intesa come della natura alla base dello sviluppo ed evoluzione naturale è legata a fattori climatici, ne deriva che, assumendo che, per ragioni ambientali, come è successo su Marte, la vita si estingua, si estinguerebbe anche la vita umana,quindi  la volontà cesserebbe di esistere, ergo non è eterna. Ma non è la sola argomentazione apodittica di Schopenhauer. La scienza che  affronta il tema dell’evoluzione dell’universo ci dice che i pianeti sono soggetti a radicali cambiamenti dovuti alle graduali evoluzioni del sistema planetario. Ci dice anche che noi conosciamo solo il 5% dell’Universo, tutto il resto è materia oscura. Di fronte a questa evidenza scientifica l’antropocentrismo di Schopenhauer sfiora il ridicolo, a maggior ragione la sua tesi secondo cui la volontà è eterna, a parte la difficoltà di definire il concetto di eternità. Va pur detto che, nella nostra ansia antropocentrica siamo arrivati a creare un dio al quale abbiamo dato le nostre sembianze. Questo sembra indicare che l’intelligente pazzia dell’uomo non ha limiti. Bisogna riconoscere che è molto più umilmente intelligente la poesia. Shakespeare mette in bocca ad Amleto la famosa frase: “ Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio,di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia”.  Schopenhauer avrà letto Amleto? L’arte, specie l’arte plastica, vista in un’ottica planetaria  è ben poca cosa, anche in questo caso si spreca l’enfasi di autoesaltazione. Si costruisce un altare di parole in cima al quale poniamo tutto ciò che è umano. Arriviamo a considerare  arte anche il nostro sterco, nobilitato con artifizi retorici. In realtà il nostro agire è spesso un fischiare nel buio per tenere a bada la paura di vederci per quello che realmente siamo: animali intelligenti ma dissoluti.           Museo lombroso- 500

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