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La filosofia dell’Unicorno  1

La filosofia dell’unicorno

La filosofia dell’arte procede in larga misura per deformazione  logica e forzature ermeneutiche basate su supposizioni. Anziché descrivere le opere il filosofo dell’arte le interpreta,  riconducendole alle proprie aprioristiche convinzioni. Uno degli espedienti abituali  consiste nel contestualizzare,  quasi che il contesto abbia  il potere di mutare significato e sostanza. Un asino è un asino in qualunque luogo o situazione  collocato. La contestualizzazione ambientale e storica non ha il potere di modificare l’ontologia , come pretendono molti filosofi dell’arte. Se noi collochiamo un’opera di Cesar in un deposito di ricuperi ferrosi, essa si confonde con il resto dei materiali, così come l’orinatoio di Duchamp  riportato in un magazzino di apparati igienici. La  contestualizzazione è dunque un’efficace espediente che, insieme alle forzature ermeneutiche , attua il tentativo di modificare l’ontologia dell’oggetto. Far credere che l’ottone sia oro non è abilità, è inganno. Dunque oggetti la cui ontologia è affidata al contesto, non possono essere considerate opere d’arte nonostante le spurie teorie che sostengono il contrario. Attraverso la parafrasi  proposta da Russel,  l’enunciato , il cui predicato non è formulato secondo le proprietà dell’oggetto, è un anacoluto logico e grammaticale. Un nome , nel senso ristretto di denominazione di un oggetto, non comporta di necessità la conoscenza. Il concetto semantico deve avere una fondazione epistemologica, basata sulla distinzione tra conoscenza diretta e conoscenza per descrizione. Ogni formulazione filosofica, dovrebbe partire da un riconoscimento formale e materico  e quindi  pervenire a una conoscenza diretta dell’oggetto, quale è realmente. S’indugia invece in forme metafisiche attribuendo all’artista il potere di modificazione ontologica con il semplice atto di scelta. La forma logica di un enunciato del linguaggio deve avere riscontro con la realtà sostanziale. Le presunte intuizioni dell’artista, in base alle quali il filosofo dell’arte formula teorie e giudizi, non sono che opinioni che nascono da un percorso epistemologico viziato dal pregiudizio, le distinzioni, e formulazioni arbitrarie che ne conseguono, sono un formidabile  esempio di manipolazione del linguaggio su errati presupposti ontologici. Russell era consapevole di questo quando sosteneva che “un robusto senso della realtà è indispensabile per un uso corretto del linguaggio,perché la logica non può ammettere  l’esistenza di un unicorno più di quanto lo possa la zoologia”.

piergiorgio firinu    aaaaaaaaaaaaaaaaunicorno

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Civiltà in squagliamento  0

La visita alla 56esimaBiennale d’Arte di Venezia del 2015, conferma, se mai fosse stato necessario, il successo delle deleterie teorie degli pseudo filosofi  made in USA. Gli oggetti esposti   nella sequenza di stand , fanno apparire l’esposizione simile ad un bazar, o un mercato di rigattieri. Il cosiddetto multiculturalismo appare una sorta di foglia di fico dietro cui c’è  il vuoto. Osservando le opere, si trova altresì conferma della  modesta  base culturale degli artisti, la loro approssimazione è disarmante,  le opere sono espressione  degli stereotipi correnti. La mostra è in gran parte uno spot sull’immigrazione, tema senz’altro importante ma non tale da poter caratterizzare una Biennale che anche per questo appare assorta dal contingente fenomenologico. Sicuramente  poveri  i  riferimenti culturali degli artisti. Si evince anche dalla lettura dei testi che accompagnano le opere. Certo, visto la tendenza  contemporanea, non c’è da aspettarsi che abbiamo dimestichezza con autori come Nietzsche, Kierkegaard, Dostoevskij, Hegel, Schelling, Dilthey, Rilke, Trakl. Heidegger. L’ elenco non è casuale, sono  autori che hanno tentato di approfondire l’essenza dell’essere, l’ontologia della forma nelle sue multiformi espressioni di cui l’arte è parte significativa. Di certo se la base culturale di questi nuovi, o seminuovi,  artisti, sono filosofi  delle ultime generazioni,  tutto appare molto più chiaro, anche l’uso inappropriato, se non decettivo, delle preposizioni esplicative che dimostrano marcata  ignoranza dell’etimo originario delle parole. L’opera di Helidon  Xhixha, a mio parere, è la perfetta metafora non solo dell’arte, ma dell’intera società contemporanea,la quale si liquefa non nel senso che diventa liquida, aperta , mobile, ma nel senso che si dissolve in fatuità consumistica,  orgogliosa della propria ignoranza. Ci allontaniamo dal pensiero  fondamentale  del l’occidente, la cui sedimentazione costituisce, o dovrebbe costituire, base e stimolo al pensiero creativo. Abbiamo l’ansia di andare oltre, senza tuttavia aver dimostrato di aver compreso le espressioni culturali autoctone e ancor meno quelle di altri popoli. La cultura non è più un percorso di conoscenza della coscienza comune, articolata in una socialità che solo grazie ad una effettiva consistenza culturale può aprirsi agli stimoli di espressioni diverse, anziché  limitarsi ad assemblaggi di improvvisati  e sociologismi d’accatto. Se è vero che non è compito dell’arte proporre soluzioni, è anche vero che rinunciando a priori ad ogni serio e fondato riferimento culturale l’arte rinuncia ad una incisiva  rappresentazione, ovvero all’apertura di senso verso un’ontologia che stimoli la coscienza di sè e una positiva relazione con gli altri.

Helidos-Xhixha

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Democrazia dell’ignoranza.  0

Come ho scritto in altri testi, è mia convinzione che l’arte è politica. Dovremmo dunque preoccuparci  di considerare la situazione socio-culturale  all’interno della quale il cosiddetto “sistema dell’arte” ,nasce e si sviluppa. Episodi come quelli accaduti a Milano il 1° maggio 2015, preceduti da una serie di episodi analoghi a Genova, Roma, Torino e altre città, confermano che viviamo in una società malata. Liquidare questi  episodi con espressioni di sufficienza come ha fatto Renzi , visto il loro ripetersi, forse non è il modo migliore per trovare soluzioni. La storia ha il passo lento ma costante. Con l’istruzione obbligatoria abbiamo cominciato a insegnare l’arte della manipolazione delle idee. Viviamo in un mondo in cui la maggior parte degli individui è semianalfabeta, o per dirlo in modo più gentile, semiletterati, persone cioè che sono in grado di afferrare le idee, ma non hanno gli strumenti culturali per verificarle, e quindi  seguono l’air du temps.  Chi dice che la politica è l’arte del possibile usa un’espressione ad effetto, ma priva di senso. L’involuzione sociale acquista impulso fin dagli anni ’70 certificata da Theodore Roszak  che scrisse”La nascita di una controcultura” , era la naturale conseguenza di quanto profetizzato da Tocqueville due secoli prima in “La Democrazia in America”. Seymour Martin Lipset scrisse che i movimenti estremisti trovano il loro terreno di cultura  in individui psicologicamente disancorati da riferimenti culturali e sociali. Platone e Aristotele, erano  assolutamente contro il principio di democrazia. Aristotele,  indicato come il maestro di coloro di coloro che sanno,  inascoltato quando il suo pensiero contrasta con il mainstream.  Nel 1942 Joseph Schumpeter  pubblicò “Capitalismo, socialismo e democrazia” , affrontando il tema della definizione di democrazia in risposta indiretta al politologo W.H.Morris Jones  il quale scrisse un testo dal significativo titolo: “In difesa dell’apatia” (politica). Si aprì una battaglia contro l’idealismo hegeliano  avanzando  la tesi che gli obiettivi ideali costituiscono di per sè una minaccia. Il libro “La società moderna e suoi nemici”  di Karl Popper è forse l’espressione più nota di opposizione all’idealismo. Isaaiah Berlin  affronta il tema dei concetti “negativi” e “positivi”  di libertà,  in un’ottica di razionale confronto. Con l’avanzare della globalizzazione e i flussi migratori,  è stata messa in forse la radice stessa di democrazia, così come era vissuta interpretata fino alla metà del secolo scorso. L’idea  di welfare si va facendo astratta e impraticabile, sia per la scarsità di risorse da dividere con un sempre maggior numero di persone, sia perché gli stessi bisogni  in una popolazione variegata, sono non di rado in contrasto.  La libertà, intesa come possibilità di scelta razionale e autonoma, è resa problematica dal proliferare di conflitti, internazionali e interni alle nazioni. Anche i conflitti di genere acquistano una sempre maggiore rilevanza sociale. Tutte le teorie sociali  sulle èlite di Pareto e di Mosca, le elaborazioni socio- economiche di Weber hanno perso ogni plausibilità pratica. Non si tratta più di distinguere una forma di Governo da un’altra, è il concetto stesso di governance  che andrebbe riscritto. Il cambiamento semantico del concetto di democrazia impone una rilettura, dal punto di vista della mancanza di consenso sul significato di democrazia, come dimostra il susseguirsi di manifestazioni di piazza, più o meno violente, da parte di persone convinte di difendere il vero significato della pratica democratica. Per fare un esempio l’appoggio a MacCarthy del popolo americano venne considerato come difesa della democrazia,(H.MacClosky, Consensus and Ideology in Amertican Politics, 1964). Così come le guerre scatenate di Bush e da Obama in Iraq e Libia furono giustificate come difesa della democrazia. E’ noto che la “democrazia” è nata in Grecia, in contesti sociali assolutamente diversi, vorrei dire opposti, agli attuali. La parola “ demos” è una parola proteiforme con parecchi significati, tra cui “il popolo nel suo insieme” o per essere più precisi l’insieme dei cittadini. Fu Aristotele  che offrì la formulazione sociologica più penetrante (Politica 1279b34-80°4) Per Aristotele, il pericolo insito nella democrazia  era che il governo dei poveri degenerasse in un governo nell’interesse dei poveri. In realtà gli esiti sono stati assai peggiori, con il proliferare di “diritti” individuali che rendono  praticamente impossibile una qualche armonizzazione sociale. Le “democrazie” contemporanee sono un coacervo di interessi in perenne conflitto tra loro.

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Affabulatori del nulla.  0

Le opere d’arte acquistano valore  e trovano la loro ragione d’essere nella naturale relazione dialettica sul filo del pensiero critico che ne indaga l’essenza. L’esame di un’opera può avvenire sotto diversi profili, tecnica, contenuto iconologico, collocazione storica. Quello che invece appare improponibile è il riferimento quasi esclusivo all’intenzionalità dell’artista, secondo quanto sostengono alcuni “filosofi dell’arte”. Ritorneremo  su questo aspetto con maggiore ampiezza. Esaminando l’opera di van Gogh  con criteri scientifici, scopriamo che la grande vitalità cromatica del girasoli era il risultato della componente base di piombo , lo stesso composto  intorno a cui ruota un bel capitolo del “Sistema Periodico” di Primo Levi. E’ affascinante l’idea che van Gogh si interessi di chimica per dare maggiore incisività cromatica alle sue opere. Questo dettaglio conferma  l’imperscrutabile difficoltà di indagare il contesto tecnico, storico fenomenologico nel quale l’artista opera. Un qualunque sistema, incluso il sistema dell’arte, dovrebbe esprimere asserzioni  con la consapevolezza che una parte del problema resta “indicibile”, parafrasando il teorema di Kurt Gödel. Gli aspetti concettuali del procedere artistico, se sottoposti a riflessioni di carattere filosofico debbono argomentare in senso logico, con sufficiente plausibilità. La colpa principale della filosofia contemporanea  dell’arte,  è quella di pretendere di trascendere le leggi della logica attraverso circonlocuzioni apodittiche. In questo modo Unger riprende nella sede critica della scienza sociale , motivi del romanticismo  e dello storicismo  alla maniera di Schopenhauer, letto al contrario. Destrutturare la realtà attraverso procedimenti formali rischia di tradursi in velleitarismo. La filosofia dell’arte, è spesso infarcita di  citazioni, non sempre appropriate. Alcune teorizzazioni azzardate , dimostrano  che non è stato ben compreso  ciò che significa, anche solo tentare, una rivoluzione concettuale. Il concetto è soltanto una parola accompagnata da regole per il suo uso, diceva Hegel. L’affermazione, attribuita a Lucio Fontana: “L’arte è filosofia”, è una boutade priva di senso, ma ha offerto pretesto a Piero Manzoni e a tutta la  serie di epigoni  la cui cifra principale è l’ignoranza dei fini ultimi. La creazione umana si mescola a  tesi controverse  di personaggi diversi da Mill,Herzen,Marx, Virginia Woolf , intellettuali intenzionati a dare il loro contributo alla decifrabilità della creazione artistica. Nei fatti hanno fallito. Il fallimento del loro tentativo, per certi versi ha aperto la strada, agli affabulatori del nulla, ai molti  filosofi dell’arte, specie di matrice statunitense, che hanno preteso di utilizzare teorie grimaldello per forzare la cassaforte del senso  e depredarla del  contenuto. Icone-dell'arte19

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Maieutica del brutto.  0

Davvero siamo convinti di saper dare senso e significato alla nostra vita? L’artista è forse colui che  ha trovato una forma, se pur insufficiente, di terapia per le proprie frustrazioni e paure, così le brutte opere sono una sorta di maieutica del brutto che è dentro e chiede di essere esteriorizzato. Non si  spiegherebbero  altrimenti le orribili opere di Cindy Sherman, di Kiki Smith, Vasconcelos, Marina Abramovic, e molte  altre. E’ la prova che, con l’avvento delle donne nell’arte, c’è stato un notevole impulso al degrado. Le teorie sul gender della filosofa americana Judith Butler non hanno certo contribuito a migliorare il mondo, ma solo a giustificare il peggio che in esso si manifesta, nell’arte come nella vita quotidiana. Ancora Francis Bacon si affidava  al pennello, il rito della pittura filtrava per quanto possibile la realtà vissuta. Restava l’orrore immaginato e vissuto. Eliminato il filtro e la tecnica, resta solo più il brutto di forma e di pensiero.  E’ nell’insieme dell’arte nella forma esecrabile in cui la vediamo e la accettiamo, è già espressa tutta la bruttura del nostro mondo. Il sesso, l’arte, il sentimento non vissuto ma rappresentato in films e teatri, tutto si traduce in denaro, unica realtà tra tanta finzione. Autori e filosofi del passato si sono ingegnati  a rimuovere limiti etici e formali non prevedendo forse di ottenere tanto successo. Oggi vediamo la loro opera e la continuiamo, in una realtà informe. Ci vuole molta forza per vivere ed accettare la realtà degradata. Lutero ha detto una volta che il mondo è nato solo per una dimenticanza di Dio. Siamo il risultato di generazioni precedenti, della cultura e del costume sempre più soggetto a forzature. Goethe disse una volta di Shakespeare: “ Nessuno ha calpestato il costume materiale più di lui” . Siamo freneticamente assorbiti dalla brama di sperimentare  il nuovo, senza tuttavia aver capito il vecchio. Lo stesso metodo che pervade oggi gli artisti che sfuggono l’unico vero maestro: la natura. Come se si potesse frettolosamente passeggiare nella storia calpestando il passato, confondendo i generi, scambiando diritti con vizi, libertà come forma applicata di  demenza, nel senso inteso da Schopenhauer : “la demenza è essenzialmente perdita di consapevolezza di ciò che siamo realmente”.  Per poter impunemente violare le leggi di natura, abbia tentato di abolirle. Sembra dominare l’idea della duchessa Delaforte che  disse a Madame di Staël : “ devo confessarlo, mia cara amica, non trovo nessun altro che abbia sempre ragione, se non me”. E’ questa l’autosufficienza degli idioti che impronta di sè il mondo contemporaneo. Ben altra è la coscienza del valore degli altri gli uomini per chi è davvero degno. Aristotele disse di Platone: “ anche solo lodarlo non è permesso a persone dappoco” . Se lo sporco e il brutto è ciò che cerchiamo non abbiamo necessità di andare lontano abbia tutto dentro di noi. Ci siamo ormai convinti che tenere a bada i nostri vizi e le peggiori turpitudini è un attentato alla nostra libertà. Ho sempre cercato di vivere in una torre d’avorio, scriveva Ivan Turgeniev, ma una marea di merda si abbatte contro i muri fino a farla crollare. Flaubert a sua volta confessava a George Sand:” scoppio di rabbia, ma questo nell’arte non deve apparire”. Tempi lontani, oggi nell’arte appare di tutto di più, non abbiamo vie di fuga. Questo è ciò che abbiamo realizzato, il traguardo della modernità. Consoliamoci con Oscar Wilde: “ nessuno è abbastanza ricco da riscattare il proprio passato”. Requiem. aaaaaaaaaaaaaaaaaaabramovic

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Spiritualità e pensiero  0

Se riuscissimo a sottrarci per un attimo ai condizionamenti del pensiero ordinario e materialista che domina la nostra società, ci apparirà evidente quanto la nostra sensibilità  sia obnubilata  dal pensiero unico corrente. Quale che possa essere il pensiero sugli artisti occidentali, è innegabile che non vi sia traccia di spiritualità nelle arti visive e nella musica di consumo di massa. Questa situazione non solo  influenza  la produzione d’arte, ma incide in modo determinante sulla compagine sociale. Le altre civiltà sono da noi viste  con una sorta di sufficienza, quando invece avremmo molto da imparare, soprattutto dall’oriente che conta un’antica e raffinata civiltà. Dovremmo renderci conto che la nostra, presunta, superiorità, è dovuta, oggi molto più del passato, al possesso di tecnologia e bene materiali. Anche la musica da noi è, per così dire, materializzata, In India, anche dalla cultura religiosa dei Veda , la musica è stata valorizzata in modo molto diverso da come è avvenuto in occidente. Molti artisti occidentali hanno compiuto pellegrinaggi in India per arricchire la loro ispirazione. La filosofia dell’occidente è dominata quasi completamente   dal senso dell’apparenza delle cose, la spiritualità, cioè il tentativo di arrivare all’essenza dei fenomeni, è considerata una stranezza di spiriti bizzarri. Nella tradizione magica di tutti i tempi, il suono finalistico, è uno dei fili conduttori della meditazione interiore. Così come il linguaggio, ogni parola può, deve, essere analizzata in ogni sillaba e, secondo la tradizione il Tantra, le singole sillabe corrispondono ad aspetti diversi della spiritualità. L’aiuto dei suoni sembra essere una particolare posizione tantrica. Nella cultura indiana la caratteristica di  indefinitezza della fantasia individuale, trova la sistemazione in un certo ordine che riguarda il superamento dell’apparenza visiva. Rilevante la meticolosità dei testi chiamati Sadhana, alcuni dei quali risalgono a 500 anni a.c.  Fu compito degli artisti eseguire la prescrizioni. La grande maggioranza delle immagini tantriche  giunte fino a noi testimonia esattamente le prescrizioni del Sadhana. L’immagine artistica è estremamente importante, tanto da essere considerata il punto di partenza per la visualizzazione della multi sensibile spiritualità capace di sottrarre l’osservatore dalla percezione del presente per trasportarlo in una dimensione onirica, allucinatoria attraverso il semplice esercizio della meditazione. E’ chiaro che siamo lontani anni luce dalla nostra realtà sociale e artistica nella quale prevalgono le forme “razionali” e materiali, pensiamo alla pop art, alla body art, alle sculture di Richard Serra, pensanti e spogli manufatti industriali spacciati per opere d’arte.       aaaaaaaaaaastrumento-per

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L’origine oscura del pensiero.  1

I neurofisiologi  sostengono che , non solo l’attività della nostra mente crea effetti collaterali permanenti a livello neurologico;  e vero anche il contrario. I nostri pensieri coscienti sembrano scaturire dalla profondità della mente , le immagini irrompono nel centro delle nostre riflessioni senza  che noi abbiamo idea della loro provenienza . Questo vale per le persone comuni e scienziati. Per gli artisti, in mancanza di comprensione del meccanismo immaginativo, è stata coniata l’espressione: ispirazione. Così gli artisti si attribuiscono i meriti delle loro “improvvisazioni” , senza capirne la provenienza.  Siccome per ispirazione vale ciò che si dice dell’araba fenice, che ci sia ciascun lo dice, cosa (dove) sia nessun lo sa, accade che all’insegna dell’ispirazione ci tocchi osservare cose che gli umani non dovrebbero vedere, tanto meno fare.   Tornando seri,  questa dicotomia del sé creativo in una parte cosciente e in una parte inconscia, è uno degli aspetti che più turbano scienziati e filosofi cognitivi quando  tentano di capire la mente. Se, come abbiamo visto, le nostre idee migliori sembrano scaturire da misteriosi e profondi recessi della mente, la domanda che si pone la filosofia cognitiva è: chi siamo noi veramente? Dov’è situato lo spirito creativo?  E’ un atto di volontà che noi compiamo oppure siamo in larga misura determinati da fattori che sfuggono al nostro controllo?  La convinzione di possedere il libero arbitrio è una sorta di auto-inganno?  Questo varco che il dubbio apre nella mente, è il punto di cova di tutte le oscurità dell’animo umano, la magia, la religione, la superstizione. Se invece d’impegnarci per un faticoso accumulo di conoscenza cediamo alla tentazione di andare  a “scuola dallo stregone”, vista la difficoltà di capire rinunciamo all’impegno di capire, imbocchiamo una deriva pericolosa.   Luca signorelli

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Mente e pensiero  0

Ciò che il cervello umano ha in comune con il pc, è l’ hardware, che conta generalmente più del software, ovviamente se non ci sono difetti e limiti di “fabbricazione” . Detta così, la cosa è forse eccessivamente semplificata ma nella sostanza non lontana dalla realtà, se non per una differenza sostanziale: l’assorbimento del software non è uguale per tutti cervelli. Questo è un aspetto che gli studiosi di neurologia non hanno ancora chiarito totalmente. Tantomeno  lo hanno chiarito filosofi e logici. Nel 1977 Karl R. Popper & John C. Eccles pubblicarono un bauletto con tre volumi “L’Io e il suo cervello” . Il terzo volume si concludeva con la frase:” …….l’uomo ha creato se stesso, mediante la creazione del linguaggio descrittivo e, insieme con esso, il Mondo.” . Nel 1978 Daniel C. Dennet pubblico “Brainstorm” . Il titolo del 15° capitolo: “Diamo ai sostenitori del libero arbitrio ciò che dicono di volere” . Daniel Clement  Dennet  è uno di quei filosofi americani che possono essere considerati pilastri dell’industria culturale, pubblica un’infinita di volumi di cui solo il 10% ha carattere di originalità e sostanza. Nel 1981, insieme a Douglas R. Hofstadter, ha pubblicato “L’Io della mente”, chiunque coglie l’assonanza semantica con “L’Io e il suo cervello”, anche se è ampiamente noto che per gli studiosi della materia, cervello e mente non sono la stessa cosa. Ma le ambizioni di Dennet, che dirige il Center of Cogntive Studies presso la Tufts University Medford, sono davvero smisurate, tanto che nel 2013 ha pubblicato “Strumenti per pensare” , una serie di divagazioni, alcune scherzose, in cui si propone di fornirci il software perché anche noi, comuni mortali, si possa tentare di mettere insieme qualche pensiero meno banale (come fa lui in molte parti del libro!) . Gli studi di IA in questi anni hanno fatto enormi progressi, tanto che, fin dal 2003, una esaltata neuroscienziata docente di farmacologia a Oxford e direttrice della Royal Institution inglese, ha pubblicato un libro con il titolo “Gente di domani” , un insieme di farneticanti profezie che ogni persona di buon senso si augura non si avverino mai, anche se,  l’accanimento scientifico verso la creazione dell’essere bionico, non lascia ben sperare. Questo scritto è infarcito di richiami a testi il cui valore  lascio a voi giudicare, per chi avrà  la pazienza di leggerli. E’ mia opinione che, nella migliore delle ipotesi, sono inutili, rispondono al detto diffuso tra i docenti “Pubblica o muori”. La spazzatura che in gran parte contengono, se non serve a chi li acquista e li legge, serve certamente a chi li pubblica. Nei miei testi e interventi filmici non mi stanco di mettere l’accento sulla necessità che si ampli il più possibile la conoscenza, non si può maturare un fondato senso critico se non si accumula conoscenza, mantenendo la consapevolezza che idee ed  immagini che la nostra mente cattura,  sono come il carbone per la caldaia, utile, ma dopo l’uso deve essere smaltito. Le nostre idee migliori sono quelli che maturiamo autonomamente dopo avere consumato tutto il “carbone” possibile . Lo spirito creativo, la famigerata “ispirazione”, non è qualcosa che nasce dal nulla, ma è supportata dal nostro hardware biologico, ed è frutto del nostro impegno per allargare i nostri orizzonti, non per trovare conferme alla nostre convinzioni. Quando gli si chiedeva la ragione del suo genio, Einstein rispondeva: 5% intuito, 95% lavoro.

 

aaaaaaaaaaaaaaail-martello-incioda-se-stesso

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L’ottimismo di Pascal  0

 

E’ mia convinzione che l’arte possa sottrarsi alla mimesi ma non all’estetica senza mutare il proprio stato ontologico. L’evoluzione del pensiero sull’arte, che dovrebbe precederne l’attuazione, è sempre più spesso affidata alla improvvisazione. Parafrasando György Lukàcs: lo fanno ma non sanno perché. E’ questo il vero snodo problematico dell’arte contemporanea. Le discussioni sull’arte non tengono nel dovuto conto la distinzione tra segno e designato, piano dell’espressione e contenuto, in breve il rapporto tra intenzionalità e risultato. Richiamandoci a Frege, per ogni espressione occorre definire, distinguere tra satura e insatura, tradotto nel formalismo artistico, se un’opera non riesce esprimere ciò che è nelle intenzioni dell’artista, resta forma priva di significato, ovvero assume un significato diverso da quello che si proponeva l’artista nel realizzare l’opera. La filosofia dell’arte è sinteticamente definita da Wittgenstein quando, nel  Tractatus, parla del non senso dell’uso filosofico del linguaggio. La pretesa delle avanguardie di abolire l’estetica , e quindi la distinzione oggetto/concetto, assumendo di voler adottare un  linguaggio concettuale, ha prodotto la deriva dell’arte oggi confinata in un limbo di artifizi e serialità. La teoria dell’arte ha proceduto per balzi, fra apodismi e dogmi, guidata dall’ansia di abolire il passato. L’artista ha ritenuto di raggiungere la  libertà assoluta  affidandosi alla casualità. A ben vedere è un evidente regresso proprio del comportamento degli animali i quali sono  però guidati dall’istinto. Quanti tra coloro che hanno visto il film “Qualcuno volò sul nido del Cuculo” ha compreso il senso del titolo? Il Cuculo non fa nido, è un uccello parassita che occupa nidi di altri volatili nei quali depone le proprie uova, spingendo fuori dal nido le uova dell’ospitante involontario. I piccoli, appena usciti dal guscio, spingono fuori dal nido le uova in fase di cova. Perfetta metafora degli artisti contemporanei che, quando non ricorrono al citazionismo, si fanno spazio nella storia dell’arte spingendone fuori i maestri del passato e tutte le teorie che hanno accompagnato l’arte nei secoli, quasi che anche l’arte debba essere soggetta al famigerato progresso.  La Sagrada Familia di Antoni Gaudi  ha una forma molto simile a un termitaio, (vedi fotografia allegata, ) ma le due strutture sono completamente diverse in quanto alla genesi della costruzione. La differenza è data dall’intenzionalità progettuale di Gaudi, mentre le termiti agiscono per puro istinto, senza un principio razionale. Ulteriore conferma che  ridurre l’arte a casualità istintuale, tenuto conto, che siamo privi d’istinto, significa affidarci alla  sola casualità, compiamo un lungo balzo a ritroso. Blaise  Pascal, ne “I pensieri” , afferma che l’uomo, pur con i suoi limiti, fragilità, contraddizioni, è superiore a tutti gli altri animali perché, dice Pascal, egli è “una canna che pensa”. Temo che Pascal abbia peccato di ottimismo. In molti campi dello scibile umano il pensiero è guidato prevalentemente da irrazionalità emotiva, (gli esempi occuperebbero più pagine), ovvero da pragmatismo funzionale. L’arte, cancellato il filo d’Arianna che si dipanava dal passato al futuro, è una entropica confusione di segni, predominata  dalla casualità. L’artista finisce per attuare una maieutica degli orrori.

piergiorgio firinuterminaio-e-sagrada-famiglia

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Senso e signficato  0

Il problema della critica e filosofia dell’arte è innanzi tutto il linguaggio, dovremmo chiederci preliminarmente a quali  principi epistemologici si ispirano le singole filosofie dell’arte, se è attuata la  distinzione tra  logico e  psicologico, l’oggettivo e il soggettivo. E’ necessario valutare accuratamente il significato delle parole e la loro coerenza con il contesto enunciato. E’ fondamentale aver sempre presente la  distinzione tra concetto e oggetto. Non si raggiunge  validità ermeneutica se si sovrappone psicologia all’inferire logico. La storia dell’arte ha una precisa funzione di ricostruire un percorso storico, con marginali incisi ermeneutici. Critica e filosofia dell’arte invece impostano le loro tesi su una sorta di autorefenzialità con  la pretesa di descrivere non solo le opere, ma addirittura la struttura psicologica e motivazionale degli artisti. Evidentemente viene dato per scontato che le opere siano incomprensibili, quindi necessitino di un  “manuale” con le istruzioni. Ne deriva l’implicita tesi che il linguaggio dell’arte non goda di autonomia espressiva. Chimica, ingegneria, medicina, letteratura, teatro, non sembrano necessitare di un supporto filosofico per la loro comprensione,   solo l’arte sembra godere di  questo privilegio. Perché indulgere in una pluralità di teorie ermeneutiche? Perché quando analizziamo le possibilità di comprensione di un’opera d’arte ci inoltriamo in una serie di richiami filosofici, non di rado incongruenti, quasi  fossimo di fronte a un oggetto misterioso la cui comprensione è possibile a più livelli? Nell’elaborazione testuale  perdiamo di vista l’essenziale: che cosa è? Che cosa significa? Vi è una netta distinzione tra l’analisi psicologica e l’ermeneutica dell’oggetto, anche se spesso vengono sovrapposti.  Il risultato è confusione semantica, e la non  coerenza dei fini, nel senso che non vi è interpretazione, ma attribuzione di significato, che a tutti gli effetti appare arbitrario. Come possiamo condurre un discorso nella logica dell’interpretazione e contemporaneamente  attribuirci  facoltà di dare  significato all’opera? Se vogliamo arrivare a stabilire il senso dell’opera, dobbiamo rinunciare ai paludamenti verbali,  arrivare alla sostanzialità semantica. La grammatica delle definizioni deve purgarsi dalle colorazioni emotive e soggettive, queste, se mai ,restano prerogative degli artisti. Va da se che, essendo l’opera d’arte sottratta alle regole logiche, diventa arduo definire errori e distorsioni. E’ in questo vallo epistemologico si incuneano le fantasiose divagazioni ermeneutiche. E’ necessario distinguere tra ragionamento effettivo e  corretto dall’espressione del pensiero corrente, perché in tal caso, anche tesi infondate acquistano una parvenza di plausibilità. Le generalizzazioni sono frequentemente adottate proprio dagli ermeneuti che nutrono pretese innovative.   aaaaaaaaaaaaaaaaasenso-e-signficato

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