Per Platone la filosofia è conoscenza di oggetti che sfuggono ai sensi,per Kant e conoscenza razionale per concetti puri, in questa prospettiva sembrerebbe senza senso consegnare riflessioni filosofiche a un’immagine. Questo scettico luogo comune suggerisce un’ermeneutica delle opere solo attraverso l’intuizione, lasciando da parte teorie, concetti, richiami filosofici. In realtà sappiamo che nei pittori del rinascimento, ad esempio nella Scuola di Atene di Raffaello, ai Tre filosofi di Giorgione, fino a Rubens, Goya, De Chirico, Magritte si sviluppa un originale percorso euristico attraverso le immagini.
Il tema, considerato sotto l’aspetto iletico contemporaneo suscita la domanda: ha ancora senso attribuire all’arte un contenuto o richiamo filosofico, vale a dire valenza universale?
Di certo molta acqua è passata nei fiumi del mondo da quando Occam proponeva che dall’incontro della logica con l’epistemologia, si deducesse la possibilità di dare un significato concettuale al segno, e alla narrazione linguistica volta a indagare il significato delle cose percepite sensibilmente, una sorte di cenegesi culturale con cui arricchire la forma. La percezione sensibile è punto di partenza, che non può considerarsi l’approdo gnoseologico relativo alla lettura di un opera d’arte.
La tradizione aristotelica e scolastica avevano accordato uno statuto sostanzialistico alla impostazione astratta e tutti gli schemi di generalità in funzione dei poteri di simbolizzazione della mente umana. L’arte rientra in questo ambito espressivo, perché riconducibile al potere di simbolizzazione, capacità propria della mente umana esercitata nella indagine logica.
Anche Zabarella, filosofo della Università di Padova effettuò studi per indagare la natura del significato ontologico dell’arte, prendendo in esame le tecniche e le procedure nelle arti avendo per oggetto i grandi pittori veneti ed emiliani della sua epoca. Frequenti i richiami a Hobbes e ad approfondimenti sul concetto di verità e falsità attraverso l’inferenza circa la proprietà non delle cose,ma del pensiero logico espresso attraverso le immagini.
Quando Danto archivia la metafisica, che presumibilmente non conosce, come inutile vecchiume, di fatto butta via, insieme al bambino, anche l’acqua e la bacinella che contiene entrambi, azzera cioè, non un bagaglio di conoscenze, ma un metodo mediante il quale si attua il percorso che indaga l’ontologia dell’arte.
I filosofi del tardo Medioevo, Occam, Hobbes, Zabarella, Grossatesta, affrontarono la questione se l’approccio al sapere dovesse privilegiare la sensibilità o la logica. Detto in altri termini, se dovesse prevalere il metodo naturale o l’artifizio logico costruito dall’uomo del quale si serve anche la scienza per indagare la natura delle cose. Oggi sembra prevalere l’opzione sensibile, cioè emotiva, che trascura il bagaglio di sapere a vantaggio della percezione immediata.