Il piacere socratico della conoscenza trasmette un’illusione diffusa di poter guarire l’eterna difficoltà dell’esistenza, l’arte dovrebbe aiutare con un seducente velo di bellezza. Purtroppo in questo nostro tempo l’arte è degenerata fin dalle fondamenta. C’è stato un tentativo di coraggiosa saggezza da parte di Kant e Schopenhauer che, senza indulgere all’ottimismo, hanno gettato una tenue luce sul mondo “Come volontà e rappresentazione”.
L’arte come consolazione metafisica si lascia provvisoriamente andare, come Mefistofele fa con le Lamie tentatrici, ma si arena in una generale angustia fino a diventare illogica nella sua stessa contraddittorietà perché non ha più nessuna visione. L’artista, insterilito dalla materialità, rinuncia a creare, si affida a precostituite virtualità tecniche, caricature della realtà.
Il deserto del pensiero incapace di imprimere energia all’esistenza banalizzata in frammentato edonismo. L’arte in origine nasce per attutire la tragicità della vita. La convinzione di avere conquistato la natura è la cifra della nostra Era che confonde conquista con distruzione. L’inutilità dell’ansia di ricostruire il mondo è descritta con una metafora da Eraclito l’oscuro, descrive un fanciullo che giocando disponga pietre qua e là, innalzi mucchi di sabbia per subito dopo disperdere tutto.
Parafrase dell’eterna ripetizione della cultura e della storia anticipata dalle profezie di Socrate sull’arte, riprese dal suo allievo Platone che per poter essere sue discepolo distrusse le sue poesie.
Una massima ispirava la filosofia socratica: “ La virtù è il sapere; si pecca solo per ignoranza; il virtuoso è felice”. Ora è chiara, per chi la voglia vedere, la ragione dell’inutilità dell’arte contemporanea, come di gran parte dell’esistenza dei più.